martedì 22 ottobre 2013

INTEMERATA DI FACCI CONTRO GLI STUDENTI. "ANCHE LORO UNA CASTA"

 
Filippo Facci immagino conosca sia Rostand (l'autore del Cyrano) che Guccini ( e la sua canzone :l'antisociale) visto che anche lui pare aver fatto proprio il motto "spiacere è il mio piacere, amo essere odiato". I suoi articoli sono polemici, graffianti, assolutamente politically incorrect. 
A me piace leggerlo, lo faccio spesso, ne apprezzo l'estrema chiarezza e in genere anche il sarcasmo.
Ovviamente, quando si polemizza, si tende a generalizzare, lo so fin troppo bene, e anche lui lo fa.
Però sono sempre  sospettoso (coda di paglia ?) quando si levano le proteste di coloro che, se dicono la verità, non sono con evidenza destinatari dello "j'accuse" faccino. 
Questa volta per esempio se la prende con gli studenti, che dopo la pubblicazione dei dato OCSE che li hanno piazzati all'ultimo posto delle medie europee sia in matematica che italiano, non stanno passando un momento di popolarità. Perché si ha un bel parlare dei tagli all'istruzione (comunque non è che non spendiamo per la scuola, anzi, siamo assolutamente in media, in questo...diciamo che spendiamo male, come più spesso facciamo, specie per motivi "sindaco-occupazionali") causa  del nostro gap scolastico, ma quando non si sa leggere, scrivere e far di conto, ebbé siamo asini !
Ovviamente, trattandosi di statistiche, non s'intende TUTTI, ma purtroppo la maggior parte sì, se no non saremmo così in basso. 
Ciò posto, Facci va giù di randello, non certo di fioretto. 
Però escludo che Facci non conosca famiglie e studenti che fanno sacrifici e s'impegnano seriamente nello studiare, che ci sono giovanotti che si laureano in corso e con ottimi voti meritati, e che il cosiddetto "bamboccismo" (il restare a casa troppo a lungo) in tanti casi è figlio della difficoltà (talora impossibilità) di pagarsi un alloggio indipendente. 
Semplicemente, il suo discorso non si rivolge a costoro, ma agli ALTRI.
Che sono la maggioranza, credo, e comunque troppi .
Ah, siamo a fine ottobre, è tempo di scaldare i motori per le occupazioni prenatalizie...Sia mai ci scordassimo.






Zainetti in corteo

Facci: altro che proteste, gli studenti sono una Casta

Costano molto più di quel che pagano, si laureano dopo i 27 anni, non si muovono da casa. E non azzeccano una battaglia


Altro che proteste, gli studenti sono una casta: fanno poco e costano tanto

Non è un Paese per studenti, questo: a meno che siano svogliati, viziati, rammolliti dalla bambagia familiare, cioè bamboccioni, iper-protetti dal familismo e da un welfare schizofrenico. Allora sì, ecco che questo diventa un Paese per studenti: purché siano quelli che sfilavano nel corteo romano, sabato, col fegato di sostenere che «gli stanno rubando il futuro», quelli che il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha sconsigliato dal laurearsi perché avrebbero meno probabilità di trovare lavoro, quelli che hanno scambiato la condizione studentesca per un parcheggio post-puberale, quelli, insomma, ai quali potete anche dirlo: che sono una casta. 
Loro rimarranno di sale, li farete imbestialire, ma lo sono e lo restano. Lo sono perché lo Stato gli chiede soltanto mille o duemila euro l’anno di tasse universitarie, mentre ne costano - allo stesso Stato - una media di settemila: soldi a carico nostro, della fiscalità generale, soldi pagati anche da chi magari i figli all’università non ce li può mandare, magari perché non può, perché non ce la fa. Una casta è proprio questo: il privilegio di una minoranza a spese di una maggioranza. Ma voi provate a dirglielo. Provate a spiegarglielo. 
Provate a spiegare a tanti coccolatissimi giovani, che per definizione hanno sempre ragione, che da una quarantina d’anni non hanno azzeccato una battaglia che sia una, spesso rincoglioniti dalla cultura bipolare e catastrofista dei loro cattivissimi maestri sessantottini: dediti, quest’ultimi, a condire il loro progressivo accomiatarsi con profezie di sciagura che hanno trasformato ogni futuro in un funerale sociale, ambientale, economico e tecnologico. 
 Provate a dirglielo senza che vi saltino addosso: loro, i loro genitori e ovviamente la stampa conformista.  Provate a dirgli che l’ex ministro Elsa Fornero, quando diceva che i giovani non devono essere schizzinosi all’ingresso nel mondo del lavoro, aveva ragione e basta. Provate a dirgli che Annamaria Cancellieri, quando parlò degli italiani «mammoni», aveva ragione pure lei, o, peggio, che ce l’aveva anche l’ex viceministro Michel Martone quando disse che un 28enne non ancora laureato è spesso uno sfigato.
 Oh certo, un laureato italiano resta sfigato a qualsiasi età, molte volte: perché manca il lavoro, perché la scuola non forma, e poi certo, perché un sacco di giovani si chiudono nelle università anche per prolungare una sorta di anticamera della vita reale, sfuggendo ogni minimo approccio col mondo del lavoro. Sta di fatto che gli studenti lavoratori in Italia restano una minoranza: c’è poco da sproloquiare. Da noi ci si laurea in media dopo i 27 anni quando in Europa non si arriva ai 24, con un mercato che ormai è senza confini e rende i giovani italiani dei potenziali ritardatari agli appuntamenti che contano. A sostenerlo ci sono tutti i dati del mondo, e il governatore di Bankitalia l’ha detto chiaro: il livello di istruzione dei nostri giovani è ancora ben distante da quello degli altri Paesi avanzati, c’è dispersione scolastica, un laureato italiano ha meno possibilità di trovare lavoro di un diplomato, c’è una percentuale spaventosa di analfabetismo funzionale e cioè un’incapacità diffusa, in sostanza, di usare efficacemente la lettura e la scrittura e il calcolo nelle situazioni quotidiane. Ma dire questo, politicamente, non serve: ci sono animi da non frustrare - ti spiegano. 
Teniamoci dunque la patetica casta degli studenti, questi poveracci che siamo riusciti a rovinare con la scusa di proteggerli. Non diciamogli che sono gli studenti con meno mobilità al mondo (l’80 per cento è iscritto nella regione di residenza) e che spesso la facoltà viene scelta secondo la distanza da casa, anche perché cinque giovani su dieci, dai 25 ai 34 anni, vivono ancora coi genitori. Non diciamogli che quello sciagurato e falso egualitarismo chiamato «valore legale del titolo di studio» ha prodotto milioni di false illusioni perché un pezzo di carta non insegna un lavoro né ti aiuta davvero a trovarlo, se nel frattempo non l’hai imparato e non hai capito che una professione e un’emancipazione non sono regali, non sono diritti, non sono pezzi di carta: sono una durissima conquista.  

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