La mia amica Caterina mi invita a non essere troppo pessimista sul futuro del pensiero liberale in Italia, che non è vero che lo stesso poi riguardi ed animi effettivamente pochi. Piuttosto, non c'è più un leader, un punto di riferimento, tenuto conto che quello che si era ritenuto per tale ormai è al canto del cigno, se non altro per età (tralasciamo il resto). Mi piace pensare che abbia ragione, e così quando riavremo questo personaggio anche lei tornerà a votare Liberale, che stavolta ha optato per Renzino.
Devo dire che oltre alle parole di diversi personaggi politici, e non, di diversa estrazione e formazione, e quindi da Crosetto a Boldrin passando per Giacalone (di seguito il suo contributo su come cambiare la destra) anche dei dati numerici danno da pensare.
Domenica non hanno votato 22 milioni di italiani. Negli 11 milioni di voti presi dal PD di Renzi, quasi uno - una marea - sono di "ritorno" : gente che nel 2013 aveva deciso di punire quello che gli sembrava un partito non incisivo e aveva scelto Grillo, condannando Bersani all'incredibile "non vittoria".
"Solo" 500.000 provengono dal PDL. Gli altri sono quelli di Scelta Civica, i montiani letteralmente in transumanza a favore del sor Matteo. Insomma, degli ulteriori 3 milioni di voti persi da Berlusconi in un anno ( e fanno NOVE !! rispetto al 2008), molti sono rimasti nell'alveo, andando a quelli di Alfano, altri alla Meloni e i suoi Fratelli d'Italia, il resto a raggiungere gli altri nel limbo dell'astensione. Insomma, il Toscanaccio conquista una significativa parte del centro, cannibalizzando letteralmente gli ex montiani, spariti dai radar del voto, e pesca anche nei voti del Cavaliere ma non in modo clamoroso.
A questo punto abbiamo 22 milioni di voti, quasi il DOPPIO di quelli del PD renziano (lo ripeto non a caso : renziano. Perché senza di lui il PD stava peggio del 2013) e secondo gli esperti la maggior parte di quei voti sono di centro destra. Poi molti delusi da Grillo e che non hanno trovato un'alternativa.
A sinistra si astengono in di meno, che una parte ha votato TSIPRAS, e altri ancora Grillo.
Quindi forse è vero quando Giacalone, Panebianco, Galli della Loggia, Polito, dicono che l'elettorato italiano continua, con una chiara maggioranza (ancorché probabilmente non più di due terzi , come fino a poco tempo fa ), a NON essere di sinistra, e all'interno di questa massa i liberali non sono poche centinaia di migliaia di persone, ma milioni.
Questo "popolo" è senza più casa, senza guida. Ma c'è.
Questo in fondo diceva Caterina, e in effetti può avere ragione. E magari, la prossima volta, lei che fa parte dei 500.000 trasmigrati verso l'ex sindaco, tornerà a "casa", se l'avranno nel frattempo ricostruita.
Cambiare la destra
La democrazia funziona quando gli elettori hanno sempre un’alternativa utilizzabile e non estremista. Per lunghi anni abbiamo sofferto la mancanza di una sinistra riformista e di governo, mentre vedevamo che il caravanserraglio tenuto assieme solo dall’opporsi all’avversario poteva anche vincere le elezioni (c’è riuscito tre volte), ma subito dopo si sarebbe sfasciato. Ora lo smarrimento si avverte a destra, perché qui si trova Silvio Berlusconi, l’ideatore del sistema che ha caratterizzato tutta intera la seconda Repubblica. Sistema che (da tempo) non funziona più. E questo porta alla prima conclusione: non serve un nuovo federatore, serve un innovatore, un propositore di politica, soluzioni, idee. Serve un gruppo dirigente. Non si tratta di rimettere assieme qualche puntarello percentuale, ma di puntare alla massa di elettori che si sono chiamati fuori, convinti che non sarebbe valsa la pena di stare dentro.Il centro destra non ha subito una sorte diversa dal centro sinistra, solo aveva un più efficace coagulatore. Anche il centro destra si coalizzava per vincere, ma poi i coalizzati rendevano difficile, quando non impossibile, governare. Ma c’era una giusta ragione: nel 1994 nacque per essere “contro”, per avversare il grumo giudiziario e statalista che trovava nella sinistra (mai ex) comunista i serventi appropriatori. La storia non potrà togliere questo merito a Berlusconi. Per venti anni gliel’hanno fatta pagare. Ora è finita: non serve essere “contro”, si deve essere “per” qualche cosa.
La condizione dell’Italia ci dice che si deve essere per meno Stato, meno spesa pubblica corrente, meno tasse, più libertà d’intrapresa, più opportunità di lavoro, meno ingessature, più garanzie che il diritto e i diritti esistano, quindi giustizia radicalmente differente. Che servono istituzioni forti, legate al voto popolare, quindi investiture dirette e assemblee maggioritarie. Attorno a questo asse si ritrovano cento riforme da farsi, ciascuna meritevole di approfondimento specifico. Idee e proposte ci sono. Così come ce ne sono per rendere più sicuri gli italiani e più pesante l’Italia nell’Unione europea. Perché l’asse non diventi la trave che cade sulla testa, si deve sapere costruire politica. Che significa anche guardare al campo degli altri. Commentai qui positivamente le prime due Leopolda, la partenza di Matteo Renzi. Confermo quei commenti e ne trovo conferma nella realtà. Scrissi qui che gli ortotteri avevano diritto di esprimersi (ricordate quando il presidente della Repubblica aveva da ridire?) e ho trovato nei loro parlamentari i soli disposti a battersi contro la porcheria della Banca d’Italia. Fare politica non è chiudersi nel proprio bunker, ma interagire. Semmai anche entrare nell’orto altrui.
Con tutto il rispetto, non credo che il gruppo dirigente attorno a Berlusconi sia in grado di farlo. Troppi, da quelle parti, sono sembrati profittatori, traditori, o allineati a prescindere, comunque privi di spessore proprio. Ce ne sono di leali, capaci, generosi, umanamente valorosi. Ma la storia del gruppo cui appartengono s’esaurisce e deve fare una svolta. Chi lo capirà sarà utile. Dico come: non credo alle primarie. Tutto si può fare, ma sono delle prese in giro. Le adottò il partito che fu comunista perché non faceva più i congressi e cercava un’investitura farlocca. Furono false con Prodi. Furono false con Veltroni. Poi la musica cambiò, ma per decomposizione dei vertici. A destra non c’è un partito, solo un conglomerato: con che regole e garanzie si chiamerebbero gli altri a votare? Inoltre, è ancora operante e combattente il fondatore della seconda Repubblica, sarebbe sciocco pensare di prescinderne. Difatti, chi pensa di farlo si colloca fuori dalle strutture esistenti. Dunque: se il futuro non si vuole che sia solo la vendetta del passato, il cambio di classe dirigente deve essere condiviso. Con una avvertenza: condiviso non è sinonimo di sottomesso.
Le persone ci sono. Le energie anche. Le idee in abbondanza. E fatemelo dire da persona che non ha mai smesso di girare per l’Italia: i cittadini interessati abbondano. Possono ritrovarsi nella continuità, oppure allontanarsi e rompere una storia. Perché comunque la democrazia ha sempre bisogno di alternative spendibili. Il centro destra che conosciamo deve solo decidere se intende rivolgersi loro, o se pensa di usarli come ostaggi per sopravvivere. Ovvero illudendosi, perché chi non pensa il futuro perde in fretta il presente.
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