L' Euroscetticismo avanza e riguarda ormai oltre il 60% dei cittadini europei. Si è rafforzato in paesi che mai sono stati entusiasti dell'Unione, come GB e Svezia, che infatti hanno conservato la loro moneta, ma ha investito anche nazioni che invece avevano mostrato sempre un ottimo favore al progetto unitario come la Francia e l'Italia. Oltr'alpe c'è un forte nazionalismo, storicamente caratterizzante i galletti francesi, che alimenta la crescente ostilità alle istituzioni europee, da noi invece quest'ultima è prevalentemente frutto degli anni della crisi. La sensazione diffusa è che PRIMA, con la Lira, fossimo più ricchi, e comunque l'austerity di Bruxelles, dettata da Berlino, è quella che ci ha affogato di tasse e peggiorato la vita.
Sono i dati che emergono chiari dall'indagine demoscopica svolta da Nando Pagnoncelli per il Corsera, il quale fa capire di essere dispiaciuto del responso, ma questo del resto è, e paraltro corrisponde alla sensazione prevalente. Ormai sono pochi i difensori dell'Europa così com'è, anzi, credo nessuno. Anche nel 40% di favorevoli alla continuazione e anzi all'accelerazione del processo di integrazione e unione europea, almeno la metà lo fanno pensando che in quel modo si correggerebbero le storture attuali. Insomma PIU' Europa servirebbe a correggere QUELLA ATTUALE che non piace praticamente a nessuno.
Del resto, come apprezzare un sistema che sempre di più ha condizionato tanti e fondamentali settori della vita delle singole nazioni - dall'economia, alla giustizia, alle tasse, all'immigrazione, ai diritti civili, e che non ha alcun mandato e controllo elettorale ? Il Parlamento che a maggio andremo a votare conta ancora assai poco, che l'esecutivo UE, la famosa commissione, non è espressione della camera eletta. E così le varie corti di giustizia e le commissioni importanti nelle scelte effettive, sono costituite da persone nominate e mai elette.
Insomma, se come auspico il voto di maggio rapprsenterà una sonora bocciatura dell'Europa burocratica (e germano centrica) non è che dal giorno dopo le cose inizieranno a cambiare.
A questo punto l'opinione pubblica si spacca in due, con chiara prevalenza però per quelli che agli Stati UNiti d'Europa NON ci credono e NON li vogliono. Il 63% in tutti, di cui circa il 20% vorrebbe che il proprio paese uscisse del tutto dall'Unione, mentre il restante 40 si accontenta di un ridimensionamento dell'influenza di Bruxelles e dintorni. Come hanno scritto più volte Panebianco e Giacalone, un'Europa che si occupi, e bene, di poche cose (difesa, politica estera, libertà di circolazione di persone e merci) lasciando il resto alle autonomie nazionali.
In Italia, come detto, per la prima volta gli eurocritici hanno praticamente raggiunto gli europeisti a prescindere, e questo è sorprendente in un paese nel quale l'euroscetticismo era considerato un pensiero assolutamente politically uncorrect. Però restiamo comunque la Nazione dove quelli che auspicano la nascita di un' Europa Paese unico, con scomparsa dei singoli nazionalismi, sono la percentuale più considerevole rispetto agli altri : il 28%. Non credo dipenda dal fatto che noi abbiamo la "visione" e gli altri, poveri di fede, no. Piuttosto è che l'identità nazionale da noi è così flebile che se l'Italia sparisse e confluissimo in Eurolandia, tanta gente non la piangerebbe.
Personalmente, appartengo al 43% di chi vorrebbe un ridimensionamento delle aree d'intervento europeo, stabilendo peraltro poteri reali e forti in quelle di competenza delegata. Insomma, un'Europa Federale, con oculata e rigorosa determinazione delle sfere di competenza.
Quasi un italiano su due è euroscettico
E Bruxelles sbaglia
per due terzi
dei cittadini europei
L’Europa sta andando nella direzione sbagliata. Lo sostengono non
solo una larga parte di opinionisti, economisti e politici, ma anche i
cittadini europei. L’ultima edizione di Ipsos European Pulse ha
evidenziato infatti che circa due terzi (68%) degli intervistati pensa
che l’Europa stia andando nella direzione sbagliata. Più pessimisti sono
italiani (77% ritiene che l’Europa corra sul binario sbagliato),
francesi (77%) e spagnoli (76%) che hanno subito maggiormente gli
effetti delle politiche del rigore europeo. Ma il malcontento è diffuso
anche in Paesi come la Germania (61%) dove ci saremmo aspettati
un’opinione più favorevole. Le politiche dell’Unione hanno un’influenza
forte in molti settori: l’economia in primis (81% di intervistati pensa
che abbia abbastanza o molta influenza), ma anche agricoltura (79%),
legislazione (79%), il bilancio dello Stato (75%), immigrazione (74%),
lavoro (65%), le decisioni nell’interesse del Paese (65%), la vita
quotidiana dei cittadini (59%) e le tasse (58%). Un’Europa onnipresente
quindi, finanche nella vita quotidiana del singolo cittadino. Ma
l’impatto è percepito come negativo. Infatti le politiche europee,
secondo i nostri intervistati, hanno un effetto sfavorevole su tutto o
quasi. Una bocciatura in piena regola quindi e con due aggravanti: la
percezione negativa delle politiche di austerity e la sensazione di una
disparità di trattamento fra Paesi ricchi e Paesi poveri. Il 65% dei
cittadini intervistati pensa che il proprio Paese sia stato danneggiato
dalle politiche di controllo dei bilanci e delle spese imposte
dall’Unione. La cosiddetta politica di austerity trova molti detrattori
in Olanda (77% degli intervistati), Francia (75%), Spagna (75%) e nel
nostro Paese (70%), mentre trova relativamente maggiori consensi in
Germania (50% di favorevoli alle politiche di austerity), Svezia (51%) e
Polonia (45%). La politica del rigore professata dalla Merkel trova
poco consenso anche nella stessa Germania, Paese che, secondo molti
economisti, si è più avvantaggiato dalla stessa. La politica europea
inoltre aumenta le disuguaglianze: secondo il 56% degli intervistati
infatti l’Unione garantisce vantaggi ai Paesi più ricchi a scapito di
quelli più poveri. I cittadini che si dichiarano più d’accordo con
questa visione sono gli spagnoli (73%), gli italiani (71%), i polacchi
(64%) e i francesi (58%). In Germania (39%), Olanda (43%) e Svezia (45%)
queste posizioni sono invece minoritarie (seppur di poco). Le forze
antieuropeiste potrebbero quindi incontrare un certo consenso, almeno
nella percezione di una parte importante di cittadini europei: per il
40% infatti questi movimenti avranno un ottimo successo alle elezioni
che si terranno a maggio. Opinione più condivisa in Svezia (60%), Olanda
(56%), Gran Bretagna (56%) e Italia (46%). Accordo minore in Ungheria
(28%), Spagna (33%), Belgio (33%), Polonia (35%), Germania (36%) e
Francia (37%). Nel lungo termine, solo l’11% dichiara che per l’Europa
bisognerebbe lasciare le cose come stanno; 9 europei su 10 sono quindi
per cambiare la situazione. Ma in che direzione? Il 19% pensa che il
proprio Paese dovrebbe lasciare l’Unione mentre il 34% sostiene che
dovrebbe restare in Europa ma ridurne il potere, il 19% vorrebbe
rimanere in Europa e aumentarne il potere, mentre il 18% pensa che il
proprio Paese debba lavorare all’unificazione politica europea. Provando
a riassumere, possiamo dire che il nostro campione si divide
esattamente a metà: da una parte il 52% è euro-scettico, mentre il 48% è
favorevole all’Unione Europea. Dove prevalgono in misura maggiore gli
euroscettici? Sicuramente in Svezia (69%), Gran Bretagna (68%), Olanda
(68%) e Francia (55%). Al contrario in Germania (59%), Ungheria (58%),
Polonia (56%), Belgio (56%) e Spagna (55%) prevalgono le posizioni più
europeiste. E l’Italia? Nel nostro Paese euroscettici (47%) ed
europeisti (53%) hanno un peso simile. E’ però interessante notare che
la quota di italiani che vuole creare un unico Stato europeo (28%) è la
più alta in assoluto, segno forse che rimaniamo (nonostante tutto) un
Paese che vede nell’Europa un’opportunità ancora attuale; un’Europa da
correggere anche profondamente ma non da abbandonare.
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