domenica 27 aprile 2014

FACCI RISPONDE A DELLA LOGGIA : CERTI VIZI SONO ITALICI


In tanti hanno reagito all'intemerata di Ernesto Galli della Loggia contro la destra e riportata nel link : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/04/galli-della-loggia-tra-ragione-e.html . Io ritengo che il famoso politologo scriva molte cose giuste, criticando semmai di farlo sospettosamente tardi, soprattutto nei toni che usa nell'articolo e che sono piuttosto desueti per il professore. Se n'è discusso in un altro post : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/04/gli-italiani-non-sono-comunisti-ma.html.
Oggi riporto la risposta di Filippo Facci a Galli della Loggia, che osserva molte cose interessanti, ritenute tali anche da amici di fede socialista, che hanno applaudito l'editoriale del "corrierista" ma che sembrano aver tratto motivi di ulteriore riflessione da quanto replicato dal primo, che scrive su quel "giornalaccio" di Libero.
In buona sostanza Facci ricorda che certi egoismi "borghesi" con l'estenzione del benessere si sono diffusi anche a chi di destra non è, come del resto è osservabile da tutti.
Tanto è vero questo che qualche mese fa lo stesso della Loggia aveva pubblicato un'altro accorato cahier de doleance   sul decadimento italico  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2013/10/il-de-profundis-di-galli-della-loggia.html  ( cui seguì qualche giorno dopo : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2013/11/galli-della-loggia-e-il-declino.html ) nel quale non aveva risparmiato praticamente nessuno, rivolgendosi a un po' tutte le categorie. La novità, stavolta, è che rispetto alla consuetudine, il professore ha fatto dei nomi. Il sospetto che il "coraggio" sia venuto a tempo scaduto resta.
Buona Lettura 





Facci contro Galli Della Loggia: gli italiani hanno a destra cuore e portafogli

 
Facci contro Galli Della Loggia: gli italiani hanno a destra cuore e portafogli
Il direttore di questo giornale ha già commentato l’editoriale «La diaspora della destra» pubblicato da Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere di giovedì, ma vorrei aggiungere anch’io una parola. Per essere precisi, vorrei toglierla. Mi spiego. Il professor Galli Della Loggia ha scritto che il fallimento della Destra ha rispecchiato un limite della società italiana di destra, il limite ossia di una certa borghesia piccola e media e di una certa classe tecnica e imprenditoriale: non hanno mai prodotto, insieme, un’autentica vocazione alla politica. Questa destra, cioè, è sempre rimasta immersa nelle proprie occupazioni e professioni, nelle proprie attività economiche e commerciali, troppo presa dal proprio privato. Spero di aver riportato il suo pensiero correttamente, anche perché io potrei essere d’accordo con tutto quello che ha scritto il professore: ma c’è una parola che andrebbe tolta, secondo me, e la parola è «destra». Galli Della Loggia finge di parlare della destra e invece descrive il Paese, peraltro lasciando fuori ruolo la sinistra forse perché, diciamo così, non è al centro del suo editoriale. La classe piccola e media che il professore descrive, unitamente a certa classe tecnica e imprenditoriale, altro non è che l’intera e presunta borghesia italiana di destra e di sinistra, una dimensione in cui ha prevalso il primato del benessere e della sicurezza personali su qualsiasi altro interesse collettivo, un ceto medio che, al diventare realmente borghese, ha preferito l’imborghesimento: su questo, peraltro, il direttore del Censis Giuseppe De Rita ha scritto pagine definitive.

È dal Dopoguerra che l’Italia non ha più prodotto vera borghesia: l’agiatezza, da allora, ha fatto credere al cetomedista di essere borghese, sicché ci siamo illusi che uno spazio intermedio tra cultura popolare e cultura d’élite sarebbe cresciuto fino a governare le sorti del paese: ma non è accaduto, non come in Inghilterra o in Francia o nei paesi tedeschi.
Non è certo stata esclusivamente «di destra» quella corsa al benessere che peraltro accentuò le caratteristiche di un popolo già individualista composto di piccoli imprenditori e piccoli commercianti e piccoli professionisti, insomma un esercito di ex poveri accecati dal miraggio dell’automobile, della casa di proprietà, del figlio all’università: miraggi italiani, non particolarmente di destra o solo di destra. È assurdo considerare «di destra» o solo di destra i coltivatori diretti, gli artigiani, i sindacati scolastici, le cooperative bianche, le corporazioni, le categorie, le piccole tribù, tutta l’Italia foraggiata dalla spesa pubblica. È assurdo considerare «di destra» tutti gli imprenditori del sommerso, gli artigiani senza fattura, gli statali, gli insegnanti, i baroni universitari, i supplenti che pretendevano di entrare in ruolo ai lavoratori illicenziabili.
E poi, ecco, ci sarebbe quella «certa classe tecnica e imprenditoriale» che Galli Della Loggia ancora ascrive alla destra: un’industria che non di rado si è atteggiata a «progressista» ma che si è preoccupata soprattutto di arrivare al pianerottolo più alto, abituata a quel genere di cooptazione corporativa che lo stesso Galli Della Loggia ascrive ancora e solo alla destra. E qui viene inevitabile chiedersi se un certo scambio perverso tra banche e industria - certo salotto buono di finanzieri e capitalisti - fosse pure quello ascrivibile alla destra: e non sia, semmai, simbolizzato da quel Corriere della Sera su cui Galli Della Loggia, da qualche decennio, scrive editoriali interessanti ma scevri da autocritica.
E poi, ecco: verrebbe anche inevitabile chiedersi - mentre la borghesia o la destra abdicavano al proprio ruolo - quanto in compenso si dimostrasse affidabile una certa sinistra italiana: ma sarebbe troppo facile e pretestuoso. Sarebbe troppo facile anche interrogarsi sulle responsabilità generazionali della classe intellettuale di Galli Della Loggia, un signore che ancora nel 1980 suggeriva «l’eguaglianza retributiva tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, l’istituzione di tetti retributivi, limiti assai ristretti al diritto di successione». È roba di 34 anni fa, certo.
E infatti preferiamo scritti più recenti, come quando il professore - il 20 ottobre scorso - descrisse il disastro di questo Paese tirando in ballo praticamente tutti, dunque anche gli accademici, i magistrati, gli insegnanti, i burocrati, il mondo della cultura e delle professioni e dell’università.
L’intera generazione, in pratica, che ha consegnato ai propri figli un paese peggiore di come l’aveva ereditato. Il professor Galli Della Loggia non faceva nomi - non ne fa mai - e certo non tirava in ballo anche se stesso: ma in fondo al suo articolo, stampigliata, c’era pur sempre la sua firma.

di Filippo Facci

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