venerdì 27 settembre 2013

DIMISSIONI DI MASSA. ACCETTO SCOMMESSE


Francamente non credo a questa cosa delle dimissioni di massa di gente eletta in parlamento. Sarebbe un atto talmente contronatura, al di là di ogni altra considerazione istituzionale, che non avverrà.
 Certo, sarebbe clamoroso da un punto di vista politico, e anche pratico perché il Parlamento non può rimanere con seggi vacanti, e anche se la legge prevede il sub ingresso dei secondi in lista, c'è tutto un iter da rispettare, senza contare che anche i secondi potrebbero dimettersi, supponendo che comunque sempre nel gruppo dei primi non eletti del PDL bisognerebbe andare a cercare. Un bel caos. 
A quel punto il Presidente dovrebbe sciogliere le Camere ? Secondo me se avrà la minima possibilità di farlo, NON lo farà, che certo non vorrà cedere ad un ricatto.
Ciò posto, en passant vorrei ricordare che, esasperati dalla resistenza a palazzo Chigi di Berlusconi nel 2011 (si dimise solo a novembre...), l'idea di dimissioni dei parlamentari venne coltivata anche da qualche esponente del PD (anzi, la presidentessa, per dirla tutta, la per fortuna oggi marginalizzata Bindi), senza contare che personaggi conosciuti dell'intellighenzia di sinistra, Alberto Asor Rosa precisamente, evocavano lo stato di emergenza, con il presidente che "congelava  le camere" e le forze dell'ordine pronte a intervenire per le strade : "
congelare le Camere, sospendere tutte le immunità parlamentari, restituire alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilire d’autorità nuove regole elettorali, rimuovere le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale”.
Asor Rosa ha difeso per lungo tempo queste sue dichiarazioni, poi ha un po' ritrattato, sostenendo di aver fatto ipotesi estreme, paradossali, per sottolineare la gravità in cui versava la democrazia.
Questo solo per ricordare che insomma, non è prerogativa del centro destra far volare la fantasia. 
Ciò posto, il problema è serio, NON perché avverrà quanto si paventa in questi giorni (ripeto : non ci credo nemmeno se lo vedo), ma perché Berlusconi si sente veramente in pericolo (secondo me lo è), che qualche PM e GIP lo metterà in custodia cautelare domani che non sarà più senatore, e può essere preso da una sortà di volontà di cupio dissolvi. 
Molto preoccupato ovviamente Polito, che sappiamo essere la sentinella del Corsera dei governi del Presidente, che stigmatizza con veemenza l'agonia di Letta.
Avrà anche ragione, però, come ho già scritto in passato, a me sembra che stare in paradiso a dispetto dei santi non è mai cosa buona e nemmeno efficace. E questo governo delle larghe intese sembra il figlio di nessuno, specie guardato da occhi PD, nonostante che a Palazzo Chigi sieda uno dei loro.
Le dipute anche velenose che in questi giorni si sono lette sul Corriere, con le repliche prima di Fassina, oggi di Monti, all'analisi economica certo non filo governativa di Alesina e Giavazzi, confermano che i problemi che abbiamo sono grandi ( e questo lo sappiamo tutti), e che su come risolverli non ci sia accordo (forse nemmeno chiarezza). Che la sorte di Berlusconi è UNO dei vulnus dell'attuale esecutivo, non certo l'unica. Che belle bordate sono arrivate da Renzi, eplicite, che questo pregio almeno il sindaco di Firenze l'ha conservato, e meno chiare da Epifani ed esponenti della sinistra più malmostosa.
Ripeto sempre la stessa cosa (del resto anche il bravoPolito si va ripendo da tempo, all'opposto) : stabilità è un concetto positivo, immobilità con al massimo ciò che serve per tirare a campare è altra cosa. 
Condivido, peraltro, l'idea di un voto di fiducia, anche per stanare le troppe faine di via del Nazzareno. 


Il falò della servitù

Pare che circolino dei moduli prestampati per consentire ai parlamentari del Pdl di presentare le loro dimissioni senza star lì a perder tempo. Ma poiché la Costituzione dice che il parlamentare è senza vincolo di mandato, e questa assomiglia molto a una servitù di mandato, si precisa che chi vuole può anche scriversela di suo pugno la lettera, con le motivazioni che preferisce, purché la firmi. A questo il Porcellum ha ridotto il Parlamento, e non solo a destra per la verità: a un bivacco di subordinati.
Ma del resto quasi tutto è senza precedenti in questa storia delle dimissioni di massa postdatate. Al punto che il presidente della Repubblica ha sentito il dovere di alzare la voce come non aveva mai fatto prima, condannandola con parole durissime, segnalandone la «gravità e assurdità». Napolitano l'ha interpretato come un atto che porta il gioco politico già estremo di queste settimane oltre il segno, oltre un punto di non ritorno. Le dimissioni dei ministri del Pdl avrebbero sì aperto una crisi di governo; ma le dimissioni dei parlamentari aprirebbero una crisi costituzionale, mettendo in conflitto tra di loro i poteri dello Stato. Esse minacciano, cioè, un atto al limite dell'eversione (la serrata del Parlamento) per protestare contro ciò che si definisce un «atto eversivo» (un voto del Parlamento sulla decadenza).
Berlusconi sembra dunque sperare che la decadenza dell'intero Parlamento possa rendere meno amara la inevitabile fine della sua vita parlamentare. Coinvolgendo le istituzioni nel proprio destino giudiziario, accetta però il teorema dei suoi nemici, che vorrebbero ridurre la sua storia politica ventennale a una vicenda di processi e di condanne. E toglie le castagne dal fuoco a chi nel Pd alimenta da mesi il falò dell'intransigenza, diventando lui il sicario di un governo in realtà mai digerito a sinistra.
Ma tant'è: da oggi si può davvero dire che l'esecutivo Letta è al capolinea. Non avrebbe senso assumere altri impegni di bilancio, per evitare l'aumento dell'Iva o il ritorno dell'Imu, quando non si sa chi potrà rispettarli. Il presidente del Consiglio deve dunque fare la cosa giusta e istituzionalmente corretta: andare alle Camere per verificare se ne ha ancora la fiducia. In questi mesi, anche per gli errori di un governo che ha sommato invece di selezionare le pretese dei partiti, Letta non è riuscito a domare il fronte di chi voleva le elezioni a febbraio e che ha sfruttato la vicenda giudiziaria di Berlusconi per averle. Ora non gli resta che l'ultima carta: rimettere al centro la ragione per cui è nato.
Il 15 di ottobre, infatti, non è solo la data in cui Berlusconi andrà agli arresti domiciliari o ai servizi sociali. È anche il termine per presentare la legge di Stabilità, e cioè il principale strumento di politica finanziaria dello Stato. Senza di quello, l'Italia può tornare nel gorgo dove stava affogando nel novembre del 2011. Due anni di lacrime e sangue vanificati in un istante. Vediamo chi vota per la rovina nazionale.

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