Massimo Gaggi, corrispondente da New York del Corriere della Sera, lo stimo uomo sobrio, dai commenti misurati, serio e scrupoloso professionalmente. Quello che spesso non sono i suoi colleghi di cronaca, specie di quella giudiziaria. Per questo tendo a credere alla sua rappresentazione dei fatti della vicenda americana che propone oggi in prima pagina sul suo giornale.
In breve, una ragazza di 18 anni, figlia di una famiglia medio benestante, se ne va di casa, trova ospitalità presso la famiglia di una sua amica, il cui padre fa l'avvocato che pensa bene di difenderla in una causa contro i genitori.
Motivo, questi non le verserebbero 650 dollari al mese che le dovrebbero servire per gli studi e il mantenimento fuori casa. IN pratica, come se in Italia vostra figlia decidesse di andarsene a Milano. a Bologna o in un altro posto a studiare, CONTRO il vostro parere, fecendovi i conti in tasca, stabilendo LEI dove andare, quale scuola frequentare, assumendo che voi abbiate i soldi per pagare tutto questo.
Il Giudice per fortuna ha rigettato la domanda, osservando tra l'altro che queste cose non dovrebbero finire in Tribunale, semmai risolte con l'ausilio di consulenti familiari. "se no qui tra poco arriveranno petizioni per i genitori che non comprano l'ultima playstation o smartphone".
Temo che sia amaro profeta, che la deriva sarà proprio questa.
Intanto, non c'è da sperare che qualche avvocato del kaiser non fomenti i clienti per tentare la sorte, che un giudice beota, di quelli che divinizzano i figli, lo puoi sempre trovare.
E poi l'atteggiamento purtroppo sempre più diffuso è questo. Mi hai messo al mondo ? Bene, non basta che mi accudisci, mi cresci, ti preoccupi che goda di buona salute e di potermi istruire (che mi sembrano tante e giuste cose, che purtroppo non tutti i genitori riescono a dare e non per colpa loro). NO, devi darmi TUTTO ciò che io desidero, perché se no io sarò INFELICE. Messa così, poi non c'è limite alle richieste, e tutto sembrerà lecito e quindi DOVUTO.
Nel caso di specie forse la famiglia si poteva permettere l'esborso richiesto dalla ragazza, che li accusa di spendere "solo" per sé (non si hanno notizie di stenti, né per lei né per le due sorelle più piccole, ma qui si chiede "il meglio" ), ma voleva conservare un controllo sull'uso del denaro, visto che la figlia manifestava un carattere "turbolento", sospesa più volte dalla scuola, poco credibile nel suo desiderio di avere "la migliore istruzione possibile".
Tutto questo non accade solo in America, sta avvenendo anche da noi.
E in quella che io chiamo la deificazione dei figli, psicologi, insegnanti, avvocati e giudici hanno enormi responsabilità.
Quand'è che si diventa adulti ? C'è un giorno ? Un momento tragico, prima del quale siamo esseri onnipotenti cui tutto è dovuto e poi tac, ci propinano la mela e ci cacciano dal paradiso terrestre ? O è un processo graduale, dove si percepiscono lentamente, ma costantemente, doveri oltre che diritti, responsabilità oltre che piaceri, sacrifici accanto alle gratificazioni ? Sembrano domande retoriche, tanto sono - dovrebbero - essere scontate le risposte. Gaggi parla di recupero del "dialogo", parola fatata, che però è assai difficile mettere in pratica. Probabilmente servono linguaggi diversi, forse domande diverse, come suggeriva una sociologa americana Danah Boyd, autrice di un libro dal titolo evocativo "It's complicated".
Resta che io le ho sentile le 16enni dire "vivrò questa merda fino a 18 anni, poi me ne andrò di casa". " E come farai a mantenerti ?" "Che c'entra, loro saranno obbligati a continuare a farlo".
Buona fortuna a tutti, che in questi casi si pensa sempre " a me non accadrà", e io ripenso al film di Hemingway, "per chi suona la campana".
La figlia che porta in tribunale
una generazione di genitori
Contro i babyboomers: spendete
solo per voi, pagate il college
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Da fuori una bella famiglia, tranquilla e benestante, i Canning. Genitori e tre figlie di 13, 15 e 18 anni. Nel cuore della classica America suburbana e affluente: casa coloniale di legno con un grande giardino, due cani, le vacanze alla Bahamas. Le ragazze che frequentano ottime scuole private. Ottime e costose.
Ma a novembre qualcosa si rompe: appena compiuti i 18 anni Rachel, la più grande, va via da casa. I genitori smettono di pagarle la scuola e lei li denuncia. «Sono egoisti: hanno molti soldi e li spendono in cose inutili. A me, invece, negano il diritto a un’istruzione di qualità, indispensabile per avere successo nel mondo d’oggi». Non è vero, replicano i genitori: è una ragazza ribelle, non rispettava le regole. E’ lei che se n’è andata, mal consigliata dal padre di una sua amica che ora la ospita e la rappresenta in tribunale. Se non torna non paghiamo.
Il giudice Peter Bogaard ha già respinto la prima richiesta di Rachel: un versamento di 650 dollari al mese per pagare la retta della Morris Catholic High School e altre spese fino al conseguimento della maturità e poi la copertura dei costi dell’università. Per le altre rivendicazioni della ragazza ci sarà un secondo pronunciamento del tribunale ad aprile. Ma le parole del magistrato («Questa è materia da consulenti familiari, non da giudici: se ci mettiamo su questa china di quali denunce dovremo occuparci? Di bambini che pretendono la xBox a 12 anni o l’iPhone a 13?»), anziché chiudere la questione, hanno trasformato Lincoln Park, una cittadina del New Jersey, nel microcosmo dell’America dei conflitti intergenerazionali.
Il verde villaggio a poche decine di miglia da New York è oggi attraversato dalla faglia sismica che divide la generazione del «Millennials» (i giovani fino ai 33 anni) dai «babyboomers» (gli americani nati nel dopoguerra, che ora hanno tra i 50 e i 68 anni). Differenze tra generazioni ce ne sono sempre state, ma mai estreme come oggi. Da un sondaggio del Pew Center, il più autorevole centro di ricerche sociali d’America, emerge, ad esempio, che i giovani oggi sono molto meno disposti a fidarsi delle istituzioni politiche e sociali, non si sposano più (solo il 26 per cento di coniugati mentre nel 1960 il 65 per cento degli americani era sposato a quell’età) e sono molto più assistenzialisti e statalisti dei genitori e dei nonni.
Due mondi diversi soprattutto sul piano della ricchezza. «Trent’anni fa — scrive Paul Taylor in The Next America , un saggio di imminente pubblicazione — la famiglia media con un capofamiglia 65 enne aveva un patrimonio dieci volte superiore alla famiglia di un 35enne. Ora quel rapporto è diventato di 26 a uno».
Tutti elementi da tener presente quando si discute di un caso come quello di Rachel. Chi non ha mai detto a un figlio ribelle «in questa casa si fa così: se non ti va bene, a 18 anni sarai libero di andartene»? Rachel si è regolata proprio in questo modo. Ma se fino a ieri chi lasciava la famiglia doveva poi cavarsela da solo, lei ha aggiunto una rivendicazione che riflette il malessere e il rancore represso di una generazione che capisce di avere, per la prima volta nella storia recente, prospettive economiche peggiori di quelle dei genitori.
E così, anche se Rachel viene condannata dai più per le volgarità che ha scagliato contro la madre, per le sue abitudini turbolente (più volte sospesa dalla scuola, una volta perché era tornata ubriaca da una festa) e per il sospetto che venga manovrata da John Inglesino, il celebre avvocato che ora la ospita e la rappresenta, il suo è un caso che fa discutere. Dentro ci sono tutti i temi familiari più scottanti: i limiti della responsabilità dei genitori, la ribellione dei teenagers, l’alcolismo giovanile, l’atteggiamento nei confronti di un fidanzato che non piace, la difficoltà di trovare un lavoro. E, soprattutto, il confine tra doveri dei genitori di garantire la migliore educazione possibile ai figli e i diritti di questi ultimi.
Chiedere 650 dollari al mese per il liceo può essere esagerato e l’immagine dei genitori — il padre, un capo della polizia appena andato in pensione, la madre segretaria di uno studio legale — che piangono in tribunale commuove molti. Ma c’è anche chi sta dalla parte di Rachel quando scrive su Facebook di essere scioccata dall’avidità dei genitori moderni che si preoccupano solo di assicurarsi una pensione dorata: spendono soldi in vacanze esotiche anziché assicurare ai figli la migliore formazione scolastica possibile.
Nella denuncia Rachel accusa i genitori di essersene andati in vacanza a Las Vegas lasciando a lei la cura delle due sorelline. Sean ed Elizabeth Canning non smentiscono: «E’ vero, siamo andati via per qualche giorno, c’erano amici e vicini a sostituirci, che male c’è?».
La rete discute, commenta, si divide. Ognuno riporta i casi estremi di cui è a conoscenza: genitori prigionieri di figli prepotenti o padri ubriaconi che hanno trasferito i loro ragazzi dalla scuola privata a quella pubblica e hanno speso in alcol i soldi della retta. Ma alla fine, notano gli psicologi, il problema è quasi sempre la mancanza di dialogo: l’incapacità di correre ai ripari prima che il malessere degeneri in conflitto senza via di ritorno.
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