Sempre delicatissima la materia delle molestie sessuali dove è difficile la linea di equilibrio tra la tutela della vittima e l'esigenza di garanzia, in questo campo tradotto con il mantenimento dell'onere della prova spettante a chi accusa.
NON si può, è impossibile accontentarsi della denuncia di chi assume di aver subito una violenza sessuale. Per quanto si comprenda la difficoltà per la vittima - quasi sempre donna nei casi gravi , che se si scende di livello i numeri si fanno meno distanti, come documentammo nel post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/11/maschi-violentati-sembra-una.html - di essere in grado, in questi casi, di fornire elementi oggettivi, come si può ignorare che, in mancanza di questi, si sarebbe in mano all'arbitrio del denunciante ? In questi casi la risposta, in genere, è : perché mai una donna dovrebbe mentire su una cosa del genere ? Purtroppo temo che l'obiezione sia debole, perché i motivi possono essere tanti ma per lo più riconducibili al risentimento personale verso il denunciato (capo di lavoro odioso, uomo che ti ha lasciato o rifiutato ...). Una donna non mente vale quanto l'altro mito : i bambini dicono sempre la verità. Infatti, basta guardare il numero delle archiviazioni in quel particolare campo : nel 2011, su 5000 denunce 4000 sono state le archiviazioni!
Badate, non voglio dire che, specie sul posto del lavoro, le molestie non siano una pessima realtà. Accade, eccome, e conosco personalmente diverse donne che ne sono state vittima, senza poi denunciare l'accaduto proprio nel timore di non essere credute. Però non si può invertire l'onere della prova.
Tutto questo per presentare il caso di Teramo dove una vigilessa aveva denunciato il suo capo e ora viene licenziata a seguito dell'archiviazione della sua accusa.
Il taglio dell'articolo del Corriere.it, che riporta la notizia, è pessimo, in quanto il giornalista non riesce proprio a non palesare la sua convinzione che sia la donna a dire la verità e l'uomo a mentire.
Un pregiudizio non scalfito dal fatto che, allo stato, il responso dell'Autorità Giudiziaria è favorevole al secondo. Tra l'altro, in questi casi - ma in genere - sia la Procura che il Gip sono molto attenti, ben sapendo la delicatezza di questo tipo di ipotesi di reato, la sensibilità pubblica sugli stessi. Decisiva, pare, sarebbe stata la prova che nel giorno indicato dalla vigilessa come quello dell'avvenuta molestia, il Capo NON fosse in ufficio e l' avrebbe dimostrato. Eppure al reporter questi elementi, pur riportati, evidentemente non bastano, che quando parla del procedimento per calunnia che risulta essere stato aperto contro l'agente municipale, usa l'espressione "come se non bastasse" ... Domanda al cronista : se uno denuncia una cosa non vera, perché non dovrebbe essere indagato per calunnia ?
Ovviamente io non so quale sia la verità, ma nemmeno il giornalista la sa ! Quindi meglio essere prudenti.
Anche perché uno che fa cronaca giudiziaria dovrebbe sapere che le denunce per molestie ( uso questa parola per separarle dagli stupri, che sono un discorso diverso) che finiscono archiviate per l'inconsistenza degli elementi quando addirittura non proprio l'esistenza della falsità delle stesse, sono un numero sorprendente ( leggere i dati nel post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/07/le-false-denunce-di-abuso-sessuale-sui.html , con riferimento particolare ai minori).
E questo ovviamente non aiuta, anzi, le vittime VERE.
Licenziata la vigilessa che aveva denunciato
il comandante per violenza sessuale
«Mi aveva costretta a guardare un video hard».
Il giudice archivia e il comune decide: «Ora deve andarsene»
La sede del Municipio di Teramo
Licenziata dopo aver denunciato il comandante della polizia
municipale per violenza sessuale e mobbing. È accaduto a Teramo. La
protagonista è una vigilessa con undici anni di servizio alle spalle nel
corpo cittadino, a casa moglie e madre premurosa. Nell’autunno del 2012
decide di denunciare il suo superiore perché, tra le altre cose,
l’avrebbe costretta a guardare un video hard nel suo ufficio (quello già
in circolazione sul web che ritraeva la showgirl Belen) e avrebbe
cercato di ottenere da lei un rapporto sessuale orale. Il comandante,
Franco Zaina, si è sempre difeso dicendo che la vigilessa si è inventata
tutto e che quel giorno addirittura non era andato al lavoro perché si
era dovuto sottoporre in ospedale ad un piccolo intervento chirurgico.
Coinvolti con il comandante anche due altri agenti di polizia
municipale, tutti assisiti dall’avvocato teramano Guglielmo Marconi.L’ARCHIVIAZIONE - Le indagini della procura della Repubblica di Teramo, condotte dalla pm Laura Colica, si sono concluse lo scorso marzo con una richiesta di archiviazione. La donna si è opposta ma il gip del tribunale, Giovanni De Rensis, ha accolto la richiesta del pm. Ed è stata proprio l’archiviazione del caso a far scattare il provvedimento del Comune che, in seguito all’istruttoria della commissione disciplinare interna, ha deciso di licenziare lo scorso novembre per giusta causa la vigilessa, colpevole di aver avuto una “condotta calunniosa” e di aver “denigrato” l’immagine del corpo di polizia municipale.
LA BATTAGLIA - Come se non bastasse, la donna è stata anche indagata per calunnia. Decisa a non arrendersi, si è rivolta agli avvocati romani Serena Gasperini (già protagonista nel 2009 del caso Lorenzon di Fiumicino, come legale della famiglia della vittima ) e Daniele Fabrizi e alla criminologa Roberta Bruzzone ed ha annunciato battaglia. Ci sarebbero elementi nuovi che, secondo la loro tesi, dovrebbero consentire di riaprire il caso. «Abbiamo ricevuto l’incarico – rivelano i due legali a Corriere.it - di effettuare una serie di indagini difensive al fine di assumere informazioni ed ulteriori riscontri a quanto già emerso che, almeno fino al nostro intervento, il pubblico ministero non aveva voluto o potuto acquisire agli atti. Effettivamente fin dall’assunzione delle prime informazioni testimoniali sono emersi numerosi elementi che vanno a confermare la tesi fin dall’origine esposta dalla signora nella propria querela». Pertanto, a breve e appena ultimate le ulteriori attività di indagini necessarie, sarà chiesta la riapertura del procedimento penale «che con singolare celerità è stato archiviato».
IL FILMATO - Gli avvocati parlano di una circostanza particolarmente rilevante della quale sarebbe stata fornita «ampia conferma da parte di più di uno degli informatori sentiti». «Il procedimento – sottolinea Roberta Bruzzone - sembra essere stato prematuramente e forse anche frettolosamente archiviato. Ci sono una serie di dati oggettivi che dimostrano chiaramente che quanto riferito dalla signora è tutt’altro che infondato. C’è poi il filmato, a cui lei ha fatto riferimento, la cui presenza era effettivamente all’interno dell’ambiente informatico del comando di polizia municipale».
LA DIFESA - «Sono tranquillo e non ho niente da dichiarare – dice al telefono il comandante Zaina – io quel giorno non c’ero e il procedimento è stato archiviato. Non ho veramente nulla da aggiungere. E anche il licenziamento non è stato certo voluto né sollecitato dal sottoscritto». La decisione di mandare via la vigilessa è stata infatti adottata da una commissione disciplinare formata da tre dirigenti comunali (dei quali due erano donne) che, secondo quanto dichiarato dal sindaco Maurizio Brucchi, ha valutato oggettivamente gli atti ed ha ritenuto che ci fossero gli estremi per il licenziamento per giusta causa. «Dispiace dal punto di vista umano, certo – afferma il sindaco –, perché si tratta di un provvedimento estremo che quindi va sempre ben ponderato come credo sia stato fatto. È stato comunque stabilito da una commissione disciplinare, cioè un organo tecnico, che ha valutato le carte e ha preso una decisione».
IL RICORSO - «Noi sosteniamo altro – obietta Renzo Di Sabatino, l’avvocato che sta seguendo per conto della donna gli aspetti legati alla vicenda professionale – ed è già pronto il ricorso al giudice del lavoro. Contestiamo intanto il fatto che la signora sia stata punita per aver denunciato degli episodi, che è un diritto insopprimibile di tutti. E se poi il Comune sostiene che il licenziamento dipende dalla falsità del contenuto della denuncia, noi ribattiamo che non è possibile dire che le cose denunciate siano false, è possibile solo dire che non sono state dimostrate."
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