martedì 22 ottobre 2013

FAMOLO ALLA TEDESCA VA !


FAMOLA ALLA TEDESCA, verrebbe voglia di dire leggendo l'articolo di Davide Giacalone che prevede come, ancora una volta, vi sarà una differenza abissale tra la grande coalizione che probabilmente verrà varata in Germania, tra CDU e SPD, e gli acerrimi alleati cui diamo viti noi da un paio d'anni (prima con Monti, oggi con Letta). L'occasione per provare a fare cose indigeste ma necessarie per la Nazione viene smarrita come in passato, esaltando la non arte del compromesso al ribasso. 
Esortazioni illuminate come quella di Ricolfi (  abbassamento delle tasse dal recupero dell'evasione e miglioramento del welfare tramite il recupero degli sprechi , tenendo DISTINTE le due partite) rimangono materia di dibattiti astratti, così come l'adozione di criteri rigorosamente meritocratici nella scuola relativamente agli INSEGNANTI (Andrea Ichino), la sostituzione della CAssa Integrazione, troppo spesso strumento per mantenere in vita aziende decotte o per illudere sulla conservazione di posti di lavoro ormai bruciati, con il reddito di disoccupazione (Piero Ichino), o l'impiego delle risorse ricavate dalla dismissione dei beni pubblici al solo fine della riduzione dle debito (e non invece, come sembra ancora una volta, rastrellare soldi per ripianare il deficit della spesa ), come da non so quanto tempo predica inascoltato lo stesso Giacalone.
In Germania con la prima grosse koalition diedero una grossa risistemata al welfare, pachidermico e  ormai insostenibile, cessando di essere il "malato d'Europa" (da un po', lo siamo noi, anche se in compagnia). Adesso si accingono a sfruttare l'occasione per un forte rilancio della produttività e della crescita, profittando di uno spread favorevole e avendo le risorse per migliorare i salari più bassi. 
Da noi facciamo manovre finanziarie all'insegna del "pochissimo, ma di più non si può". 
Forse è per questo che un italiano vorrebbe la Merkel a capo del governo. Forse l'idea che si è fatta è che, sacrifici per sacrifici, forse quelli di un governo della cancelliera avrebbero anche dei frutti.
Buona lettura



Meglio à la tedesca



Attenti a quel che sta succedendo in Germania. Qui si temporeggia, supponendo che l’immobilità possa far le veci della stabilità. Si presenta un quadro di politica di bilancio in cui manca un’idea che sia una, ma ci sono cose utili per far propaganda. Qui le larghe intese sono il quieta non movere di chi crede si possa coniugare il passato al futuro. In Germania, invece, si prepara un governo capace di accrescere il vantaggio competitivo di quel sistema produttivo. E lo farà anche tagliando la spesa pubblica improduttiva.
Le “grandi coalizioni” non possono essere solo uno stato di necessità aritmetica, come si crede dalle nostre parti, ma delle occasioni per cambiare quel che non si può conservare. La Germania ha guadagnato competitività e ricchezza grazie alle riforme fatte dalla loro sinistra, guidata da Gerhard Schroeder. Prima in coalizione con i verdi, poi con le larghe intese e l’accordo dei cristianodemocratici, hanno riformato il mercato del lavoro e tagliato un welfare troppo generoso e inefficiente. Poi la destra ha raccolto i frutti, concimandoli con l’indebito vantaggio dei tassi d’interesse. Sarà ancora Angela Merkel a governare, ma le nuove larghe intese si stanno componendo attorno a un programma di sviluppo, compresa la necessità di continuare a tagliare la spesa pubblica che non funziona e spendere di più per il sostegno ai salari. Forse anche con l’introduzione del salario minimo. La formula politica è vincente: usare il ritorno dei socialdemocratici per porre rimedio agli scompensi indotti dalle (giuste) riforme che loro fecero. In Germania il 24% dei lavoratori ha salari bassissimi. I “mini-job” fruttano 10 euro lordi a settimana. Da noi sarebbe considerata un’infamia, da loro è servito per far entrare nuove leve al lavoro, specie donne. Ora, avendo preso vantaggio, possono compensare. Politica saggia.
Noi restiamo a guardare. Pietro Ichino propose di usare il reddito minimo per superare la cassa integrazione guadagni, largamente distorsiva e finanziante l’improduttività. Luca Ricolfi propose di creare un primo fondo per abbattere la pressione fiscale, usando soldi recuperati dall’evasione, e un secondo per finanziare il welfare, usando i tagli ai costi della pubblica amministrazione. Proposte sagge, che qui sostenemmo con convinzione. Ma sono servite solo a far fiorire i dibattiti. Inutili. Qui s’è presa l’abitudine di parlare, parlare, parlare, finché s’è fatta una certa e si va a cena.
La nostra spesa pubblica supera gli 800 miliardi l’anno, ma più della metà se ne va in debiti: pensioni e interessi sul debito pubblico. Nell’altra metà ci sono costi correnti insopprimibili, diciamo per un’altra metà. In queste condizioni quella della spendig review è una menata salottiera, perché non si tratta di limare la spesa, bensì di cambiarne struttura e natura. Il che comporta scelte politiche e riforme, non esperti di passaggio. Per settori come scuola, giustizia e sanità abbiamo ripetutamente indicato il dove, il come e il perché la diminuzione della spesa può portare maggiore qualità dei servizi. Ogni anno se ne vanno 80 miliardi per pagare gli interessi, il che dovrebbe sollecitare l’interesse a dismettere patrimonio per abbattere il debito. Lo ripetiamo da anni, ma è servito solo a tavolorotondeggiare. E neanche, dato che non gliene importa niente a nessuno. I vari ministri sono piloti con in mano aerei che non conoscono: quando si accende la spia del carburante sanno solo chiederne di più, perché governare i consumi senza sapere non tanto com’è fatto, ma anche solo dove si trova il motore è complicato. Quindi chiamano gli “esperti”, che si conoscono fra di loro e si scambiano pacche d’atavica rassegnazione. Invece, Germania docet, le scelte sono politiche.
Qui si fanno danze tribali attorno a feticci fasulli: ieri i giornali annunciavano il calo dello spread, ma era calato in tutta Europa, il nostro resta ingiustamente appaiato a quello spagnolo e i rendimenti non calano altrettanto perché sono i tassi tedeschi a essere saliti. Mentre i giornali erano vanamente vocianti, la giornata ha registrato una salita dello spread. Scommetto che oggi non ne troverete notizia. Ma a che serve, questa mistificazione? A nulla. I sindacati indicono lo sciopero, così si fa finta che ci sia qualche cosa contro cui scioperare. I falchi, di destra e di sinistra, criticano la legge di stabilità, mentre le colombe s’esercitano in realismo e permanenza, gli uni e gli altri facendo finta che serva a qualche cosa. Intanto c’è un’Italia che corre, che ancora compete e vince, che eccelle nei mercati globali, l’Italia che si trova nel manifesto “Oltre la crisi” (Fondazione Edison, Unioncamere, Symbola), quella di cui ci piace spesso parlare. Un’Italia che non molla, orgogliosa di sé. L’immobilismo la svena e debilita, mentre fa credere all’altra Italia, quella che vive a ridosso della spesa pubblica, che sia sufficiente protestare per continua ad avere. Attenti, perché in Germania si prepara un governo vero, capace di compensare lo spread sociale, dopo avere rimediato allo spread di competitività. Stando fermi si arretra.

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