Non sono d'accordo con il titolo dell'articolo del bravo Giovanni Belardelli, nella pagina delle opinioni del Corsera, che infatti non riflette correttamente il pensiero dell'autore.
Il tema è quello degli esponenti politici democratici, nominati come sottosegretari governativi nonostante siano tutti indagati per peculato e/o altro. Leggendo il titolo, viene da pensare che il commentatore ritenga che Renzi avrebbe fatto meglio ad aspettare l'esito delle inchieste prima di nominarli.
Ero stupito, che leggendo con regolarità Belardelli, non mi ritrovavo. Per un garantista vero, e Belardelli lo è, la presunzione di innocenza vale fino alla condanna (eventuale), e fino a quel momento una persona dovrà poter svolgere normalmente la propria vita, anche pubblica.
Infatti leggendo l'aritcolo, le cose sono diverse.
Per il professore di Dottrine Politiche (Università di Perugia) non è un problema di "attesa", e non è un problema giuridico. I quattro segretari NON dovevano essere nominati e punto.
Il perché non sta nel loro essere indagati, ma nelle condotte acclarate. Alla fine potrà non essere un reato scaricare sulla nota spese, ostriche e champagne per cene elettorali, convegni politici, viaggiare in business anziché in economy, però non è un esempio splendido, soprattutto in anni come questi.
Per non parlare dell'inclusione di ogni e qualsiasi tipo di spesa anche piccola, che la gente normale sa benissimo dover essere pertinenza delle PROPRIE tasche e non già di quelle del partito.
Ecco, questo tipo di persone, non importa se rei o no, per Belardelli sarebbe meglio che non venissero "premiate" con la solita poltroncina del sottobosco ministeriale.
E invece Renzino, il nuovo che stenta, di sottosegretari ne ha nominati 44, e 9 viceministri...
Almeno fosse poi gente che veramente sapesse governare ! Io, forse in questo differenziandomi dal professore, passerei tranquillamente sopra ad una certa dose di avidità (magari se non si esagerasse sarebbe gradito) a fronte però di una capacità gestionale, il saper far funzionare le cose.
Ma questo pare non verificarsi MAI. E allora, se la politica è solo il modo per arricchirsi, quando tanati sono pregati di accomodarsi.
Renzi e i sottosegretari indagati
Era meglio aspettare a nominarli
di GIOVANNI BELARDELLI
Vedremo quale sarà la conclusione, dal punto di vista penale, delle sempre nuove inchieste per malversazioni compiute da politici, sulle quali ci informano giornalmente i mezzi d’informazione. Ma intanto, al di là degli esiti giudiziari dei singoli casi, un fatto appare evidentissimo: il carattere squallidamente miserabile dello stile di vita di molti degli inquisiti. Parliamo non di miseria materiale, evidentemente, ma di miseria morale.
Il poverissimo Geppetto, la cui casa consisteva di un’unica stanzetta contenente solo «una seggiola cattiva, un letto poco buono e un tavolino tutto rovinato», miserabile non era affatto. Sembrano esserlo invece – ripeto, al di là della rilevanza penale delle vicende in cui sono coinvolti – quegli esponenti del ceto politico adusi a uno stile di vita fatto di champagne e crociere gratuite, provole e sushi rigorosamente a sbafo. Uno stile di vita fatto di mille cose diverse – dal frigorifero alle sigarette e perfino al chewing gum – tutte acquistate con i soldi del partito (cioè nostri). Fatto di false consulenze per il coniuge o di un posto per qualche figlio, in cambio di un’autorizzazione non dovuta, un interessamento sospetto, un appalto pilotato.
Ovviamente (e per fortuna) non tutto il nostro ceto politico corrisponde a questo modello. Ma si ha l’impressione che, soprattutto a livello locale, troppi politici si ispirino spesso a uno stile di comportamento e più in generale a una cultura in cui risulta assente proprio la politica, che viene ormai intesa soltanto come mezzo per acquisire in modo spiccio denaro e influenza personale. «Il politico di professione – scrisse Max Weber – ha la coscienza di esercitare un’azione sugli uomini, di partecipare al potere che li domina, e soprattutto il sentimento di avere tra le mani un filo conduttore delle vicende storiche […]». Accostare il nome del grande studioso tedesco a chi oggi pensa soprattutto a sgraffignare ostriche e a farsi rimborsare spese di benzina gonfiate può apparire assurdo. Serve però a indicare come tanti politici appaiano guidati non da vera ambizione, in senso appunto weberiano, bensì dalla insaziabile passione acquisitiva del parvenu.
Si ripete spesso che ogni Paese ha in fondo la classe dirigente che si merita. Ciò vorrebbe dire che quel tratto miserabile e ingordamente consumista che traspare da tante inchieste contro politici di destra e di sinistra altro non sarebbe che un riflesso di ciò che siamo. O meglio, un riflesso di ciò che è diventata l’Italia passando, soprattutto dagli anni 50 agli 80, attraverso un periodo di turbinoso sviluppo economico che ha portato sì al benessere materiale, ma anche – come è stato ripetuto mille volte – alla perdita di alcuni valori fondamentali e di alcuni elementari punti di riferimento etici. Tutto vero, probabilmente. Ma non è meno vero che lo stillicidio di scandali sui rimborsi gonfiati e su cose simili ci presenta la fotografia di una parte soltanto, e ovviamente non la migliore, del Paese. Una fotografia che lascia fuori campo l’altra Italia che pure esiste e che, anche quando teme di avvicinarsi alla soglia di povertà o l’ha già superata, non è affatto un’Italia miserabile.
Proprio in considerazione dell’esistenza di questa Italia, il presidente del Consiglio Renzi avrebbe fatto meglio a non nominare come sottosegretari degli esponenti del suo partito impelagati nelle solite storiacce di rimborsi e spese a sbafo. Esiste infatti la presunzione di innocenza come ha giustamente ricordato la ministra Boschi, ma esiste anche la responsabilità di non offrire al Paese modelli negativi, che ne fotografano soltanto la parte peggiore.
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