mercoledì 2 aprile 2014

LE PENSIONI E QUELLE BUSTE ARANCIONI CHE NON ARRIVANO : MOTIVI I ORDINE PUBBLICO...



Il problema previdenziale è tra i più spinosi, anche perché è un campo dove sono state fatte grandi regalie in passato , per correggere le quali il rischio non remoto è praticare vergognose ruberie un domani nemmeno lontano. Ostellino, che sul tema si sta accanendo, furioso com'è contro il prelievo solidale (quasi un ossimoro...) dalle pensioni dai 2000 euro (spero netti) in su che si sta progettando e che quindi prima o poi avverrà (notare : gli annunci sui prelievi fiscali dello Stato, a qualsiasi titolo, sono gli unici sui quali si possono scommettere soldi veri , avendone... ), cerca di ricordare che la pensione altro non è che SALARIO differito. Non una regalia dello Stato, un premio per aver lavorato e ora meritiamo il giusto riposo. No, sulla nostra retribuzione attuale, stipendio, salario, onorario o compenso che sia, viene calcolata una percentuale, che varia a seconda delle categorie, e accantonata per il tempo in cui non lavoreremo più. Sono i famosi contributi. Questo almeno secondo una teoria diciamo così "liberale". Poi c'è quella "socialista", che la Corte dei Conti avrebbe fatta sua, e per la quale la ragion d'essere è la "mutua assistenza". 
Per cui quello che paghiamo oggi come contributi NON è in funzione di quello che avremo domani, serve a finanziare le pensioni di oggi. In questa ottica, slegando ogni relazione effettiva tra versato e restituito, è stato possibile fare di TUTTO, a iniziare dalle baby pensioni, all'adozione del bellissimo e costosissimo sistema retributivo, per il quale la pensione mi veniva erogata non già in relazione ai contributi effettivamente versati nel tempo, ma all'ultimo anno !  C'erano i soldi per questa magnifica cosa ? No, che i versamenti dei lavoratori non erano sufficienti anche allora, e quindi si ricorreva al DEBITO. Quello che mancava, ce lo metteva lo stato, indebitandosi. Ovviamente quel debito andava remunerato, con gli interessi, pagati con ALTRO debito e con l'aumento delle tasse. Un bel sistema, non c'è che dire. A tutto questo vanno aggiunte le pensioni sociali, quelle destinate alle persone che hanno raggiunto i 65 anni di età e non hanno reddito ( o ce l'hanno bassissimo). A costoro, ancorché , per diversi motivi, non abbiano versato contributi sufficienti ( spesso nessuno), va comunque un sostegno, meno di 500 euro.
 Non tanti, a fronte però di contributi zero. Sono circa un milione di persone.
Molto di tutto questo è finito per sempre. Pensioni baby, di anzianità e sistema retributivo non fanno più parte della previdenza italiana. Quindi è impensabile che un domani si possa vivere della sola pensione come regola ( e nemmeno credo che le eccezioni, col sistema retributivo, saranno poi tante). 
Diciamo che va bene, che ci siamo illusi, che abbiamo vissuto in un bel sogno e una parte di noi se lo sono pure goduto. Beati loro.
Il problema però, e bene lo sollevano , da un po', Massimo Fracaro e Nicola Saldutti, sul Corriere della Sera, è che l'aiuto mutualistico non funziona più, per cui io, quelli della mia generazione, e sempre di più e peggio in futuro, dovremo per forza cercare di risparmiare in vista del periodo in cui non lavoreremo perché, come abbiamo visto, NON potremo contare su una pensione sufficiente. Bene, allora diminuiteci i contributi attuali, o le tasse, insomma, CONSENTITECELO questo cazzo di risparmio !! come facevano i nostri nonni e bisnonni. E' finita l'epoca - breve, se ragioniamo in termini storici - che vivevamo del nostro lavoro e poi della nostra pensione ? Lo Stato un domani non ci restituirà NEMMENO quello che abbiamo versato ? (tanto la Corte dei Conti ha detto che si può...che Dio li fulmini ! ), bè che ci consenta allora di farlo da soli ! 
Ah, le buste arancioni, quelle che ci dovrebbero informare sulla nostra pensione futura, continuano a NON arrivare. Non credo sbagliasse chi diceva : non possiamo, scoppierebbe la rivolta...



quelle pensioni inesistenti
 
La situazione ha del paradossale, eppure nelle maglie (si potrebbe dire nelle trappole) previdenziali si nascondono molte iniquità. Prendiamo il caso dei lavoratori atipici, che ormai rappresentano una quota rilevante degli occupati. Senza correzioni molti di loro, pur versando regolarmente i contributi, piuttosto onerosi considerata l’esiguità dei compensi, rischiano di trovarsi alla fine di una carriera oscillante e discontinua con una mini-rendita. Meno di una mezza pensione. E senza la possibilità di avere, come i loro genitori o loro nonni, l’integrazione al minimo (la quota a carico dello Stato che serve a portare l’assegno Inps a una soglia minima). Il pericolo, non tanto remoto, è di aver effettuato versamenti a fondo (quasi) perduto.
Anzi, la cosa è ancora più sottile: la gestione separata dell’Inps, alimentata da chi ha in corso contratti di collaborazione continuativa o a progetto o rapporti di associazione in partecipazione, è addirittura in attivo di 8 miliardi. Una cifra identica al passivo che registra, ad esempio, il fondo dei dipendenti pubblici. Un anomalo sistema di vasi comunicanti. Certo, sulla base delle regole previdenziali, non si può affermare che i co.co.co. pagano le pensioni degli statali, ma la coincidenza fa pensare. Del resto è stata la stessa Corte dei conti, come scriveva Fabio Savelli, ad avvertire di questo rischio.
Ma i numeri, come spesso accade, non spiegano tutto. «Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale», si lasciò scappare nel 2010 l’ex presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, poi costretto a dimettersi per la pluralità degli incarichi ricoperti. Eppure in quelle parole c’era un pezzo di verità che non si riesce a far emergere. Quanto riceveranno, davvero di pensione, i lavoratori parasubordinati? Il sistema di calcolo contributivo lega direttamente l’assegno alle somme effettivamente versate. In molti casi i lavoratori atipici non riusciranno a costruirsi una pensione adeguata. Una situazione che va corretta. Almeno su un fronte: andrebbe detta loro la verità previdenziale e lo Stato dovrebbe giocare a carte scoperte con i suoi cittadini-giovani-futuri pensionati. Come? Più volte è stata promessa la cosiddetta «Busta arancione»: un documento inviato a ciascun lavoratore con l’indicazione della pensione che presumibilmente andrà a incassare. Per capire quale sarà il proprio destino pensionistico, in modo da poter pensare a soluzioni alternative. Un atto di trasparenza. E di equità.
In questi anni i contributi sono più che raddoppiati, dal 12% al 28% e saliranno al 33%. Forse serve una riflessione, tenuto conto che le pensioni rischiano di essere mini. Si potrebbe introdurre una maggiore flessibilità: aliquote più basse a inizio carriera, più alte al progredire del reddito. Ma la vera sfida è quella di mettere al centro dell’azione politica la crescita del Paese. Il sistema contributivo, infatti, lega le pensioni alla dinamica del Pil. Con un’Azienda Italia che cresce del 2% l’anno, il rapporto tra ultimo reddito e pensione può salire anche del 20%. Senza questa svolta i giovani, arrivati al traguardo, si accorgeranno di aver lavorato quasi esclusivamente per pagare la pensione a chi li ha preceduti. Nessun pasto è gratis. Ma arrivare a tavola sparecchiata e vuota è tutto un altro discorso.

Nessun commento:

Posta un commento