Mi sembra equilibrato il commento di Roberto Toscano, su La Stampa, in merito alla tragedia dei tre ragazzi israeliani prima rapiti e ora uccisi.
Quando si tratta infatti della morte di ebrei, in particolare di quelli che vivono in Israele, tocca leggere sembra una serie di stomachevoli distinguo. Lasciando da parte le canaglie che pensano che "hanno fatto bene", parlando degli assassini, tra i benpensanti c'è il riflesso pavloviano per il quale "certo, giusto condannare, però..." e si torna al problema ormai centenario del conflitto arabo israeliano.
Ecco, Roberto Toscano fa un'esortazione che condivido : di fronte all'eccidio di tre ragazzi, di 18 e 16 anni, non ci sono però. Anche il conflitto, anche la guerra non deve perdere di vista i mezzi, ed alcuni, come la rappresaglia su civili inermi, non devono essere giustificati mai.
Ma Israele quando risponde coi bombardamenti non si preoccupa dei civili...Quando accade, vale anche per Israele, certamente.
Buona Lettura
Israele-Palestina, il mondo si mobiliti
contro il terrorismo
È del tutto legittimo, anzi inevitabile, chiedersi con
enorme preoccupazione – come fanno da ieri tutti i commentatori – quali saranno
le ripercussioni dell’uccisione dei tre ragazzi israeliani rapiti. Le
inevitabili rappresaglie, il riaccendersi della violenza generalizzata nei
territori occupati, la crisi dell’Autorità palestinese, che non si vede come
potrà mantenere l’alleanza con Hamas, ai cui militanti gli israeliani
attribuiscono la responsabilità del crimine - quella Hamas che non ha
rivendicato il rapimento, ma uno dei cui dirigenti ha detto «sia benedetto chi
lo ha fatto».
Legittimo anche affrontare il contesto politico in cui
questa tragedia è avvenuta. Un’occupazione che dura dal 1967, gli insediamenti
di coloni israeliani nei territori occupati, i posti di blocco, gli espropri di
terreni. Alla base di tutto, l’insostenibile pretesa dei governi israeliani di
eludere un fatto centrale: Israele non può essere nello stesso tempo grande,
democratico ed ebraico. Se grande e democratico, non sarà – alla luce delle
dinamiche demografiche – ebraico. Se grande (con il mantenimento dei territori
occupati) ed ebraico dovrà escludere la popolazione palestinese dai diritti
democratici, a meno di non voler mettere in atto la loro espulsione. Resta
solo, come sottolineano i democratici e i pacifisti israeliani, arrivare finalmente
ad un’intesa per una soluzione basata sull’esistenza di due Stati.
In parallelo, gli errori e le debolezze dei moderati
palestinesi e l’incapacità politica dei radicali di riconoscere il diritto di
Israele all’esistenza ed abbandonare la via violenta, nonostante si tratti con
ogni evidenza di un cammino ancora meno promettente della difficilissima via
del compromesso. Va aggiunto che l’unica possibile finalità di questo crimine
assurdo è mettere Abu Mazen in una situazione insostenibile e minarne
irreversibilmente la leadership. Invece di un episodio di lotta contro
l’occupazione israeliana sembra cioè trattarsi di un ennesimo caso di lotta fra
le fazioni palestinesi.
Oggi però ci sembra che sia indispensabile un diverso tipo
di riflessione, una diversa presa di posizione sia politica che morale. Di
fronte ai cadaveri di tre ragazzi, rapiti e poi trucidati, ci sembra anzi quasi
indecente mettere l’accento su motivazioni, contesti, storia e questioni
territoriali
Dovremmo invece essere in grado, quale che siano le nostre
opinioni sulla tragedia palestinese (che è anche una tragedia israeliana), di
dire che Eyal, Gilad e Naftali non dovevano essere rapiti e uccisi, e che il
farlo è stato un crimine che non possiamo in nessun caso giustificare.
Ci rendiamo certo conto del fatto che è impossibile
eliminare tutti i conflitti, che la pace è un’aspirazione da tenere viva, ma
che sarebbe utopico immaginare di realizzare a pieno. Ma possiamo invece
bandire politicamente, moralmente e anche dal punto di vista del diritto
internazionale, i mezzi più inumani del conflitto: il genocidio, il terrorismo,
la tortura.
Dobbiamo farlo, se non vogliamo che i crimini degli uni
vengano presi a giustificazione di quelli degli altri, producendo così un
allineamento verso il basso, verso una convergente barbarie. E’ purtroppo
quello che sta succedendo. Dopo l’11 settembre – un atto terrorista che ha
prodotto la morte di tremila persone – in America molti, troppi, hanno
giustificato l’uso della tortura per sconfiggere il terrorismo
Per quanto riguarda il terrorismo ci sono addirittura
difficoltà per raggiungerne una definizione a livello internazionale, dato che
si cerca ancora, con una palese assurdità logica, «esentare» alcune cause dalla
definizione, e quindi dalla condanna. Una convenzione sul terrorismo approvata
vari anni fa dall’Organizzazione della conferenza islamica – Oic, dopo avere
definito correttamente il terrorismo come violenza armata contro i civili,
aggiunge: «… tuttavia, la lotta di liberazione nazionale non è terrorismo». Chi
avrebbe il coraggio di aggiungere alla Convenzione contro il genocidio un
articolo così concepito: «… tuttavia la lotta di liberazione nazionale non è
genocidio?».
Vengono anche in mente i neo-con americani, secondo cui il
waterboarding (tortura dell’acqua praticata ai tempi dell’Inquisizione
spagnola) non è tortura, ed è del tutto legittima nei confronti degli
appartenenti a organizzazioni terroriste.
Continueremo a dividerci sulle ragioni dei conflitti, sulle cause
contrapposte di chi combatte, ma senza dimenticare che non solo il fine non
giustifica i mezzi, ma che certi mezzi finiscono per squalificare le finalità
perseguite.
Qualche anno fa un giornalista olandese simpatizzante della
causa palestinese si recò nei territori occupati per intervistare le famiglie
degli shahid, terroristi suicidi. Con grande solidarietà, con grande
comprensione, ma ad un certo punto del suo pezzo scrisse: «Tuttavia
improvvisamente mi sono ricordato che mio padre era un combattente nella
resistenza olandese contro i nazisti. Lui non avrebbe mai messo una bomba su un
autobus».
Antonio de SImone
RispondiEliminaQualunque cosa si pensi e comunque la si pensi sul conflitto Israele-palestinese, nessuno può negare che l'assassinio di quei tre ragazzi e' un crimine orrendo, un atto terroristico insopportabile. Bravo Camerlengo, e bravo Toscano!