Che in casa PD seguano con attenzione le vicende del PDL mi sembra del tutto normale, così come lo è il contrario. Sarebbe mai possibile diversamente nella contesa politica ? Quindi mi pare sciocco lamentarsene, da una parte e dall'altra, anche se è comprensibile l'ironia (e un umano fastidio) quando dall'attenzione si passa ai "suggerimenti", che francamente mi sembra troppo.
Non mi sorprendo quindi alla notizia che esponenti del PD contattino ormai quotidianamente colleghi del PDL per sapere come andrà a finire nel campo del centrodestra. Né che si possano fare supposizioni OPPOSTE sull'esito. E così c'è chi dice che la scissione indebolirà il governo Letta, chi sostiene il contrario, chi, prudentemente, dice "dipende"...riferendosi al numero di "responsabili" o "traditori", a seconda di chi guarda, che abbandonassero la casa madre per assicurare la fiducia all'esecutivo.
Nell'articolo della brava Maria Teresa Meli, che segue da vicino per il Corriere le cose della "ditta" democratica (ma si può dire ancora ditta, ora che Bersani è caduto in disgrazia ? ), la cosa che invece mi stona è quando leggo : i renziani sanno bene che una legge elettorale che consegni il Pd a percentuali intorno al 20 per cento sarebbe la fine per il loro leader.
Ecco, qui proprio non ci siamo, cosa c'entra la legge elettorale con le percentuali di un leader ??
Temo in realtà si tratti della stessa eco della difesa spasmodica di Bersani, nella scorsa legislatura, del Porcellum che gli garantiva, col premio elettorale, di avere una maggioranza che sapeva MAI avrebbe conquistato nelle urne. E infatti il calcolo, sia pure per un soffio (lo 0,7% !!) è stato esatto alla Camera, dove con solo il 29% dei voti (con una astensione di oltre il 25%) la coalizione (manco il PD, fermo al 25%) si è presa il 55% dei seggi. Una enormità ! E' andata male al Senato che lì il premio scatta su base regionale ( che per molti, bersaniani ieri e renziani oggi, è l'UNICO vero difetto del Porcellum...bene ricordo loro che fu CIAMPI a introdurre questa variante, che la legge Calderoli originariamente prevedeva il premio nazionale per entrambe le camere, e lo fece su invocazione della SINISTRA ! ) e il PDL ha vinto nelle regioni cruciali (Lombardia, Veneto, ma anche Lazio Campania, Puglia).
La questione è chiara e i valori in gioco sono due : rappresentatività e governabilità. Il proporzionale puro è la tutela massima (ed eccessiva) del primo, il maggioritario con premio di maggioranza (che nei sistemi uninominali, che sono la culla di quel modello, NON c'è) è l'esaltazione, nel nostro sistema sconsiderata, del secondo.
Va trovato un punto di equilibrio. Perché che un 20% possa rivoltare una Nazione come un calzino (l'espressione cara a Renzi) mi fa pensare e temere che il restante 80% poi prenda il fucile.
Insomma, ci vuole un consenso VERO per fare le cose importanti (le famose riforme strutturali), e se da soli non se ne ha la forza, bisogna trovare alleanze coese che trovino punti di incontro essenziali - come è avvenuto in Germania, e ultimamente anche in GB dove per la prima volta nessuno dei due maggiori partiti, Tory e Labour, sono riusciti a ottenere una maggioranza assoluta.
Questa signori è la democrazia, che si basa sul potere del popolo (demos e kratos) . Può non piacere, che certo difetti grandi ne ha, ma in occidente abbiamo deciso che è il male minore.
Io non credo sia democratico soccorrere l'incapacità dei partiti di raccogliere un adeguato consenso al proprio programma attraverso alchimie elettorali.
Se poi vogliamo ispirarci ad altri sistemi maggioritari ( io non amo il proporzionale puro, assolutamente. ricordo bene i 45 governi in 45 anni della prima repubblica), quelli di Francia e Inghilterra per dire, non credo siano perfetti però hanno un pregio : sono lì da decenni e non vengono cambiati a seconda della convenienza di questo o quel partito. Da noi invece,si assiste a questo. Altra considerazione. Se pensiamo che un sistema elettorale straniero sia migliore del nostro, e non è difficile, allora adottiamolo, ma integralmente, non con aggiustamenti a proprio favore (con la scusa di "adattarli alla realtà italiana", che è solo ipocrisia). Se il PD, o il PDL, o Grillo, non raccolgono più del 25% dei voti, è chiaro che da SOLI non possono governare, e dovranno allearsi con qualcun altro. QUESTA E' DEMOCRAZIA. Non si può sacrificare alla governabilità la rappresentatività (né viceversa). Un equilibrio va trovato, e certamente non può essere nel far governare partiti che non arrivano ad una soglia di consenso dignitosa. Ovvio che astrattamente dovrebbe essere la maggioranza del 50%, ma accettiamo pure un compromesso al ribasso, che so, il 40. Ma di meno no.
Un traguardo che era ben alla portata del "primo" Renzi, ma probabilmente NON dell'attuale. Il Sindaco lo teme, e cerca riparo nel porcellino ritoccato (estendere il premio su base nazionale al Senato, lo stesso sogno di Bersani...). Siccome dirlo non si può, che il suino non è animale nobile, ecco l'idea de "il sindaco d'Italia", l'adozione di un sistema, quello dell'elezione comunale, che però, nel momento in cui i partiti perdono voti, perde acqua anch'esso. Che a Roma, con un sindaco eletto da meno di 3 romani su 10, non tira aria buona...
Il meglio è nemico del bene, si dice, e lo accetto, per cui non chiudo la porta all'"aiutino" alla governabilità, al premio a chi vince. Ma che sia comunque non sganciato del tutto da un adeguato voto popolare.
Ecco l'articolo della Meli, di cui sopra accennavo.
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