lunedì 28 ottobre 2013

TROPPA VAGHEZZA, MISTER RENZI. MEGLIO BLAIR


Renzi dice che quando sarà diventato segretario del PD abolirà le correnti, inizando dalla sua. Sono curioso di vedere. Che tra l'altro c'è chi ha sagaciamente osservato come nell'ambito dello stesso fiume, ci sono più affluenti. Nel caso di Renzi, quelli della prima Leopolda, quelli delle primarie, quelli del post elezioni e gli ultimi affannati a salire sul carro. Il problema per qualcuno, è che anche di Renzi iniziano ad essercene diversi...quello vero qual è ? 
Difficile da capire, che a parte il fatto che, potendo, il sindaco si terrebbe caro il porcellum (solo estendendo al Senato l'attribuzione del premione di maggioranza su base nazionale), sul resto prevale una qual certa vaghezza. I problemi sono identificati correttamente (ma fin lì, semo boni tutti diciamo a Roma) ma sulle soluzioni ?
Certo, a battute Matteo è insuperabile, molto più smart anche del Cavaliere, che ormai ha pure i suoi 77 anni ( e una quarantina di processi, ora anche con qualche condanna). Vuoi mettere quando dice a Cuperlo - che sul fatto che alla Leopolda non c'era il logo PD aveva commentato "è come se la Fiorentina, alla presentazione dell'acquisto di un Messi, non avesse nemmeno una maglia viola" - "tu Messi portalo, che una maglia si trova".
O, in passato, dopo le primarie dello scorso anno "ecco, ho fatto una cosa di sinistra : Ho perso". 
Simpatico, svelto, accattivante. Basta per vincere ? Sì.
Per governare, altra cosa.
Polito, nell'articolo che segue, osserva che a Renzi sembra mancare una squadra di spessore, che invece aveva il suo modello, Tony Blair. A sentire il suo nuovo espero di economia, direi che ha ragione l'opinionista del Corriere.
Alla giustizia, al posto di Danilo Leva, io avrei due nomi da suggerirgli, due avvocati che tra l'altro sono pure renziani della prima ora...Sono avvocati però, non magistrati. Sarà un problema ?


"Quel passo in più che il sindaco dovrebbe fare"

 Alla sua terza o quarta discesa in campo, Matteo Renzi è un po’ troppo simile a se stesso. Neanche l’ultima Leopolda da giovane candidato gli ha fornito una matura piattaforma da segretario. Eppure tra poco più di un mese, pur non essendo in Parlamento (come Grillo), avrà il compito di guidare un esercito di più di quattrocento parlamentari. Le sue idee dovranno dunque diventare rapidamente proposte di legge, o appassire; dovranno trasformarsi ogni giorno in emendamenti e voti. Veltroni usò il Lingotto per questo rito di passaggio. Renzi non ha ancora avuto il suo Lingotto. In lui sembra far premio la scaltrezza. A quasi nessuna delle scelte che l’attualità politica impone viene data risposta perché: «Il problema è cambiare l’Italia».

Per farlo davvero, è però giunto il momento di scendere nei dettagli. E su un punto ieri Renzi l’ha fatto. La sua idea di riforma elettorale comincia infatti a precisarsi, soprattutto perché sembra accoppiarsi all’idea di un cambiamento costituzionale che lascia a una sola Camera il voto di fiducia e apre al premierato forte. Dovrebbe dunque assomigliare molto alla soluzione che propongono sia Violante sia D’Alimonte (presente alla Leopolda), nota come «doppio turno di coalizione»: ciò che aveva suggerito ieri su questo giornale Angelo Panebianco. È un’idea che ha margini realistici di trattativa politica, a patto che il governo duri e che il processo di riforme vada avanti. Se Renzi gettasse il peso del suo Pd su questa linea, invece che su un’agitazione pre-elettorale, si tratterebbe certamente di una svolta.
Così come una svolta, questa però con molti meno dettagli, è quella cui Renzi ha alluso in materia di giustizia. Non è infatti facile dire alla sinistra che il sistema giudiziario italiano merita una radicale riforma, anche se lo si dice in nome di Silvio Scaglia invece che di Silvio Berlusconi. Però Renzi l’ha detto, e ha ragione. Resta da chiarire come cambiarlo: limitando i casi di carcerazione preventiva? separando le carriere? modificando il Csm?
Sull’economia, e sull’asfissia del nostro Stato sociale, resta invece una nebbia alquanto fitta. Il posizionamento innovatore di Renzi è chiaro, molto meno sono chiare non dico le soluzioni (difficili da trovare per tutti) ma anche le direzioni di marcia. Anzi, si ha l’impressione che dal vuoto finiscano inevitabilmente per affiorare idee bislacche e pericolose come quella esposta dal finanziere Davide Serra alla Leopolda, secondo cui i pensionati con il retributivo - cioè praticamente tutti i pensionati italiani - sono «persone che rubano».
Si giunge qui a uno dei nodi più delicati del renzismo: il giovane leader è troppo solo. Intorno a lui non è cresciuta in questi anni una squadra di cervelli all’altezza delle ambizioni, né uno staff che sappia organizzarle. Renzi è, anche visivamente, un one-man-show: alla Leopolda faceva il regista, il conduttore e il d.j. Nel precedente storico spesso a lui accostato, l’ascesa di Blair a capo del New Labour, non fu affatto così. Come Renzi, Blair possedeva una dote che mancava disperatamente alla sinistra: era in grado di farla finalmente vincere perché giovane, simpatico, diverso. Dio solo sa se il Pd ne ha bisogno. Ma, a differenza di Renzi, Blair aveva Gordon Brown che preparava le politiche economiche da applicare una volta al governo, Peter Mandelson che ne curava la presentazione, David Miliband che sfornava idee nuove, Philip Gould che studiava l’elettorato, Alastair Campbell che ispirava la stampa, Jonathan Powell che avrebbe venduto il pacchetto alle diplomazie di tutto il mondo, e - si parva licet - Bill Clinton che lo spingeva da Washington e gli insegnava tutto ciò che sapeva.
Per quanto capace sia l’animale politico Renzi, e lo è, è difficile che possa far tutto da solo. Inoltre gli spetterà il difficile esercizio di saltare alla guida dell’auto in corsa, mentre cioè il Pd è già al governo, e non potrà dunque nemmeno rimandare le scelte importanti a quando al governo andrà lui. Finora il Pd è stato una storia di insuccesso perché non ha saputo praticare il riformismo con il consenso. Renzi ha finalmente il consenso; avrà anche il riformismo?

1 commento:

  1. RICCADO CATTARINI

    Inizio col condividere, tra i tanti commenti, quello di un amico mio, ed è cosa che non si dovrebbe forse fare. Ma Stefano Turchetti è blogger seguitissimo, intelligente e sagace. Verso Matteo Renzi è pure piuttosto critico, il che spero mi possa far perdonare dall'avere iniziato da lui. Ha molta ragione, anche se non è dalla Leopolda che ci aspettavamo un programma di governo. Mi chiedo chi saranno quei due avvocati dei quali parla ... un sospetto ce l'ho, ma gli amici spesso sopravvalutano. Tutto da leggere.

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