Com'era prevedibile, il commento negativo di Piero Ostellino sulla proposta di costituire una norma di legge specificamente punitiva del reato di omofobia, introducendo una specifica aggravante in tal senso, ha suscitato molte critiche. Il bravissimo giornalista non se nà lodevolmente per inteso e torna sull'argomento. Essendo del tutto d'accordo con lui, e sapendo molto bene della superiore qualità della prosa propria del decano delle grandi penne del Corsera, non aggiungo altro e vi lascio alla sua lettura.
"Regolare le convinzioni morali è un vizio"
Stabilire per legge ciò che è «politicamente corretto» e ciò che non lo è significa teorizzare, e codificare, il reato di opinione. È quello che ho cercato di spiegare nell'articolo in cui ho definito inutile la legge contro l'omofobia. Pare, però, abbia sollevato la critica dei soliti «laici, democratici, antifascisti» in servizio permanente ed effettivo; che sono, poi, col fascismo storico — detto ironicamente, ma perspicuamente — l'altra forma di fascismo instauratasi dopo la caduta del primo e a seguito di una malintesa idea di democrazia. Insomma, che piaccia o no, molti italiani sono rimasti fascisti anche se non lo sanno e credono di essere progressisti. Ho scritto che, per me, picchiare qualcuno è un reato. Punto e basta. Per i promotori del progetto di legge contro l'omofobia, picchiare un omosessuale è, invece, un'aggravante perché rivela un'«intenzione omofobica».
Mi rendo conto che sarebbe pretendere troppo che certi
nostri parlamentari conoscano la crociana «distinzione» fra Etica e
Politica e Etica e Diritto. Ma se, almeno, capissero che l'«intenzione
omofobica» è un'opzione morale, che riguarda la soggettività delle
coscienze, e picchiare qualcuno è un reato che riguarda, oggettivamente,
il Diritto e che, confondendo l'una con l'altro, ci sia avvia su una
china pericolosa, non mi parrebbe chiedere troppo da parte loro. Così,
insisto. L'«avversione per l'omosessualità» — ciò che chiamiamo omofobia
— è un'opinione eticamente sbagliata e moralmente censurabile, ma non è
un reato.
Giuridicizzarla significa confondere Etica e Diritto e creare
le condizioni del reato d'opinione. Una volta approvata la proposta di
legge contro l'omofobia, salterebbe fuori, prima o poi, qualche
Procuratore della repubblica troppo zelante che si sentirebbe in dovere
di «raddrizzare il legno storto dell'umanità» incriminando per omofobia
chi dicesse che non si farebbe mai vedere in giro con un omosessuale.
Una opinione stupida, ma pur sempre, e solo, un'opinione. Se, inoltre,
ciò comportasse anche il rischio di incriminazione dei credenti di
religioni per i quali l'omosessualità è «un vizio», è una pratica
«contro natura», saremmo nello Stato teocratico che assimila il peccato
al reato. Sparirebbe la separazione fra Chiesa e Stato. L'eccessiva
regolamentazione dei comportamenti sociali, per non dire delle
convinzioni morali, non è una virtù della democrazia, bensì è il vizio
di ogni totalitarismo e di ogni autoritarismo. Non è neppure buona
prassi democratica ritenerne l'indiscutibile applicazione del «governo
della legge». Nella democrazia liberale, tutto è permesso, salvo ciò che
è espressamente proibito, e ciò che è, a sua volta, proibito, non
dovrebbe essere la conseguenza di una cieca adesione al positivismo
giuridico. Così ragionavano i giuristi nazisti e comunisti. La legge, se
non è temperata dal Diritto naturale — le libertà individuali e i
diritti soggettivi che conferiscono all'Uomo la sacralità di Persona —
minaccia facilmente di diventare liberticida. I nostri legislatori
dovrebbero saperlo e darsi una regolata…….
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