martedì 3 settembre 2013

GIURISTI ILLUSTRI DI SINISTRA CONTRO LA SEVERINO. TRADITORI ?


Come ho scritto più volte, non mi esprimo personalmente sulla  questione della retroattività della legge Severino, la costituzionalità o meno della stessa. Faccio l'avvocato abbastanza da sapere che è impossibile sapere bene non dico tutto, ma anche molto ormai, con il florilegio compulsivo a cui si è aggiunto la schizofrenia giurispudenziale. Cerco quindi di essere sufficientemente preparato nel campo civilistico, e già questo mi pare vasto programma.
La legge Severino ha messo su un bel pasticcio tra norme penali e amministrative, e io alzo le mani.
Però leggo con interesse i pareri dei giuristi, che in questo mese si sono letteralmente sbizzarriti. Ebbene, contro la Severino si sono espressi in tanti e da ultimo, udite udite, due professori di chiara fama "sinistrese" : Marcello Gallo (rosso normale) e Gaetano Insolera (rosso fuoco). 
I due hanno preso carta e penna e hanno inviato una lettera a quattro mani al direttore del Corriere della Sera.
Eccola


Severino, come leggere la retroattività



Caro direttore, secondo canoni comuni alla civil law continentale nell'interpretazione di una legge occorre fare riferimento a regole che fissano condizioni e modalità rilevanti, salvo eccezioni espresse e consentite da queste regole stesse, per la generalità delle norme o per determinati settori normativi. Questo accade, in modo tipico, per quanto attiene ai presupposti di validità nel tempo: la questione, appunto, della retroattività o irretroattività di una determinata regola. Come vedremo questo è il punto decisivo delle discussioni che la legge Severino ha sollevato.
Cominciamo con lo sgombrare il campo da pseudo problemi. Primo e, secondo taluni, decisivo: se la legge in esame dia luogo alla violazione del principio, sancito dall'articolo 66 della Costituzione, in forza del quale spetta solo a ciascuna delle Camere il giudizio sulle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità dei suoi componenti. A riguardo può dirsi solo che la legge Severino non va contro questo principio. Spetta infatti alla Camera dei deputati o al Senato la verifica della realizzazione di una causa sopraggiunta: e in ciò consiste il giudizio sulle cause sopravvenute di ineleggibilità o di incompatibilità. Più complessa la questione intorno alla cosiddetta natura giuridica della decadenza. Si tratta o no di una sanzione? La risposta affermativa esclude che possa applicarsi a fatti commessi prima dell'entrata in vigore del Decreto. E questo, senza alcun dubbio, sia che si ritenga sanzione penale ovvero sanzione di diritto amministrativo. Chiarissimi, inequivocabili, in proposito rispettivamente l'articolo 25, comma 2, della Costituzione e l'articolo 1 della Legge 24/11/1981, n. 689. L'argomento proposto contro il punto di vista che qualifica come sanzione la decadenza, pur ancorato ad autorevoli precedenti giurisprudenziali, non sembra convincente. Si dice infatti che non ci troveremmo di fronte ad una sanzione bensì di fronte alla disciplina dello status di un determinato soggetto, in funzione della indegnità ritenuta dal consesso di cui è membro. Ma questo può e deve dirsi di ogni conseguenza sanzionatoria: detentiva, produce una macroscopica contrazione dello stato di libertà; pecuniaria, si rifletterà sui diritti e le possibilità di esercizio delle facoltà che di tali diritti sono il contenuto. Ogni sanzione, insomma, si traduce nella riduzione della capacità di diritto e della capacità di agire. C'è però un dato normativo con il quale bisogna fare seriamente i conti. Di natura penale o amministrativa, sanzionatoria o semplicemente costitutiva di uno status diverso da quello precedentemente posseduto da un certo soggetto, la legge Severino è una legge. Come tale deve essere letta in conformità alla regola posta dall'articolo 11 delle Disposizioni preliminari alla legge in generale: «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo». Si capisce che essendo questa legge ordinaria può essere derogata da altra legge ordinaria. Purché derogata non sia una legge penale. Quest'ultima è assistita dalla riserva dettata dall'articolo 25, comma 2, della Costituzione: l'eccezione può essere posta unicamente da norma prodotta secondo le modalità che caratterizzano la produzione di norme costituzionali.
Ciò posto, pare opportuno chiarire che cosa significhi «retroattività» di una norma. Non sembri pedanteria, ma riteniamo che certi termini non vadano usati ad orecchio. Per venire al dunque, c'è retroattività se la norma si applica anche a vicende costituite, in tutto o in parte, da elementi, di fatto o di diritto, necessari ad una determinata conseguenza giuridica, verificatisi prima dell'entrata in vigore della norma stessa. Verificatisi prima, cioè quando il soggetto destinatario delle conseguenze giuridiche non poteva calcolare tali elementi in quanto condizionanti determinati effetti, sì da regolarsi a ragion veduta. Anche a superare tutte le perplessità di cui sopra si è fatto cenno, c'è un limite che non può essere superato senza attento, approfondito esame: la legge Severino deve essere letta come se disponesse la propria retroattività? Senza dubbio non lo fa in modo immediato e diretto. Può darsi che ad una conclusione affermativa si arrivi dalle pieghe dei suoi commi. Se così stessero le cose questo sarebbe il vero, assai serio, appunto da muovere alla legge stessa. L'eccezione, così importante, ad una regola così importante, come quella della irretroattività della legge, non dovrebbe essere enunciata in maniera criptica, per allusioni ed ammiccamenti, ma proclamata in tutta chiarezza, in modo immediato e diretto.
A tacer d'altro, teniamo presente che qui si tratta di una posizione giuridica che interesserebbe non soltanto il destinatario della cosiddetta decadenza, ma, verrebbe da dire, in primo luogo, la massa dei soggetti titolari del diritto di elettorato attivo che hanno espresso la loro volontà. Ed è riflessione questa che investe tutte le misure interdittive dell'agire politico: corriamo il rischio di guardare all'albero e di perdere di vista il bosco.
* Accademico dei Lincei, professore emerito
di diritto penale, Università di Roma-La Sapienza
** Professore ordinario di diritto penale, Università di Bologna

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