venerdì 28 febbraio 2014

LE MINI PROSTITUTE 14ENNI DI VENTIMIGLIA "CI SIAMO ISPIRATE A QUELLE DI ROMA"


A leggere l'articolo di cronaca de La Stampa (ma anche del Corsera) , sembrerebbe confermato il detto "non esiste cattiva pubblicità". Già perché le ragazzine di Ventimiglia, 14 anni !!!, che si prostituivano veramente per poche decine di euro, hanno candidamente confessato che l'idea gli era venuta leggendo gli articoli di cronaca di qualche tempo fa dedicati alle coetanee (un pochino più grandine, anche se sempre minorenni) di Roma. Insomma servizi, reportage, pareri di psicologi e sociologi, tutti a biasimare, condannare, spiegare, consigliare hanno, in questo caso, prodotto effetto zero, che la cosa che invece ha fatto presa era il modo rapido di fare qualche soldo. 
Anche qui, necessità nessuna, che le due ragazze(ine) appartengono a famiglie medie, tranquille, non ricche ma nemmeno povere. Insomma non mancava loro il necessario e nemmeno il superfluo "ordinario", tra cui, ovviamente lo smartphone, diventato "strumento di lavoro". 
A leggere le dichiarazioni delle due, fa impressione la precocità sessuale ( le prestazioni comprendevano sesso orale e completo, 30 euro il primo, 50 il secondo...) e la "normalità" con la quale queste si vendevano. Stavolta non c'è la famiglia "difficile", la madre che sciaguratamente incoraggia, gli adulti che organizzano e sfruttano. Le due sembrano fare tutte da sole, usando un sito internet di incontri dove ovviamente postano una falsa età. I soldi, pochi, se li tenevano tutti per sè. 
Dei vari clienti, uno solo non si è tirato indietro di fronte all'evidente giovanissima età delle ragazzine, e si è rivolto alla polizia, facendole scoprire.
Come la mettiamo ?
 




Si prostituiscono a quattordici anni
“Volevamo imitare quelle di Roma”

Ventimiglia, due ragazzine “salvate” da un cliente che ha avvertito la polizia
Le due ragazzine sono figlie di impiegati senza particolari problemi economici
VENTIMIGLIA
Baby prostitute per gioco e (soprattutto) per soldi. Come le giovanissime squillo romane alle quali si sono ispirate, affascinate dalla vicenda dei Parioli che ha scosso l’opinione pubblica. Sono le due ragazzine «in vendita», di 14 e 15 anni, scoperte dalla polizia di Ventimiglia grazie alla segnalazione di un adulto, un trentenne che cercava compagnia navigando sui siti specializzati in incontri hard. Un contatto con una disponibile e poi l’appuntamento, in un luogo dell’estremo Ponente ligure. «Ma quando ho visto che era una bambina o poco più, mi si è gelato il sangue», ha raccontato agli agenti del commissariato di confine. «Quella ragazzina non l’ho fatta neppure salire in auto», ha aggiunto.

Da qui l’inchiesta, coordinata dalla Procura dei minori di Genova, che ha scoperchiato uno squallido sottobosco nel mondo della Rete. Cinque i clienti indagati per favoreggiamento della prostituzione minorile: quattro residenti nella Riviera dei fiori e un piemontese, arrestato in seguito agli accertamenti perché in casa custodiva della droga. Ma l’elenco sembra destinato ad allungarsi: i poliziotti, guidati dal dirigente ventimigliese Giuseppe Ruggiero, sono convinti che altre persone abbiano avuto contatti e rapporti sessuali con le due adolescenti, fra l’altro amiche. Stanno quindi passando al setaccio cellulari e computer delle studentesse (che non abitano a Ventimiglia, ma sono comunque residenti nell’Imperiese), alla ricerca di ulteriori nomi. Le baby squillo si prostituivano part-time, in genere dalle 14 alle 18, per non destare sospetti in famiglia. Le tariffe? Trenta euro per un rapporto orale, cinquanta per uno completo. Raccontavano ai genitori di andare a fare una passeggiata, di uscire per incontrare le amiche al bar. Normali pomeriggi dopo la scuola. Invece s’incontravano con i clienti, in auto, nei parcheggi appartati tra costa ed entroterra, per consumare le prestazioni pattuite. Dall’aspetto ancora acerbo, poco più che bambine, provengono da famiglie «normali».

Ceto medio, genitori impiegati, vita tranquilla. Un’esistenza che, però, si è fatta stretta, banale, per le due giovanissime amiche. Che hanno cominciato a prostituirsi quasi per gioco, iscrivendosi con falso nome a un sito d’incontri. Perché ormai tutti i coetanei hanno lo smartphone e per avere più soldi in tasca da spendere con gli amici e nei negozi. Non borse firmate o capi molto costosi, ma soltanto qualche sfizio (una maglia nuova, un paio di pantaloni, trucchi e profumi) che con la sola paghetta non potevano permettersi. Quando la polizia le ha scoperte (con una telefonata-tranello, per fissare un incontro), le due adolescenti sono state subito messe a contatto con uno psicologo dell’Asl, che continua a seguirle. Hanno pianto, mostrandosi sinceramente pentite: «In che guaio ci siamo cacciate. Abbiamo sbagliato, non lo faremo più». Messe di fronte alla cruda realtà dei fatti, si sono rese conto di essersi infilate in un tunnel buio e pericoloso. È stato in quel momento che hanno detto di essersi ispirate alle baby prostitute di Roma, anche se a differenza di loro non avevano nè protettori nè «intermediari». I genitori sono sprofondati nel dramma: non riuscivano a credere che le loro bambine fossero arrivate a tanto. E continuano a interrogarsi sui perché di questa devastante deriva, collaborando con la polizia. Anche loro hanno chiesto aiuto agli psicologi. Ne hanno bisogno. E mentre si attendono possibili sviluppi, le ragazzine sono tornate alla vita di sempre, cercando di dimenticare. Tra scuola, interrogazioni, famiglia e veri pomeriggi al bar.

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