Nel 2010 uscì un film, IL NASTRO BIANCO, che nel narrare una storia inquietante occorsa in un paese della Germania protestante alla vigilia della Grande Guerra (1914, esattamente un secolo fa), descrive anche un tipo di famiglia che oggi, in Italia e in occidente, è assolutamente inconcepibile ma che ancora negli anni 40-50 era diffusa (sia pure senza arrivare a certi estremi) e ha continuato ad esserlo per un altro po' nell'entroterra delle regioni meridionali (chi ricorda il film "Padre Padrone" ?).
In "Il nastro bianco" il pastore del paese è un rigido vessatore "spirituale" della comunità e dei
propri figli, cui impone di indossare sempre, come monito alla purezza, un
nastro bianco. In caso di mancanze, anche lievi, le punizioni sono severissime, spesso si protraggono nei giorni e durante le stesse non si è degni di portare il nastro. "Un principio ossessivo di disciplina e candore che vanno
alla deriva nella loro applicazione, in "castighi" e punizioni
comminati in nome della purezza, con modalità quasi rituali, in una mimesi
dell’universo adulto che è fatto di soprusi e violenze verso chi è più debole,
bambini, donne e anziani".
C'è da essere contenti che tutto questo sia definitivamente alle spalle. Però non è nemmeno un granché una società che è arrivata alla "deificazione" del fanciullo , e se un padre, spazientito nel caso di specie, allunga un ceffone, eccolo bello processato e condannato per abuso di mezzi di correzione. E' quanto accaduto ad un genitore che molla uno schiaffo al figlio seienne che non voleva esercitarsi a leggere... Uno schiaffo è punizione esagerata per un fatto del genere, posso pensarlo, e come detto all'inizio lo vedo più come moto d'ira impaziente che non "disciplinare". Ma questa ossessione di finire in Tribunale ....Ovviamente la denuncia l'ha fatta la madre, che all'epoca dei fatti era anche sposata con l'uomo (oggi ovviamente no). Immagino, voglio sperare, che la decisione del Tribunale d'Arezzo sia stata influenzata dall'età e dalla modalità (uno schiaffo in faccia è particolarmente umiliante, ad un bambino di sei anni ancora potrebbe essere ammannito uno scapaccione accompagnato dalla sospensione della playstation..), ma resta la sensazione di una deriva di "intoccabilità" come se poi non sia esperienza comune che, giunti alla soglia delle pre adolescenza , 11-12 anni, per non parlare del dopo, in casa si finisca per avere dei finti adulti viziatissimi e difficilmente contenibili.
In quei casi che si fa ?
Figli/e che , soprattutto alla madre, si rivolgono di fronte ad un diniego con epiteti come "stronza" "non capisci un cazzo" e peggio... Ragazzini che a 15-16 anni vogliono trascorrere la notte fuori casa, o comunque tornare tardissimo...Gli dici no, e loro imboccano la porta comunque... Oppure semplicemente ti dicono che rientreranno per mezzanotte e alle due non sai dove sono e il cell è muto. Parlo di cose banali, perché potremmo salire con gli esempi negativi.
Che suggeriscono le toghe in questi casi ? Loro come fanno con i loro figli ?
Di seguito, la notizia riportata dalla Stampa.it
Arezzo, schiaffo a figlio di sei anni
Il papà condannato a un mese
ANSA
La pena - poi sospesa - per abuso
di mezzi di correzione. A denunciare
l’accaduto era stata la madre
di mezzi di correzione. A denunciare
l’accaduto era stata la madre
Uno schiaffo dato al figlio di sei anni servirà
probabilmente da lezione più al padre che al piccolo: l’uomo è stato
infatti condannato ad un mese, pena sospesa, per abuso dei mezzi di
correzione. Ed è stato anche condannato a pagare un risarcimento alla
madre del bambino, nel frattempo diventata la sua ex moglie. Al
cinquantenne, che vive in provincia di Arezzo, è tuttavia andata meglio
rispetto ad un altro padre, un italiano che nel 2011 ha trascorso due o
tre giorni in cella prima di essere condannato dai giudici svedesi ad
una multa di circa 700 euro per aver maltrattato il figlio dodicenne in
preda ad una «bizza» in strada a Stoccolma, all’ingresso di un
ristorante. Nel 1979 la Svezia divenne il primo Paese del mondo a
proibire completamente le punizioni corporali ai bambini. I giudici
nordici stabilirono che l’uomo aveva «volontariamente provocato dolori a
suo figlio tirandogli i capelli», riconoscendolo colpevole di
maltrattamenti lievi. Oggi i loro colleghi toscani non si sono
discostati molto da quella logica, nonostante la legislazione italiana
sia diversa.
La condanna per lo schiaffo dato al figlio di sei anni è arrivata oggi dal Tribunale di Arezzo. A sostenere l’accusa in aula il pm Bernardo Albergotti e, per il giudice Manuela Accurso Tagano, l’uomo ha esagerato nel colpire il piccolo e a poco è servita la difesa dell’uomo.
L’episodio risale al 2009 in un centro della Valdichiana aretina. In casa, al momento in cui è partita la mano aperta del padre sul volto del bambino, c’era anche un altro figlio dell’uomo, avuto da un precedente matrimonio. A notare che c’era qualcosa che non andava, e soprattutto quel segno rosso sulla guancia del piccolo, è stata la madre che ha chiesto conto al marito dell’accaduto. Lui si sarebbe giustificato dicendo che il bambino, che allora faceva la prima elementare, non voleva esercitarsi a leggere.
Non è chiaro chi abbia avvisato i carabinieri, se la moglie o il figlio più grande, sentito anche lui come testimone in aula, ma la denuncia è scattata e così la vicenda è giunta davanti al giudice. Il bambino, tra l’altro, probabilmente turbato per l’accaduto, non era andato a scuola per alcuni giorni. La mamma del piccolo, che due anni dopo lo schiaffo si è separata dal padre del bambino, si è costituita parte civile e in quella veste ha ottenuto il risarcimento disposto dal giudice
La condanna per lo schiaffo dato al figlio di sei anni è arrivata oggi dal Tribunale di Arezzo. A sostenere l’accusa in aula il pm Bernardo Albergotti e, per il giudice Manuela Accurso Tagano, l’uomo ha esagerato nel colpire il piccolo e a poco è servita la difesa dell’uomo.
L’episodio risale al 2009 in un centro della Valdichiana aretina. In casa, al momento in cui è partita la mano aperta del padre sul volto del bambino, c’era anche un altro figlio dell’uomo, avuto da un precedente matrimonio. A notare che c’era qualcosa che non andava, e soprattutto quel segno rosso sulla guancia del piccolo, è stata la madre che ha chiesto conto al marito dell’accaduto. Lui si sarebbe giustificato dicendo che il bambino, che allora faceva la prima elementare, non voleva esercitarsi a leggere.
Non è chiaro chi abbia avvisato i carabinieri, se la moglie o il figlio più grande, sentito anche lui come testimone in aula, ma la denuncia è scattata e così la vicenda è giunta davanti al giudice. Il bambino, tra l’altro, probabilmente turbato per l’accaduto, non era andato a scuola per alcuni giorni. La mamma del piccolo, che due anni dopo lo schiaffo si è separata dal padre del bambino, si è costituita parte civile e in quella veste ha ottenuto il risarcimento disposto dal giudice
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