giovedì 9 gennaio 2014

CALABRESI, PINELLI, SOFRI E LE SENTENZE CHE NON CAMBIANO LE CONVINZIONI (E CHE NON SONO VERITA')


Quando leggo e sento le persone dire "le sentenze si rispettano" o, ancora peggio, che qualcuno è colpevole o innocente perché così dice una sentenza, sorrido amaro. Se poi a dirlo sono amici avvocati l'amarezza aumenta (se invece a dirlo sono dei giudici taccio e metto le mani in tasca, così, per prudenza). 
La fiction RAI dedicata alla vicenda di Luigi Calabresi, commissario di polizia assassinato nel maggio 1972, è stata criticata aspramente da tanti. Io l'ho vista, non mi è sembrata un granché e nemmeno questa nefandezza. In modo mediocre ha riportato i fatti e i dubbi di allora e di oggi, senza voler disturbare le convinzioni di una parte e dell'altra, proponendo delle due vittime principali, Calabresi appunto e anche Pinelli, la stessa immagine di innocenti martiri di quegli anni bui, i '70, che pure qualche matto (Mario Capanna non è il solo, ancorché ci abbia titolato un libro) definì "formidabili".
Molti penseranno che Calabresi sia stato descritto in maniera troppo buonista, e con lui  i suoi poliziotti, e che non si è voluto lasciare nessun dubbio sulla sua innocenza riguardo la morte di Pinelli. Però, dopo più di 40 anni, è questa la narrazione che più vastamente si è affermata, e non era facile, visti gli inizi. 
La versione del suicidio non viene certo avallata, e nemmeno quella emersa dalla sentenza del processo sulla sua morte, il malore, ha avuto spazio (peraltro non si è nemmeno detto che la riesumazione del cadavere e la nuova autopsia, finalizzata ad accertare la morte per un colpo di karate, smentì la fantasiosa ipotesi colpevolista).
Semplicemente, rimane un episodio su cui la verità storica non è emersa, e non è quella del Tribunale che la sostituisce. 
E qui si ritorna alla premessa. Una sentenza su quella morte c'è, e scagiona completamente non solo Calabresi, che nella stanza al momento della caduta di Pinelli nemmeno c'era, ma anche quelli che invece erano presenti. E' la verità ? 
Per alcuni sì, per altrettanti, ( forse ancora oggi i di più), no. E non è il giudicato, la definitività della pronuncia giudiziaria a cambiare le convinzioni delle persone e quindi questa realtà : le sentenze sono decisioni che determinano conseguenze, non verità storiche , e fa un po' pena il dr. Caselli quando calca i teatri italiani dicendo che Andreotti era colpevole perché così  "ha scritto la Cassazione, pur non condannandolo". No caro ex procuratore, non funziona così. La Cassazione, e le corti prima di essa, potevano condannare o assolvere Andreotti in base alle leggi, e lo hanno assolto. Questa è l'unica verità giudiziaria oggettiva, la SOLA che può uscire da un'aula di giustizia. Quella assoluta, appartiene a Dio, per chi ci crede, e quella storica, sempre opinabile, in genere acquista maggiore autorevolezza a distanza di molto tempo dai fatti considerati. Lei, Caselli, non è Dio, e nemmeno uno storico, essendo anzi un protagonista attivo e coinvolto della vicenda.
Mentre vedevo il programma su Calabresi,  pensavo ad Adriano Sofri, capo di Lotta Continua in quegli anni, e condannato, dopo un'odissea giudiziaria che ha rari precedenti, per l'omicidio del commissario, insieme a Bompressi e Pietrostefani. Li accusò, dopo 16 anni !, Leonardo Marino, che pure si è fatto vari anni di prigione come complice di quel delitto. 
Sofri si assunse, nel tempo, la responsabilità morale  dei delitti  commessi dai suoi di Lotta Continua, di cui era il leader indiscusso, e quindi anche dell'omicidio Calabresi, ma si è sempre professato innocente dell'assassinio vero e proprio. Non ne fu il mandante, non diede mai questo ordine.
Io gli credo, e non mi fanno cambiare idea le sentenze pronunciate in nome del popolo italiano (tra cui peraltro ci sono anche una cassazione della prima sentenza di condanna e un'assoluzione...).
Probabilmente sarò condizionato dalla stima che ho per l'uomo uscito cambiato da quell'esperienza, con una umanità e sensibilità del tutto incompatibili con gli articoli violenti degli anni in cui era stato il capo dell'extraparlamentarismo rosso che tanto contribuì alla nascita delle brigate rosse e formazioni similari.
Un uomo dalla schiena dritta, che è stato in Jugoslavia e Cecenia a testimoniare e denunciare gli orrori della guerra, che non ha mai chiesto la grazia, si è fatto 10 anni di prigione e alla fine è uscito per i meccanismi complessi del nostro regime carcerario che prevedono permessi e sconti ai reclusi meritevoli e/o malati.  E già perché la Costituzione (che piace i giorni pari e non la domenica) all' art. 27 recita che la pena è finalizzata al recupero del reo. 
Condizionati come me devono essere molte migliaia di persone che hanno firmato ai tempi la richiesta di grazia per Sofri e si sono battute per la revisione del suo processo (fatta, ma conclusasi negativamente). 
Tornando a  Calabresi, fu definito il "torturatore" di Pinelli, in una ignobile lettera appello comparsa sull'Espresso nel maggio del 1971. e firmata da 757 persone più o meno famose,  di cui cito, a biasimo imperituro di quel gesto, Nello Ajello, Giorgio Amendola, Giulio Carlo Argan, Andrea Barbato, Alberto Bevilacqua, Bernardo Bertolucci, Norberto Bobbio, Giuseppe Caldarola, Liliana Cavani, Camilla Cederna (la promotrice...), Lucio Colletti, Furio Colombo, Roberto D'Agostino, Tullio De Mauro, Umberto Eco, Federico Fellini, Dario Fo, Natalia Ginzburg, Vittorio Gorresio, Renato Guttuso, Margherita Hack, Primo e Carlo Levi, Paolo Mieli, Alberto Moravia, Toni Negri (!!), Giancarlo Pajetta, Ferruccio Parri, Pierpaolo Pasolini, Franca Rame, Carlo Rossella, Natalino Sapegno, Eugenio Scalfari, i fratelli Taviani, Tiziano Terzani, Lucio Villari.
Un vero parterre de roi....
Probabilmente molti si sono pentiti, ma pochi lo hanno detto pubblicamente, e tra questi sono contento ci siano Bobbio e Mieli.  
Giampaolo Pansa, sia detto a sua lode, che pure all'epoca era tra i rampanti del giornalismo sinistrese, si rifiutò di firmare. 
Calabresi ebbe una medaglia d'oro al valore civile ma magari potrebbe essere il riconoscimento di uno Stato dalla cattiva coscienza...
Però viene anche considerato un ottimo cristiano. Più precisamente,  un " servo di Dio" ,  martire per la giustizia, le cui qualità cristiane furono riconosciute da Papa Paolo VI. "Testimone del Vangelo e eroico difensore del bene comune" per Giovanni Paolo II, ed  è iniziato anche un processo di beatificazione.   
La fede cristiana del commissario, che trova origine nella partecipazione giovanile al movimento "Oasi" di padre Virginio Rotondi, fu di conforto nel periodo in cui era sotto accusa per la morte di Pinelli, tanto che il commissario ebbe a dichiarare a Giampaolo Pansa : «Da due anni sto sotto questa tempesta e lei non può immaginare cosa ho passato e cosa sto passando. Se non fossi cristiano, se non credessi in Dio non so come potrei resistere...»
Analoga testimonianza di fede diede Calabresi all'amico Enzo Tortora.
Roba strana per un torturatore...


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