giovedì 13 febbraio 2014

A FEBBRAIO 2013, CAUSA RISULTATO ELETTORALE, ERA IMPENSABILE UN GOVERNO DI LEGISLATURA, OGGI SI. PERCHE' ?



Alla fine si è trattato del ruggito del coniglio. Letta, al dunque, ha abbassato le orecchie e ha evitato psicodrammi. In direzione non c'è andato e, incassato il voto di sfiducia sostanziale che si immaginava, domani andrà da Napolitano a dare le dimissioni. Monti e Letta non sono stati capricci del Quirinale, ma nemmeno hanno avuto 'sta grande riuscita. Il primo, dopo una partenza lanciata, anche grazie al marosi dello spread e della speculazione finanziaria, ha primo rallentato per poi impaludarsi. Non avendo capito che la sua stagione era già finita, il bocconiano si presentava alle elezioni, ottenendo un risultato largamente inferiore alle aspettative per poi scomparire dai radar (oggi la sua Scelta Civica è spaccata, e con sondaggi da prefisso telefonico). Letta non è durato un anno, 10 mesi di mediocrità assoluta, visto che le larghe intese all'inizio erano solo nei voti, che di intesa c'era poco e nulla, e quando sono diventate piccole ma si sperava più coese, è arrivato Renzino a fargli la festa. "Enrico deve stare sereno" dixit l'uomo che pugnala davanti...
Chi legge il Camerlengo conosce le critiche al governo che oggi finisce, quindi una prece.
Il modo però è veramente barbaro. Non inconsueto, che Casini potrebbe raccontare come queste fossero prassi nelle stanze di Piazza del Gesù, però parlare di nuovo che avanza fa ridere.
Leggevo oggi che se quello tra Letta e Renzi ieri era stato uno scontro duro, di più lo era stato quello tra il Premier dimissionario e l'ex alleato (e ex amico) Dario Franceschini. Che se Renzi ti uccide ma da davanti - così sostiene lui ma questa cosa forse inizia a non essere più del tutto vera - Franceschini appartiene alla categoria dei maramaldo . Quando qualcuno mi chiede perché, vista la mia passione per la politica, fin da ragazzo, non ne abbia mai fatto di attiva, cito esempi come questo. Al posto di Enrico Letta io Dario Franceschini non lo facevo uscire con le gambette sue dopo quello che mi aveva fatto. E comunque poi non ero certo in grado di fare finta di nulla. Invece questi se ne fanno di ogni...e poi dopo qualche tempo, nemmeno troppo, sono di nuovo a braccetto (fino al prossimo tradimento). CI vuole pelo sullo stomaco, che, in questa misura, a me manca. 
Renzi dunque diventerà Premier, che era quello che voleva, anche se, a ricordare i suoi discorsi (ma serve ricordare le parole dei politici ? specie di quelli della razza di Berlusconi e Renzi ? ) , non era questo il modo, ma vabbè, a caval donato. E poi, se un Re potè dire "Parigi val bene una messa", mo' Renzi dovrebbe fare lo schizzinoso ?  In realtà anche osservatori non critici con lui, come Giovanni Orsina, ripetono lo stesso concetto : una scelta assai rischiosa la sua, che si appropria della poltrona in modo bizantino, che più vecchia politica non si può, avendo un compito comunque difficilissimo davanti.
"Tutta questa operazione in definitiva avrebbe un senso, per Renzi e soprattutto per l’Italia, se il nuovo governo conseguisse dei risultati davvero rilevanti. Il Paese a quel punto condonerebbe assai volentieri qualsiasi peccato d’origine o difetto di legittimazione. Col piglio che lo caratterizza, il sindaco di Firenze ostenta in proposito grande ottimismo. Ma l’analista dev’essere assai più prudente. Politicamente, certo, Renzi è molto più forte di Letta. Non è fortissimo, però – e non lo è anche a motivo della mancanza di legittimazione elettorale e di una maggioranza politicamente coesa. Al di là della complessità straordinaria dei problemi dell’Italia, insomma, proprio il suo peccato d’origine potrebbe alla fine impedire a Renzi di raggiungere quei risultati che soli farebbero dimenticare il suo peccato d’origine ".
Mi pare detto molto bene. Aggiungo un'osservazione personale. Nel 2011 e 2012 Renzi mi era simpatico e lo guardavo con favore (il mio amico Paolo Cavuto, elettore PD e Liberal, quindi non certo mosso da massimalismo di sinistra, mi esortava alla prudenza. Mi sa che alla fine avrà ragione lui). Dal 2013 non più.
Anzi, guardo con grande sospetto proprio all'UOMO Renzi. Troppo machiavellico. 
Però, dopo aver combattuto per lustri gli anti berlusconiani per la loro faziosità, non voglio fare lo stesso errore. Dico con onestà che la persona mi sta antipatica e quelli del suo cerchio magico, scelti per fedeltà (lui che dice che non la vuole, che preferisce la lealtà...) più di lui. 
Però non è questo che conta. Se Matteo Renzi mostrerà, nel governare la Nazione, un quarto della capacità che ha mostrato per arrivare dove voleva, a Palazzo Chigi, , noi comunque ci avremo guadagnato. 
Se così non sarà, se tutta la sua bravura è nello "scalare" e non nel "fare", non credo che correremo il rischio di morire "renziani", che il nostro si è fatto veramente tanti, ma tanti nemici.
Un'ultima osservazione. Chiudo gli occhi un attimo e torno a febbraio di un anno fa, però fine mese, dopo le elezioni. Tutti dicevano, e Renzi tra i primi, che non era uscita una maggioranza che potesse governare il Paese, che il massimo che si poteva fare era un governo di larghe intese che facesse le solite trite poche cose, tra cui la legge elettorale, e poi bisognava tornare al voto, confidando che stavolta qualcuno (se stesso) vincesso sul serio. Bersani si ribellò a questa lettura, dicendo che un governo del "cambiamento" si poteva fare. Sarebbe servito l'appoggio dei grillini, anche solo la non sfiducia tanto per far partire la nave e poi un confronto in Parlamento leale, provvedimento per provvedimento. Il M5S, su must di Grillo, rispose NIET, e Bersani dovette arrendersi, che lui alle larghe intese col centro destra proprio non ci voleva stare. 
Per questo venne scelto Letta.  Sono passati 12 mesi da quel febbraio, in Parlamento c'è stato un terremoto ? Non esattamente, anche se sussulti sì. Scelta Civica è spaccata, ma comunque alla fine stanno tutti lì, raggruppati al centro, i loro voti a disposizione di chiunque pur di non votare. Alfano e i suoi "responsabili
Già, bella domanda. Perché ?
Perché quello che a febbraio 2013, un governo di legislatura, causa la "tempesta perfetta", come venne definito il risultato elettorale, con la rottura del bipolarismo e la formazione di tre grandi minoranze (Pd, Pdl e M5s) ,  non senbrava possibile, e Bersani appariva (a TUTTI) un visionario cocciuto che non si arrendeva alla realtà, OGGI, solo mettendo al posto del vecchio segretario quello nuovo, sì ? 
La crisi non c'è più ? No ahimé c'è. Bruxelles e Berlino sono cambiati ? Al momento no. QUindi fattori esterni positivi pochini. All'interno, come visto, qualche sussulto ma nessuna rivoluzione.
Allora, perché oggi sì ?  Magari dalla settimana prossima inizieremo a capirlo, che per ora credo nessuna possa rispondere a questa domanda.

Ecco la giornata al Nazzareno e dintorni descritta dal Corriere.it


l segretario: «Si diventa grandi quando si smette di fare solo le cose che piacciono»

Renzi liquida il governo Letta: «Via dalla palude»
Venerdì il premier al Quirinale per le dimissioni

Il leader Pd ottiene il via libera alla «staffetta» con 136 voti favorevoli e solo 16 contrari . Solo Civati tra i big dice no

 
Matteo Renzi durante l'intervento alla direzione PdMatteo Renzi durante l'intervento alla direzione Pd
«Inizi a diventare grande solo quando smetti di fare solo le cose che ti piacciono. E' arrivato il momento di dire che tipo di proposta vogliamo fare al Paese. E' arrivato il momento di uscire dalla palude». Ha esordito così il segretario del Pd, Matteo Renzi, intervenendo alla Direzione nazionale del partito (GUARDA la diretta social di Corriere.it) che ha dato il via libera all'avvicendamento a Palazzo Chigi fra il segretario e il premier Enrico Letta. Con 136 sì, 16 no e 2 astenuti, l'assemblea ha approvato una risoluzione che parla esplicitamente di un nuovo governo affidato agli organi dirigenti usciti dal congresso, ovvero allo stesso Renzi (LEGGI il documento integrale). Letta ne ha preso atto e con un comunicato, a pochi minuti dalla votazione, ha annunciato la sua salita al Quirinale, nella giornata di venerdì, per rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente Napolitano.
L'INTERVENTO DEL LEADER - «Questo non è un processo al governo - ha puntualizzato il leader durante il suo intervento -. Si tratta invece di capire se siamo in grado di aprire una pagina nuova, per noi e per l'Italia ». Non è un processo, ma di fatto l'azionista di maggioranza dell'esecutivo ha deciso di staccare la spina. Si realizza dunque l'ormai famosa «staffetta» che dovrebbe portarlo subito il sindaco di Firenze alla guida dell'esecutivo, senza quel passaggio elettorale che era stato fin qui sempre invocato. «Ma ora non ci sono le condizioni per tornare alle urne - ha spiegato Renzi - perché non c'è una legge elettorale in grado di garantire maggioranze e perché il percorso delle riforme ancora non è stato avviato». Sul termine «staffetta» è categorico: «La staffetta è quando si procede nella stessa direzione e alla stessa velocità, non quando si prova a cambiare il ritmo». E dunque si volta pagina: «Se l'Italia chiede un cambiamento radicale o questo cambiamento lo esprime il Pd o non lo farà nessuno».
L'ASSENZA DI LETTA - Letta, dal canto suo, a meno di un’ora dall’inizio della Direzione nazionale del Pd ), aveva fatto sapere che dalle parti del Nazareno lui oggi non si sarebbe fatto vedere. «Si decida con serenità» aveva detto il capo dell’esecutivo motivando la scelta di non esserci. «Preferisco aspettare a palazzo Chigi le determinazioni che verranno prese - aveva aggiunto in un messaggio rivolto ai delegati-, in modo che tutti si sentano liberi di esprimere valutazioni e di esplicitare le decisioni che ritengono opportune». Ma proprio dall’interno del partito questa mossa era stata subito interpretata come la decisione di gettare la spugna, nonostante la prova di forza di mercoledì con la presentazione di «Impegno Italia». Scartata a priori l'eventualità di un passaggio in aula per un voto di fiducia che non sarebbe comunque arrivato - opzione questa che era stata caldeggiata da Forza Italia -, Letta non ha potuto fare altro che trarre le conseguenze delle scelte del suo partito decidendo di farsi da parte.
GLI ALTRI INTERVENTI - La relazione di Renzi è stata accolta senza particolari scossoni dall'assemblea piddina. Gianni Cuperlo, principale avversario del sindaco alle primarie, ha preso atto della richiesta del leader e ha chiesto, senza risultato, di soprassedere sul voto, adeguandosi poi alla posizione della maggioranza. Il capogruppo al Senato, Luigi Zanda, ha invece subito avallato la linea di Renzi parlando di una «accelerazione necessaria» e auspicando un nuovo esecutivo «che abbia la possibilità di durare e governare per l'intera legislatura». Favorevole anche il capogruppo dei deputati, Roberto Speranza, secondo cui «la grande famiglia del Pd mette sulle sue spalle senza infingimenti la grande sfida delle riforme e del cambiamento del Paese. Questo partito è l'unico che può veramente provare a cambiare l'Italia». Solo Pippo Civati , tra i big del partito, è in controtendenza: «I dubbi sulle larghe intese restano. Non capisco perché cambiare il premier dovrebbe cambiare qualcosa». Ergo: voto contrario, ma la sua posizione è rimasta quasi isolata. Alcuni esponenti lettiani hanno invece deciso di lasciare la sala per non prendere parte alla votazione.
L’ARRIVO E LA CONTESTAZIONE - Renzi si era presentato al Nazareno attorno all'ora di pranzo, con un volto tiratissimo , e a guastargli ulteriormente l’umore - si racconta che abbia preso malissimo la sfida lanciatagli mercoledì da Letta con la presentazione di «Impegno Italia» proprio alla vigilia della riunione dello stato maggiore del partito - hanno contribuito anche alcune contestazioni ricevute da alcuni lavoratori appostati nei pressi dell'ingresso.
LE ULTIME TRATTATIVE - In mattinata si era a lungo parlato di trattative tra gli staff dei due contendenti, un’ultima mediazione per convincere Letta a fare un passo indietro prima del redde rationem in Direzione. E si era ipotizzato, come via di uscita «onorevole» per il premier, di affidare a lui il ministero dell’Economia, così da garantire continuità al piano di rilancio economico sintetizzato proprio con la presentazione di «Impegno Italia». Ma la proposta era stata respinta al mittente dal diretto interessato e dal suo entourage: «Non siamo al mercato» .

1 commento:

  1. PAOLO CAVUTO

    Grazie per il pensiero Stefano...ora potrei anche dire "l'avevo detto", ma sinceramente non je ne frega niente...sono solo incazzato nero, non credo voterò più Pd, non dopo questa buffonata, basta...ma chi ci crede più ad un governo riformista? Certo, ha ragione Orsina, hai ragione tu: se Renzi davvero desse una svolta all'azione di governo, ottenendo grandi risultati, io per primo lo applaudirei, ma no, non ci credo, e non mi va più di crederci..mollo e divento spettatore...ma se tra qualche mese il governo Renzi cadesse e si tornasse alle elezioni, per di più senza riforma della legge elettorale, il mio voto non andrà più a loro. CHIUSO, in bocca al lupo a Renzi, solo perchè ne va dell'Italia.

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