giovedì 5 dicembre 2013

RIFORMA GIUSTIZIA : SE LA NUOVA SINISTRA ASCOLTASSE I SUOI AVVOCATI (QUELLI VERI PERO')


Ieri Ferrucio de Bortoli, il Roger Rabbit del giornalismo italiano per il donabbondiano coraggio che tutti gli riconoscono, ha concesso una mezza pagina del Corriere alla intemerata del Dr. Deidda, già Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Firenze che, prendendo spunto dalla polemica (inevitabile direi ) innescata da Leonardo Domenici, precedente sindaco di Firenze, imputato, insieme ad altri politici fiorentini, del reato di corruzione e forse qualcos'altro, ed assolto, risponde difendendo a spada tratta il suo passato e i suoi colleghi.
Fin qui, ci sta, però l'articolo ( che stavolta proprio non mi va di riportare, troppo mal di stomaco ) è pieno di tanta retorica pro PM, anti berlusconismo compreso ( curioso che sia invalso l'uso, per darsi ragione o dare torto all'avversario, di avvalorare una tesi a seconda di quanto "disti dal berlusconismo"), che veramente c'è da preoccuparsi nel leggerlo. Perché Deidda se n'è andato (meno male che prima o poi la pensione arriva), ma gli altri restano. Tra i tanti concetti triti (l'attacco ai magistrati, la loro delegittimazione, senza MAI, e dico MAI, una parola di autocritica sul perché la fiducia dei cittadini nei giudici sia precipitata così in basso) non poteva mancare la difesa dell'incestuosa commistione tra giudici e pubblici ministeri, quella cosa, che c'è solo da noi in Occidente, per la quale le due categorie, che hanno ruoli BEN diversi, sono composte da COLLEGHI.
Hanno separato le funzioni ( e ce n'è voluto ! ), ma resta che tanti PM poi diventano GIP e poi Giudici nei collegi, portandosi dietro una cultura accusatoria esercitata per lustri quando non per decenni. 
Ma poi, detto molto banalmente, a voi piacerebbe che ad arbitrare una partita della vostra squadra venisse uno che è collega del presidente della squadra avversaria ? Con il quale si dà del TU, prende il caffè, va ai convegni insieme, è iscritto alla stessa associazione (sindacato) ?
Sapevo che Massimiliano Annetta, mio caro amico e valente avvocato penalista, aveva seguito il processo di Domenici e qualcosina di interessante dopo la sentenza l'aveva già detta. Siccome è anche un dirigente del PD fiorentino (area data per vincente l'8 dicembre...), e ovviamente la sua specializzazione è la Giustizia, gli ho chiesto se rispondeva lui a Deidda al posto mio, che sicuramente aveva più competenza (devo dire che sulla separazione delle carriere e altre cosette del genere le idee ce l'ho ormai molto chiare, però sempre meglio dare spazio agli specialisti) e il suo intervento poteva anche dirci qualcosa su come, forse, le cose potrebbero cambiare a sinistra sul delicato tema della Giustizia.
Lui mi ha accontentato con il grande post che segue. Massimo è fiorentino (come qualcun altro...) , e si sa che quando c'è da far polemica, i toscani non si tirano indietro.
Ne è uscito un articolo incalzante, provocatorio il giusto, pieno di cose sacrosante, e pure qualche narcisismo intellettuale che autoironicamente lui ha definito "vezzo da comunista". 
E anche in questo, ha ragione.
Buona Lettura



Il mio amico Stefano Turchetti mi invita a dire la mia sul botta e risposta tra
il già Sindaco di Firenze Leonardo Domenici e l’ex Procuratore Generale presso
la Corte di Appello di Firenze Beniamino Deidda che ha animato le pagine del
Corriere della Sera in questi ultimi due giorni.
Lo faccio, ma disobbedendo: insomma come al solito, forse solo in apparenza,
divagherò.
Divagherò, in primo luogo perché la risposta al Dott. Deidda è semplice.
Chiede retoricamente il Magistrato a Domenici cosa sarebbe cambiato nei
processi svolti ed, in definitiva, cosa cambierebbe se nel nostro ordinamento
fosse introdotta la separazione delle carriere. Potrei scrivere una
enciclopedia caro dott. Deidda, ma mi limito a trascrivere le parole di un
altro amico come Stefano Pagliai: “sarebbe cambiato che nei Paesi realmente
liberali il PM esercita e formula un'ipotesi di accusa ed un Giudice - anche
nelle fase di indagine e dell'Udienza Preliminare esiste un Giudice anche se
spesso nemmeno ce ne accorgiamo - realmente terzo ed imparziale, la vaglia e la
valuta. Sarebbe cambiato che dinanzi alla pubblica opinione ed alla stampa
l'accusa, fino al termine del processo, rimane un'accusa e non una condanna
anticipata. Sarebbe cambiato che in un Paese normale i Giudici non devono -
quasi fosse un atto di eroismo - mostrarsi "capaci" di contraddire i Pubblici
Ministeri. Sarebbe cambiato che nel nostro sistema non impererebbe quella
cultura inquisitoria che da vent'anni ci soffoca - giacchè non sono i Giudici a
iniettare la cultura della Giurisdizione ai PM ma viceversa -. Sarebbero
cambiate e cambierebbero tante cose. In meglio”.
De hoc satis avrebbero
chiosato qualche anno orsono.
Divagherò perché sarebbe davvero inelegante ricordare, e non potrei esimermi
dal farlo, la battaglia che con pochissimi altri coraggiosi abbiamo per anni
combattuto “da” e “a” sinistra contro la deriva giacobino manettara della
stessa. Per molto, troppo, tempo siamo stati vox clamantis in deserto; oggi ci
sentiamo meno soli, ma – comprendeteci – aspettiamo conferme.
Divagherò, infine, perché resto persuaso che il “nodo” del problema stia nella
autentica metamorfosi subita da una parte della sinistra a partire dagli anni
novanta. E non è colpa della magistratura più militante né del suo sindacato,
beninteso: in Italia la magistratura, e mi riferisco in particolar modo alla
pubblica accusa, dispone di poteri (irresponsabili), strumenti (esorbitanti) e
risorse (illimitate) che la rendono un caso unico nelle democrazie occidentali;
comprensibilmente la stessa difende lo status quo.

No, il problema sta proprio tra noi. Cadmo, il mitico fondatore di Tebe,
seminò i denti del drago appena ucciso e da quelli spuntò, così narra la
leggenda, un esercito intero. A queste latitudini non è morto nessun drago
(qualche innocente di malagiustizia si, come Enzo Tortora, ma questo è un altro
discorso), ma vi è stata – quanta ragione ha Luciano Violante quando denuncia
le responsabilità di certi giornali! – una seminatura quotidiana, infaticabile,
di frattaglie di atti giudiziari, requisitorie, intercettazioni “amorevolmente
accompagnate alla porta” degli uffici giudiziari per dirla con Leonardo
Sciascia.

E cosa ha prodotto questa seminagione dalle parti della sinistra? Un corrusco
esercito di monomaniaci Torquemada alle cozze, portatori di una visione tutta
fumettistica della giustizia e, in ultima analisi, della storia italiana: i
“buoni” da una parte, i “cattivi” dall’altra, “a prescindere”, per dirla con
Totò. Un esercito di sedicenti difensori della “legalità”. Ma di una legalità
mal letta, ridotta ad un acritico ed indiscriminato appoggio alla magistratura
inquirente, rivendicazione del suo potere irresponsabile, opposizione a tutto
quel che alla stessa non aggrada (assoluzioni, amnistia, indulto, appoggio a
Napolitano per il conflitto di attribuzione, etc.).

La mutazione è stata così evidente che è mutato pesino il linguaggio: quanti
vecchi colleghi di assemblee giovanili sorpresi a sghignazzare di fronte al
gergo da sottocultura fascista, fatto di insulti fisiognomici e nomi storpiati
che neppure il peggiore Emilio Fede, di Travaglio, capostipite dei “cavalli di
Ingroia” (la definizione è dell’inarrivabile Guido Vitiello, ma la tentazione
di appropriarmene è troppo forte) della più truce destra legalitaria.
E i magistrati, specie i più forcaioli, che in quelle assemblee, in quei
collettivi erano considerati tutti, nessuno escluso, gli emissari per
eccellenza del potere, anelli della catena di comando (e di repressione) dello
stato oppressore, sono diventati, oggi, tutti amiconi, da ricevere sul divano
della Dandini a predicare legge, ordine e galera con corredo di intrattenimento
comico e musicale.

E allora sulla giustizia in gioco è la stessa idea di stato, di libertà, di
società della sinistra.

Da una parte coloro che pensano che la legalità sia rappresentata sempre e
comunque dalla magistratura, comunque essa eserciti i suoi poteri, incarnata da
magistrati eroi (i “buoni”) in lotta contro tutto e tutti e per i quali l’art.
101 della Costituzione è norma palindroma, dall’altra coloro che credono in uno
stato di diritto da contrapporre alla ragion di stato. Fino a oggi a sinistra
hanno prevalso i primi. A molti va bene così, a me no."


 Che dire se non DE HOC SATIS ! 

8 commenti:

  1. LUIGI URCIOLI

    con questa classe politica è impossibile una riforma della giustizia. Nella magistratura ci sono le mele marce, come in ogni professione, ma rimane l'ultimo baluardo della nostra nazione.

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  2. Luigi tu non fai penale vero ? Civile, come me ?

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  3. MASSIMILIANO ANNETTA

    L'Ultimo Camerlengo ha raccolto le mie impressioni sullo scambio di vedute tra Leonardo Domenici e Beniamino Deidda (e come al solito il mio amico Stefano Turchetti e' stato troppo generoso con me, ma, come si dice in questi casi, "prendo e porto a casa) ps: di fronte a blog come questo penso che coloro che affermano che non si possa fare informazione senza contributi pubblici ai solitigiornaloni o sono in malafede o vivono su Marte

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  4. Per far funzionare la Giustizia; è come sturare un lavandino.!!!
    SOPPRIMERE I CONFINI CIRCONDARIALI PER LE CAUSE CIVILI.
    SOPPRIMERE I TERMINI AI FINI PENALI.!!!
    =ADDENTRATEVI NELLE DISAMINE E VI RENDERETE CONTO CHE IL MARCIO DELLA MANCATA GIUSTIZIA STA' PROPRIO QUI!=

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  5. Ammirata da tanto Coraggio.Questa è la Vera Avvocatura.
    Con Molta Ammirazione.

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  6. E come sempre ve la cantate e ve la suonate da soli e siccome stavolta è uno di sinistra che dice le solite banalità trite e ritrite sono sicuramente vere o peggio l'unica analisi possibile... Intanto l'affermazione per cui i cittadini non si fidano della giustizia su che cosa è basata?? avete delle statistiche? e se si perchè non sono presenti nel testo dell'articolo? o molto piu probabilmente trattasi dell'opinione del gestore del Blog e dei suoi sostenitori che diventa verità universale!! Nel frattempo ci dimentichiamo di dire esattamente quali siano le funzioni dei PM e dei Giudici giudicanti portando esempi ( secondo la mia opinione ovviamente ) di serie z su presunti arbitri amici di presidenti che ben lungi dall'informare qualcuno alimentano quella mistificazione sulla giustizia Italiana tanto cara a chi è potente e pensava di essere immune bisognerebbe raccontare che il PM tutela gli interessi della collettività, l’avvocato quelli del suo cliente. Per il PM non è importante che l’imputato venga condannato; è importante che il colpevole venga condannato. E quindi, se l’imputato non è colpevole (perché le prove raccolte contro di lui si rivelano non convincenti, insufficienti, contraddittorie) il PM ha l’obbligo di chiedere che venga assolto. In realtà, al di là dell’obbligo, al PM non salta nemmeno in testa di chiedere la condanna di un imputato che ritiene innocente o per il quale le prove raccolte gli sembrano insufficienti. Alla fine, nel PM, si riassume il ruolo di accusatore e difensore: egli cerca di capire se l’imputato è colpevole o innocente; e, quando crederà di aver capito chiederà al Giudice la condanna o l’assoluzione.
    !! Quello che non si racconta in questa narrazione cosi precisa sono le conseguenze negative che la separazione delle carriere porterebbe e le opinioni di giuristi del calibro di Gustavo Zagrebelsky o Valerio Onida sull'argomento ..e mi fermo qui ma la mia opinione è che questa è cattiva informazione!!

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    1. Allora, proviamo a restare sereni nonostante il commento lo sia poco. Però è educato e quindi rimane, che l'unica censura di questo Blog è contro la maleducazione.
      Un articolo, Mauro, NON è un saggio, quindi non è che ogni volta possono essere riportati dati statistici e tutti i numeri e gli esempi che dimostrano come Massimo Annetta abbia ragione e lei torto.
      Con lo stesso spirito, io potrei biasimarla per non esserli andato a leggere il centinaio e passa articoli presenti sulla cattiva giustizia nel nostro paese, trovando anche i numeri che cerca.
      Dunque, 30 anni fa, quando mio padre era magistrato (quindi Mauro, parlo di una categoria che conosco dalla nascita, e non solo dai 26 anni , quando ho iniziato a fare l'avvocato, e posso assicurarle che è in atto un grande declino delle toghe) i giudici erano l'istituzione che nella fiducia e nella stima degli italiani, venivano subito dopo il Presidente della Repubblica, l'Arma e i Vigili del Fuoco. Non primi dunque, ma in alto. A quei tempi era parte della sinistra a fare il contro canto a questo favore, crticando i magistrati troppo amici del "potere". Poi venne Tortora...un personaggio estremamente popolare. La vergogna di quella pagina, dove i giudici che lo perseguitarono non solo non vennero puniti ma hanno proseguito la loro carriera, segnò l'inversione di rotta. Poi venne Mani Pulite, con i giudici che "supplivano" (parole di Borrelli, le ricorda ? ) all'assenza delle istituzioni, corrotte. Una supplenza carente, a giudicare dai risultati, dopo 20 anni. COn l'inizio della guerra contro Berlusconi è poi accaduto che TUTTI i casi di mala giustizia, che riguardavano gente comune, iniziarono ad essere pubblicizzati. E' vero, venivano anche enfatizzati, che servivano alla "guerra", ma non è che per questo fossero meno veri. I radicali, non dei pericolosi berlusconiani, che le loro battaglie civili . per le quali noi oggi abbiamo il divorzio, l'aborto e altre varie cosette - le fanno da 40 anni, quindi ben prima del conflitto noto, hanno presentato i referendum per la "giustizia giusta" e molti riguardavano il ridimensionamento delle prerogative dei magistrati : separazione delle carriere, vera responsabilità civile, riforma della custodia cautelare...Nel farlo, ricordavano un dato che non è statistico, prorpio numerico : dalla nascita della Repubblica ci sono stati 4 milioni di errori giudiziari. 4 milioni ! Le sembrano pochi Mauro. Certo, divisi per gli anni trascorsi, fanno "solo" 60.000 l'anno, magari a lei non sembrano tanti, visto quanti procedimenti sono aperti ogni anno...Le statistiche. Fonte Eurispes anno 2012. La fiducia italiana nei magistrati ha una percentuale del 36%. Un italiano su tre. Si consoli,lei fa parte di una folta minoranza.

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    2. La descrizione dei ruoli astratti è corretta (il PM che rappresenta lo Stato, che valuta gli elementi di colpevolezza ecc. ecc.) ma è il COME troppi esercitano questo ruolo che viene discusso. E si vogliono per questo delle riforme. Il difensore lei lo svilisce un po' troppo, che è vero che nei singoli casi rappresenta il cliente, ma in generale tutela un diritto consacrato nella Costituzione e che ha nobiltà storica risalente all'invenzione dell'istituto dell'Habeas corpus, introdotto con la Magna Charta nel 1200, e fu una rivoluzione contro l'assolutismo della (non)giustizia del Re.
      Infine, lei sembra considerare l'intervento di Massimiliano Annetta come l'"utile idiota" nel campo della sinistra.
      E questo è un insopportabile malcostume. Lei cita Zagrebelski e Onida. Dovrebbe fare uno sforzo diverso, che questa è solo la gente "sua", ci sono anche altri.
      In questo Blog lei troverebbe spesso citati autori come Caldarola, Sansonetti, Sofri, Ricolfi...tutte persone variamente di sinistra, e da decenni. Che io LEGGO. Dubito che lei legga cose diverse da Repubblica e Micromega. Per dire che legge solo i SUOI autori, e non Panebianco, Ostellino Giacalone, Galli della LOggia, Orsina, grandi opinionisti liberali.
      Falcone, un'icona della Giustizia italiana, voleva la separazione delle carriere, e per questo era attaccato ferocemente dai colleghi di MD, contro i quali giustamente la Boccassini ebbe parole di disprezzo assoluto per l'ipocrita cordoglio il giorno dopo l'omicidio del grande Procuratore. E Sciascia suggeriva di far fare un po' di carcere agli uditori giudiziari. Così, per provare l'effetto che fa.
      Concludo con dei numeri sono certo noti anche a lei, che sono due mesi che si leggono.
      In Italia ci sono 65.000 detenuti circa, un terzo oltre la capienza (lasciamo perdere la fatiscenza) e oltre 12.000 in attesa di PRIMO giudizio. Il numero sale oltre i 20.000 considerando gli altri gradi. Così, incidentalmente, rammento che in carcere bisognerebbe andarci solo DOPO una condanna definitiva, che fino al terzo grado dovrebbe vigere, sempre per la costituzione, la presunzione di NON colpevolezza.
      Stavolta i numeri ci sono.
      Il male informato è lei, che legge con strabismo.

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