"MORIRE DEMOCRISTIANI. DA DISGRAZIA AD AUSPICIO" LA PROVOCAZIONE (MA NON TROPPO) DI PIERLUIGI BATTISTA
"Moriremo democristiani" sembrava la maledizione degli anni 70-80 (ma l'incubo durò fino a Mani Pulite, quando ci pensarono le toghe a fare piazza pulita, di chi volevano loro) quando nemmeno con il pieno storico dei voti del 1976 il PCI riuscì a conquistare la maggioranza (in realtà, con il 35% dei voti, ne rimase piuttosto lontano). Dopo 20 anni di seconda repubblica, sembrano tempi da invidiare. Non so se sia così. Io ricordo gli anni di piombo, l'austerity energetica (sicuramente la prima cosa peggio della seconda), e, naturalmente, la tragedia delle stragi. Rammento anche i governi balneari, le legislature che finivano anticipatamente, gli esecutivi che vivevano mediamente un anno o poco più. Insomma, a volte la delusione del presente, e ce ne sono di motivi per essere delusi, fa venire meno la fiducia nel futuro e quindi ci fa guardare con occhi nostalgici e non sempre lucidi il passato.
E' un processo psicologico sia individuale che collettivo ben noto agli esperti dell'animo umano.
Ciò posto, le cose che Pierluigi Battista scrive nella sua rubrica settimanale sul Corsera sono assolutamente corrette. La DC fu tante cose negative, ma anche buone, e importanti (specie dal dopoguerra alla metà degli anni 60, insomma, la DC degasperiana). Erano anche altri tempi, c'era la guerra fredda, e comunque il Muro, il mondo diviso in due. Insomma, paragoni difficili.
Però, il saldo storico Battista, che premette di non aver mai votato DC (chissà perché, lo immagino oscillante tra PSI e PRI) lo reputa senz'altro positivo, e probabilmente ha ragione. Sicuramente, la maggioranza degli storici sembrano orientarsi in questo senso, forse aiutati dalla pessima riuscita dei successori (Prodi incluso, che se no parliamo sempre dei soliti noti).
Buona Lettura
"Morire democristiani da sventura ad auspicio"
"Dicono: «moriremo democristiani». E lo dicono con costernazione e
raccapriccio. Se davvero fosse verosimile, tuttavia aggiungerei, da
elettore che mai e poi mai ha optato in vita sua per lo Scudo Crociato,
ma che ha visto tutte le miserie della Seconda Repubblica: magari.
Una «damnatio memoriae» politico-storiografica getta sulla storia
dell'Italia governata dalla Dc l'ombra fosca di un passato ignobile. E
invece, magari qualche merito il partito che raccolse l'eredità di
Sturzo e De Gasperi, può legittimamente vantarlo. Chissà se morirà
democristiana, ma l'Italia democristiana visse in regime di libertà,
grazie alla partecipazione dei cattolici alla guerra di liberazione
antifascista e alla storica vittoria contro i comunisti stalinisti del
18 aprile del 1948. L'Italia democristiana, incalzata dalle altre forze
politiche, dai sindacati, dalle spinte delle organizzazioni sociali,
varò una coraggiosa e lungimirante riforma agraria. Nell'Italia
democristiana una Nazione devastata e piegata dalla guerra trovò in
pochi anni la forza di reagire, di crescere, di mettersi in cammino.
L'Italia democristiana cambiò in pochi anni la sua natura e divenne una
potenza industriale, all'avanguardia nella chimica, nella siderurgia,
nella produzione metalmeccanica. L'Italia democristiana, descritta come
il regno dell'immobilismo, conobbe una rivoluzione gigantesca lasciando
integro il suo sistema democratico e il rispetto delle libertà
fondamentali: dalla miseria si passò in meno di una generazione alla
civiltà dei consumi, l'ascensore sociale era in pieno movimento, il
benessere diffuso con una velocità impressionante, cambiando
radicalmente la vita di milioni e milioni di italiani in un quadro di
stabilità democratica che ha del miracoloso.
L'Italia democristiana
era molto bacchettona, ma con la Dc al governo l'Italia ebbe
(tardivamente) il divorzio e le donne che abortivano non furono più
criminalizzate. L'Italia democristiana consentiva il dissenso,
l'opposizione, la cultura libera. Alberto Ronchey ha raccontato che
Randolfo Pacciardi, quando nel '48 gli chiedevano se non si sentisse
prigioniero del clericalismo, rispondeva così: «meglio una messa al
giorno che una messa al muro». Sentenza che, nella sua ruvida
icasticità, riassume i termini di un intero ciclo storico.
L'Italia
democristiana ha conosciuto storture, stragi impunite, statalismo,
corruzione. Ma non voleva essere una società santa e perfetta, come
sempre accade nei regimi liberal-democratici in cui si sa che la
dittatura della virtù è l'anticamera del totalitarismo. Nella guerra
fredda l'Italia democristiana, con sbavature terzomondiste e
anti-israeliane e qualche servilismo, è sempre stata dalla parte giusta:
quella atlantica. Nell'Italia democristiana si tendeva a smorzare i
conflitti, a non infierire sui vinti, a tenere insieme la società, a
garantire la rappresentanza di tutti gli interessi, persino troppo.
Moriremo democristiani? Magari fosse vero."
Grande nostalgia ciò che scrivi. Ora sembra che l'Italia non conti più niente, e perde posizioni. Il brutto è che siamo bravi a trovare scuse sui nostri fallimenti. E' sempre colpa degli altri.
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