venerdì 10 gennaio 2014

E L'AVVOCATO BONGIORNO SEPARA RAFFAELE DA AMANDA. INNOCENTI TUTTI E DUE, IL MIO CLIENTE DI PIU'


L'arringa dell'avvocato Bongiorno, difensore di Raffaele Sollecito, nel secondo processo d'appello, che si tiene a Firenze, dopo che la Cassazione aveva annullato l'assoluzione della Corte di Perugia.
DI seguito, ne trovate ampi stralci presi dal quotidiano La Nazione. 
La novità è che, per la prima volta, Raffaele e Amanda vengono "separati" . La Bongiorno non butta a mare l'americana, dice sempre che entrambi i ragazzi sono innocenti, però per la prima volta fa dei distinguo, sottolinea che mentre Amanda potrebbe essere collocata  nel luogo del delitto stando alla sua confessione iniziale ( estorta, dirà poi, smentendola), Raffaele NO. Quindi la prima non è colpevole però chissà magari un remoto dubbio...  ma Raffaele è certamente innocente !....
Insomma, della serie, se proprio dovete trovare un complice a Guede, che la condanna definitiva se l'è già presa, cercatela semmai oltre oceano ma lasciate in pace il mio cliente. 
Molte le accuse agli inquirenti, specie alla polizia giudiziaria - "in questo processo ci sono pagine nere"...magari fossero solo in questo direi-  e frequente l'ironia.
" Il gancetto è l'unico elemento che porterebbe Sollecito nella stanza di Mez....." un reperto, osserva il difensore " che solo nel filmato della polizia è stato toccato 14 volte; a Maradona bastarono 11 tocchi per fare il gol del secolo..."
Ancora : " Se per l'accusa Amanda e Raffaele hanno pulito le loro tracce, io mi domando come sia possibile pulire il proprio DNA e lasciare quello di Guede; se c'è un metodo me lo dicessero, io lo brevetterei...". 
Già che c'era, pura una citazione al Bunga Bunga, che è quello che NON facevano i due giovanotti, che evocare, denigrandolo, il Cavaliere magari porta bene.
Sentenza il 30 gennaio, salvo rinvii, sempre possibili. 
Raffaele ha detto che resterà in Italia, Amanda non si farà vedere.
E lo credo bene. 
Ecco il servizio della Nazione.it



Processo Meredith, la difesa di Sollecito: "Raffaele e Amanda innocenti, assolveteli. L'unico assassino è Guede"

Firenze, 9 gennaio 2014 - "Contro Raffaele Sollecito non ci sono indizi reali, tenete conto che un processo deve avere delle prove, qui ci sono solo mezzi indizi. E' giunto il momento di valutare veramente cosa c'è a carico di Sollecito. Lui e Amanda sono innocenti. Assolveteli".
Così l'avvocato Giulia Bongiorno nella sua arringa di oltre sei ore  in difesa di Raffaele Sollecito, imputato (con Amanda Knox) per l'omicidio di Meredith Kercher (la ragazza inglese uccisa il 1° novembre 2007 a Perugia), nel processo di appello-bis in corso a Firenze. Per "concorso" in questo omicidio è già stato condannato in via definitiva Rudy Guede, a 16 anni con rito abbreviato.

L'avvocato Bongiorno comincia la sua arringa citando l’orda feroce giustizialista dei processi della Rivoluzione Francese, ricordando come, dopo l'assoluzione in appello dei due imputati) "una folla arrabbiata circondò noi avvocati difensori, gente che non conosceva nemmeno una pagina del processo".
Secondo Bongiorno "a Raffaele Sollecito è stato attribuito subito il marchio di assassino, già quattro giorni dopo pur senza nessun indizio, nessun elemento concreto. Si è scelto il movente ideale, quello che tranquillizzava tutti e che faceva meno paura a Perugia, non il mostro che entra di notte in un appartamento e violenta e uccide una studentessa, ma quello di un festino a luci rosse andato male. Gli investigatori hanno seguito criteri lombrosiani, partendo dal movente ideale del festino finito male, Amanda sembrava la colpevole perfetta, così americana, così disinibita e sexy. Pure con un cognome sexy, come 'Foxy Knoxy', ma si tratta di un soprannome che dipende dalla sua capacità di fare dribbling giocando a calcio".
Bongiorno, cominciando a mostrare una serie di diapositive, torna poi sulle impronte di scarpe trovate sul luogo del delitto: "Sono state attribuite a Raffaele per un errore grossolano"
Tornando all'interrogatorio e al memoriale della notte in cui Amanda tira in ballo ingiustamente Patrick Lumumba, Bongiorno ricorda che Amanda mette sé stessa sul luogo del delitto ("quindi, assurdo pensare che  voglia depistare") e che tutto avviene "senza avvocato, con investigatori che fanno pressioni (due di loro espressero offese nei confronti delle zie di Sollecito nell'ascoltare le intercettazioni) e con un'interprete che non si limita a tradurre, ma che, come ammette lei stessa, svolge il ruolo di medium, mediatrice, per aiutare la persona a capire i suoi bisogni rappresentandoli".
Insomma, per l'avvocato Bongiorno, l'interprete (raccontando un fatto personale, un grave trauma che la portò a non ricordare più nulla) suggestionò Amanda nel fare quelle dichiarazioni.
"Amanda, comunque _continua Bongiorno_ non tira mai in ballo Raffaele Sollecito, nemmeno quando gli investigatori le dicono che lui l'accusa". 

Per la legale di Sollecito, "in questo processo il movente è considerato un optional, ma non può essere così in un processo indiziario. Il procuratore generale astutamente lo cambia dal festino a luci rosse alle liti per la pulizia della casa e per l’uso smodato del water da parte di Rudy Guede. Ma cosa c’entra in questo Raffaele che conosce Amanda da 9 giorni, che non conosce Rudy Guede e nulla c’entra con queste liti di una casa che ha appena cominciato a frequentare?". Oltretutto, sottolinea Bongiorno Amanda e Raffaele stavano insieme da nove giorni e il loro rapporto era tenero: "Si baciavano con il naso, come gli eschimesi. Facevano "unca unca", non certo il bunga bunga".
Continua Bongiorno: "Il testimone che parlò dell’amicizia tra Raffaele e Rudy Guede è stato smentito, assurdo pensare che i due si siano conosciuti quella notte e se il movente fosse quello del festino a luci rosse finito male, certo Guede (che era poco gradito per i suoi comportamenti) non sarebbe stato invitato".
Riguardo al tentativo di depistaggio di cui sono accusati Amanda e Raffaele (per aver detto di aver chiamato il 112 prima dell’arrivo della polizia, mentre secondo l'accusa lo avrebbero fatto dopo) con altre diapositive e una ricostruzione oraria dalla telecamera di sorveglianza, vicina alla casa dove avvenne il delitto, sostiene che, invece, "la telefonata ai carabinieri era arrivata prima dell’arrivo della polizia e proprio Raffaele invita Amanda a chiamare prima Meredith, poi le amiche per verificare cosa fosse accaduto nella casa avendo trovato cose strane”.
Secondo Bongiorno, poi, “nessuna perizia parla di più soggetti sul luogo del delitto. Nessun perito dice che, essendoci ferite di tipo diverso allora ci sono state più persone a colpire Meredith”.
Dopo la pausa, Bongiorno affronta il tema del dna trovato sul gancetto del reggiseno della vittima e attribuito, in primo grado a Sollecito. Il legale sottolinea il fatto che il gancetto non sia stato repertato al primo dei due sopralluoghi (divisi da 46 giorni) e che tra i due sopralluoghi circa una ventina di persone (ovviamente inquirenti) è entrata nella stanza dove avvenne il delitto. “Furono spostate tante cose, tanti oggetti, e il gancetto fu trovato solo nel secondo sopralluogo dopo essere stato toccato in maniera impropria almeno 14 volte e poi rimesso a terra al contrario”, dice Bongiorno mostrando foto e spezzoni dei video realizzati durante i sopralluoghi.
“Dalle immagini e dal raffronto del gancetto nel primo sopralluogo (appare nel video, ma non viene repertato, ndr) appare evidente che il gancetto sia stato spostato, toccato con guanti sporchi e calpestato”, dice Bongiorno. “Insomma _continua il legale di Sollecito_ quel gancetto è come fosse stato preso in una discarica”.
Quindi Bongiorno ha posto l’attenzione sul modo in cui la traccia di dna trovata sul gancetto (“una traccia commista, con più di due profili presenti) sostenendo che sono stati fatti degli errori nella lettura dei dati, “non è stata fatta una seconda amplificazione” e che “non si è trovato il dna di Sollecito sul gancetto, ma si è partiti dal dna di Sollecito per vedere se poteva essere in qualche modo compatibile con quel guazzabuglio di profili genetici”. 

Contestata dalla difesa anche l’arma del delitto: “Non è il coltello trovato a casa di Raffaele _continua Bongiorno_ la profondità delle ferite non è compatibile con la lunghezza del coltello”. Secondo  Bongiorno, quindi, l’arma del delitto sarebbe stato un coltellino molto più corto, con una lama di 8 centimetri.
Poi l’orma del piede sul tappetino del bagno, dall’accusa attribuite a Raffaele: “Per fortuna Raffaele ha un difetto fisico che lo porta a non appoggiare la parte finale dell’alluce. Quell’orma non è compatibile con questo difetto (anche qui Bongiorno mostra alcune foto), per cui non può essere di Sollecito”. Bongiorno, poi ritiene plausibile l’ipotesi che qualcuno (nel caso Rudy Guede) si sia introdotto nell’appartamento attraverso la finestra dopo averla rotta come già fatto in altri tre appartamenti, sempre in periodi festivi o prefestivi. Nella sua ricostruzione Bongiorno spiega che l'aggressione da parte del solo Guede ai danni della vittima, sarebbe avvenuta intorno alle 21.10 e Meredith Kercher sarebbe stata colpita da dietro.
L'accusa, rappresentata dal pm Alessandro Crini, ha chiesto una condanna a 30 anni per Knox (26 per omicidio volontario e 4 per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba) e 26 per Sollecito.
Intanto, lo sciopero degli avvocati fa slittare anche udienze e sentenza del processo per l'omicidio di Meredith Kercher. Infatti, il calendario delle udienze ha subito alcune modifiche anche per esigenze organizzative del Tribunale di Firenze dove si celebra l'appello-bis.
Il 20 gennaio ci saranno le repliche (inizialmente previste per venerdì 10), mentre per il 30 è attesa la sentenza (in un primo tempo la camera di consiglio era fissata per il 15 gennaio). Fino a quella data Raffaele Sollecito ha detto "Resto in Italia". Decisa la risposta dell'imputato a chi gli chiedeva se avesse in programma altri viaggi prima della fine del processo. Sollecito si era presentato in aula a Firenze di buon mattino aiutando, insieme al padre, a montare il videoproiettore e lo schermo poi usato dai suoi avvocati nelle loro arringhe. A fine udienza proprio il padre di Sollecito, Francesco, conferma le intenzioni del figlio: "Penso che ve lo abbia già ampiamente dimostrato, che non ha nessun motivo, nessuna intenzione, di sottrarsi al processo".





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