sabato 17 agosto 2013

LA GRAZIA GLI INNOCENTI NON LACHIEDONO. SEMMAI LA RICEVONO


Non mi sono lanciato in commenti relativi alla nota del Presidente Napolitano in ordine alla vicenda berlusconiana. Naturalmente l'ho letto ma non ne ho tratto nessuna convinzione. Le interpretazioni che ho trovato dopo, da Polito, ad Anais, da Breda a Belpietro, da Giacalone a La Spina, sono appunto tali : interpretazioni, che ciascuno riterrà più o meno attendibili a seconda della propria sensibilità in materia. Ho letto anche le contumelie e le minacce , in caso di provvedimento di Grazia, da parte dei soliti tribuni della plebe (plebaglia ? ) : Travaglio, Grillo, Di Pietro (quest'ultimo ormai un po' patetico, visto che ad ascoltarlo sono rimasti decisamente in pochi), che parlano adirittura di impeachment nel caso il capo del Quirinale decida di concederla. Si tratta di una prerogativa costituzionale, legata alla esclusiva volontà e sensibilità del Presidente, e in passato è stata concessa anche a conclamati assassini. Si può certamente criticare ( e infatti in passato è stato fatto ) ma disputare su quando il Presidente possa o non possa, è ignoranza istituzionale. 
Ciò posto, personalmente sono d'accordo con Giacalone quando dice che il problema, ampiamente prevedibile, andava, se si voleva, affrontato prima, per esempio con la nomina di Berlusconi come Senatore a vita. Nomina che avrebbe suscitato un terremoto lì per lì, ma anche in questo caso saremmo stati nell'ambito delle prerogative presidenziali , e Andreotti, quando fu nominato, non era personaggio meno discusso del Cavaliere. 
Ricordo a me stesso che Berlusconi viene spesso indicato come il "Cavaliere" non per solo vezzo giornalistico, ma perchè lo E' , e non uno dei tanti cav e comm, che girano per l'Italia, ma insignito della massima onorificenza civile della Repubblica, Cavlaliere di Gran Croce (come Saverio Borrelli o Margherita Hack, per fare degli esempi noti e recenti) per i suoi meriti di grande industriale. Aggiungendo a questi il fatto di essere stato uomo politico comunque caratterizzante di tutta un'epoca della nostra repubblica, rivestendo per ben tre volte e quasi 10 anni la carica di Presidente del Consiglio, ecco che in linea meramente astratta la nomina poteva starci. Attenzione, non mi sfugge certo che l'uomo di Arcore è anche uomo pluriprocessato, e oggi anche condannato in via definitiva, ma due anni fa, per dire, non si era arrivati a questo punto.Se fosse stato fatto, il Parlamento oggi sarebbe sottratto da questa querelle : candidabilità o meno, decadenza sì decadenza no. E anche i Magistrati si sarebbero trovati "sollevati" da questa conseguenza accessoria, che avrebbero potuto continuare a comminare in osservanza del codice, senza essere accusati di essere dei soggetti attivi della politica del paese (per me, e tanti altri, quello che in realtà sono diventati ). Adesso ovviamente è tardi, e la Grazia è strumento ambiguo, scivoloso, politicamente discutibile.
E infatti Berlusconi sembra orientato a rifiutarla, per poter dire, esattamente come fa Adriano Sofri da sempre, di essere "innocente".
E gli innocenti la Grazia non la chiedono. Semmai la ricevono.
Ecco la nota di Giacalone pubblicata su "Il Tempo"



Colpo di grazia


Sebbene da sponde e con umori opposti la lettura della nota quirinalizia, circa la sorte di Silvio Berlusconi, è stata omogenea. Sintetizzando brutalmente: il condannato accetti la sentenza e s’avvii a scontare la pena, che non comprende il carcere, e se chiederà la grazia sarà valutata con occhiuta benevolenza. Tale lettura dipende da una distorsione: s’è presa l’abitudine di leggere le cose politiche come fossero questioni personali. Inforcando occhiali diversi, invece, in quella nota di grazia ci trovo solo il colpo.
Il fatto che le sentenze s’eseguano è fuor di dubbio. Come lo è anche che il condannato Berlusconi non andrà in carcere. Il governo ha appena varato un decreto destinato a far uscire dal carcere i condannati, per alleggerire il sovraffollamento, sicché è escluso ci metta piede chi ha da scontare un anno. Fosse pure diciannovenne, ed è più attempato. Il paradosso è che in carcere resteranno tutti i non condannati che già ci sono, ma questa è vergogna di cui nessuno vuol occuparsi. Ricordate queste premesse, nelle parole del Colle si trovano due elementi: 1. la ribadita necessità che il governo in carica ci resti; 2. la subordinazione della grazia alla richiesta.
La prima cosa è consueta, ma di scarso fondamento costituzionale. Secondo la Carta del 1948 il presidente della Repubblica ha un ruolo fondamentale nella formazione del governo, ma non nel mantenerlo in vita. La seconda è così poco fondata dall’avere richiesto contorsioni logiche anche alla nota presidenziale. La grazia può ben essere data senza richiesta, mentre la legge disciplina il modo in cui può (non “deve”) essere presentata. Qui interessa la lettura politica: la prima cosa stabilisce i limiti della buona condotta necessaria, consistente nell’anteporre la stabilità a ogni altra considerazione sulle scelte (o non scelte) del governo; la seconda trasforma un gesto di potenziale prudenza istituzionale in mera clemenza personale. Aderire sarebbe la fine politica non solo di una singola persona, ma di tutto uno schieramento.
Non sono fra quanti ritengono che la grazia sia una soluzione opportuna. Il centro destra e il suo leader hanno colpe gravi, ma in quel modo vanno al proprio annientamento. I loro elettori sarebbero ostaggi. Non è un modo saggio per chiudere una stagione, oltre tutto seppellendo la riforma della giustizia. Troppa grazia, direi.

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