Facciamo l' ipotesi drammatica che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone alla fine siano veramente condannati a morte, lo stato italiano, NOI, che facciamo ? E coloro che consentirono la ripartenza dei due marinai, intimoriti dalle minacce di ritorsioni indiane, che diranno , Napolitano e Monti su tutti ?
Ci siamo fidati delle promesse di un paese che dopo due anni non lo ha nemmeno iniziato il processo e che dimostra anche con nazioni internazionalmente di altro spessore di avere una visione molto particolare del diritto internazionale (mi riferisco alla querelle con gli USA a proposito della incriminazione di un vice console indiano che avrebbe sottopagato del personale e che voleva avvalersi dell'immunità diplomatica che, nel caso di specie, si sostiene in Amercia che non spetti. Nelle more, in India hanno fatto come per i Marò : applicato una serie di ritorsioni sugli americani presenti nell'ambasciata americana) e che ora ci dice che nelle prossime 48-72 ore ci farà sapere che tipo di umputazione ma soprattutto che LEGGE sarà ritenuta applicabile al caso... DUE ANNI ! Noi siamo lenti ma questi...
Oltretutto ritorna il problema del clima elettorale, che lì ci saranno le elezioni in maggio e si teme che questo possa pesare su una sentenza che l'opinione pubblica indiana, convinta della colpevolezza degli italiani, vuole sfavorevole e dura nei conronti dei due marò.
Questa cosa non è nemmeno nuova, che già ai tempi della detenzione nella regione del Kerala, dove inizialmente Latorre e Girone furono proditoriamente presi in consegna dalle autorità indiane, tutto veniva rallentato a causa delle elezioni di quello stato (l'India è una confederazione, come gli USA) .
Insomma tira un'aria pessima, e da noi il partito dei colpevolisti cresce, favorito anche, a mio avviso, dai soggetti più vicini al governo e alle istituzioni, dove preferiscono, in vista della mala parata, che si diffonda la convinzione che in fondo si, sono nostri marinai, ma pur sempre dei probabili assassini...
Laddove, ad oggi, non c'è alcuna prova nemmeno che quegli indiani li abbiano uccisi loro, o, nell'eventualità, che le vittime fossero veramente degli innocenti pescatori e non due pirati finiti male.
Che in quei mari non è che la pirateria la fanno con le navi corsare battenti bandiera nera, con tibie e teschio. Come perfettamente illustra il film tratto da una storia vera, comandante Philips, la caccia alle grandi navi mercantili che navigano da quelle parti viene fatta con barche semplicissime, e quindi anche normali pescherecci, e i pirati sono spesso dei morti di fame che vengono arruolati di volta in volta nei villaggi come manovalanza dai capi di questo business criminale.
Purtroppo sono domande che non troveranno mai nemeno risposta, che certo non me ne aspetto, di verosimili e imparziali, da un tribunale indiano. Non dopo quello che si è visto in questi due anni.
Vediamo cosa accadrà nei prossimi giorni e anche cosa faranno i nostri eroi al governo, se veramente emergesse alla fine che il processo venga celebrato con questa spada di Damocle sulla testa.
Faccio presente che, nei paesi occidentali, credo tutti, e l'Italia è tra questi, l'esistenza della pena capitale nel paese che deve celebrare un processo dove la stessa sarebbe in astratto applicabile è motivo di divieto di estradizione, e questo quando da noi finiscono assassini di altri paesi che ce li richiedono.
Noi invece agli indiani, che applica la pena di morte, abbiamo riconsegnato due NOSTRI cittadini...
Sicuramente ci sarà chi dirà che avevamo promesso, ma è tesi che non mi convince. Intanto è un ragionamento che si fa sulla pelle degli altri, che ricorda una battuta volgarissima ma efficace che riporto sola in parte ma che ben si capisce : facile fare i...con "quello" degli altri . Ma a parte la vis polemica, uno Stato ha il dovere di salvaguardare in ogni modo i suoi cittadini e ancora di più se sono suoi militari che rischiano la vita in nome della divisa che indossano. Se, come penso, l'India ha violato varie e importanti norme di diritto - internazionale , procedurale e dell'uomo - in questa vicenda, il mancato mantenimento di un impegno sarebbe stato un male sopportabile (senza contare che NON li abbiamo rimandati per questo...ma perché intimiditi dalle ritorsioni minacciate) pur di garantire l'incolumità dei nostri marinai.
Questa vicenda, da subito brutta, condotta pessimamente, minaccia di finere male. Molto.
Marò, torna l’ipotesi della pena di morte
Governo indiano: decisione in 2-3 giorni
Potrebbe esserci la richiesta della Nia di esecuzione capitale e poi
la rinuncia chiamando in causa l’impegno dell’esecutivo con l’Italia a
non applicarla.
De Mistura: inaccettabile ricorso legge pirateria. Oggi riunione Letta-Bonino
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rischino una condanna a morte, un’intesa raggiunta nelle ultime ore in
India a livello inter-ministeriale riproporrebbe uno scenario che
contempla la pena capitale.
La Nia, la polizia anti-terrorismo cui sono state affidate le indagini sull’omicidio di due pescatori avvenuto il 15 febbraio 2012 al largo della costa dello Stato sud-occidentale del Kerala, avrebbe infatti ricevuto «il via libera per formulare le accuse sulla base della sezione 3» della Sua, la legge del 2002 in materia di sicurezza marittima. Si tratta di una normativa che, pur se con finalità di repressione del terrorismo e della pirateria, stabilisce sia punita con la pena capitale qualsiasi azione dalla quale sia stata provocata la morte di una persona in mare.
La prospettiva, stando a fonti governative riservate citate dal quotidiano «Hindustan Times», sarebbe frutto di un accordo raggiunto durante un mini-vertice a New Delhi tra i ministri competenti: lo stesso Kurshid, il titolare della Giustizia, Kapil Sibal, e quello dell’Interno, Sushil Kumar Shinde. Quest’ultimo si è affrettato a precisare che «erano molti i problemi da discutere» e che una decisione non è ancora stata presa, ma «lo sarà nel giro di due o tre giorni». Alle 16,30 è in programma una riunione a Palazzo Chigi con il premier Enrico letta e il ministro degli Esteri, Enna Bonino, al termine della quale sarà diffuso un comunicato. Se l’India decidesse di ricorrere al `Sua Act´, la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte, sarebbe «inaccettabile» e «noi nel caso prenderemmo le nostre contromisure», dice ai microfoni di Rainews l’inviato del governo per il caso, Staffan De Mistura.
Stando a indiscrezioni che circolano sui mass media in India,la Nia potrebbe decidere un rinvio a giudizio per una fattispecie che contempli la condanna a morte, salvo poi rinunciare a richiedere la pena capitale per l’impegno a non applicarla assunto dal governo indiano con l’Italia. A rallentare la decisione sul rinvio a giudizio sarebbero proprio le garanzie accordate dal capo della diplomazia di Delhi, che adesso sarebbe giunto tuttavia a un compromesso con i colleghi di gabinetto. Un quadro così confuso, che muta da un giorno all’altro, non induce all’ottimismo. Sempre a detta dell«Hindustan Times», il benestare per rinviare a giudizio i marò per reati punibili con la pena di morte, a questo punto potrebbe giungere alla Nia in qualsiasi momento.
La Nia, la polizia anti-terrorismo cui sono state affidate le indagini sull’omicidio di due pescatori avvenuto il 15 febbraio 2012 al largo della costa dello Stato sud-occidentale del Kerala, avrebbe infatti ricevuto «il via libera per formulare le accuse sulla base della sezione 3» della Sua, la legge del 2002 in materia di sicurezza marittima. Si tratta di una normativa che, pur se con finalità di repressione del terrorismo e della pirateria, stabilisce sia punita con la pena capitale qualsiasi azione dalla quale sia stata provocata la morte di una persona in mare.
La prospettiva, stando a fonti governative riservate citate dal quotidiano «Hindustan Times», sarebbe frutto di un accordo raggiunto durante un mini-vertice a New Delhi tra i ministri competenti: lo stesso Kurshid, il titolare della Giustizia, Kapil Sibal, e quello dell’Interno, Sushil Kumar Shinde. Quest’ultimo si è affrettato a precisare che «erano molti i problemi da discutere» e che una decisione non è ancora stata presa, ma «lo sarà nel giro di due o tre giorni». Alle 16,30 è in programma una riunione a Palazzo Chigi con il premier Enrico letta e il ministro degli Esteri, Enna Bonino, al termine della quale sarà diffuso un comunicato. Se l’India decidesse di ricorrere al `Sua Act´, la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte, sarebbe «inaccettabile» e «noi nel caso prenderemmo le nostre contromisure», dice ai microfoni di Rainews l’inviato del governo per il caso, Staffan De Mistura.
Stando a indiscrezioni che circolano sui mass media in India,la Nia potrebbe decidere un rinvio a giudizio per una fattispecie che contempli la condanna a morte, salvo poi rinunciare a richiedere la pena capitale per l’impegno a non applicarla assunto dal governo indiano con l’Italia. A rallentare la decisione sul rinvio a giudizio sarebbero proprio le garanzie accordate dal capo della diplomazia di Delhi, che adesso sarebbe giunto tuttavia a un compromesso con i colleghi di gabinetto. Un quadro così confuso, che muta da un giorno all’altro, non induce all’ottimismo. Sempre a detta dell«Hindustan Times», il benestare per rinviare a giudizio i marò per reati punibili con la pena di morte, a questo punto potrebbe giungere alla Nia in qualsiasi momento.
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