lunedì 8 settembre 2014

ANCHE POLITO TRA I DUBBIOSI SUL PREMIER CHE PERO' "TIRA DRITTO" (VERSO DOVE ? ).


Proseguendo l'elenco dei commentatori ormai scettici sul "renzismo", (Ostellino sempre stato e capofila, poi Ricolfi e Giacalone, sul "NI" c'è Galli della Loggia e, a mio avviso, inizia piano pian a demordere anche Panebianco. dopodiché, aggiungendo alla lita i due indicati di seguito,  quelli per me più autorevoli ci saranno tutti...), mi ero dimenticato Antonio Polito, che, insieme a Pierluigi Battista, era stato uno speranzoso sia in Monti che in Letta, e che non apprezzò il modo villano" con cui quest'ultimo fu defenestrato da Palazzo Chigi. 
Così, sia pure in modo molto soft, fin da subito il bravo giornalista e a suo tempo ex senatore dell'Ulivo (2006-2008), aveva assunto un atteggiamento del tipo " e vabbè mo facce vede che sei capace di fare tu !".
Ovviamente, dopo quasi sette mesi (ricordiamoci sempre che per Letta ne furono sufficienti nove per decretare il "tempo scaduto"...) , coi risultati in corso gente come Polito ha già pronto il titolo "io l'avevo detto !!". 
Oggi, nel Corriere della Sera, l'edtorialista parte dai sondaggi di Pagnoncelli di cui anche noi avevamo dato conto (  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/09/sondaggio-gli-italiani-scontenti-di.html ), e trae diverse conclusioni pure anticipate dal Camerlengo :  Renzi continua  a godere di una popolarità che va ben oltre i risultati fin qui conseguiti, essendo riuscito a convincere i più che lui riuscirà, nonostante l'inizio stentato, laddove gli altri hanno fallito e se finora le cose non hanno preso la piega giusta, questo va attribuito alla grandezza dei problemi (indubbiamente enormi),e ai disfattisti intralciatori ( anche in questo molo simile ad un suo discusso predecessore...). 
L'ironia inizia a serpeggiare, e ad un Polito che scrive "non mollerò di un centimetro...sì ma partendo da dove ??", fa eco un Marchionne che esorta il Premier a limitare l'elenco degli interventi promessi concentradoi su TRE sole cose, ma poi farle veramente !
 


Un centimetro e Mille Giorni
di ANTONIO POLITO
 

Pochi primi ministri italiani hanno goduto delle eccezionali circostanze di cui si avvale Matteo Renzi. Più si addensano nubi minacciose sul nostro Paese, sulla sua economia, sulla sua solvibilità, e più la mongolfiera del consenso personale del leader vola in alto. Più gli economisti fanno fosche previsioni, dividendosi tra pessimisti e catastrofisti, e più gli italiani si affidano all’uomo che li chiama gufi, e che ai loro convegni preferisce i rubinettifici. La nostra situazione, un debito così alto con un’inflazione quasi a zero, è pesante e alla lunga insostenibile, ma Renzi rivendica la sostenibile leggerezza dell’essere e del mangiare gelati. In patria non ha alternative né oppositori; in Europa è pieno di imitatori, come la scena dei blues brothers socialisti, tutti in camicia bianca ieri sul palco di Bologna, ha plasticamente dimostrato; e l’apoteosi della Festa dell’Unità (pur senza Unità), derubrica a broncio i mugugni tardivi di un D’Alema.
Ma gli stessi italiani che nei sondaggi premiano Renzi perché gli riconoscono il piglio del vendicatore anti-establishment, del fustigatore dei privilegi e dei vecchi assetti di potere, si dichiarano scettici sulle misure che sta prendendo per l’economia, non ritenendole le mosse giuste. Matteo Renzi è insomma entrato a buon diritto nel cerchio magico dei leader al Teflon, quei politici fatti del materiale delle padelle cui non si attacca lo sporco: ciò non vuol dire che lo sporco non ci sia.
E in effetti finora, nei duecento giorni già passati, l’azione di governo non ha dato i frutti sperati, come lo stesso ministro Padoan ha di recente riconosciuto. Le due misure prescelte, il bonus di 80 euro e la riforma del Senato, comunque le si giudichi, di sicuro non hanno provocato lo choc di cui l’economia ha bisogno. Anzi, l’indice di fiducia delle famiglie, dopo una prima impennata, è da tre mesi in calo.
L’orizzonte è diventato quello dei mille giorni ma la sensazione è di incertezza sulla direzione di marcia. Per quanto il premier annunci che non cederà di un centimetro, non è chiaro da dove. C’è al Senato la madre di tutte le riforme, quella del mercato del lavoro, annunciata ormai da gennaio, che da sola potrebbe cambiare l’appetibilità del nostro Paese per gli investitori. Ma i segnali sono contraddittori, il linguaggio è prudente, non si vede la determinazione necessaria per liberarsi della giungla di rigidità del nostro Statuto dei lavoratori, e rendere finalmente più facile assumere, prima ancora che licenziare. Sulle privatizzazioni c’è stato un alt. Sulle municipalizzate c’è stato un vedremo. Sulla ristrutturazione della spesa c’è stato un faremo. Sulla pubblica amministrazione si alternano messaggi contrastanti, prima si promettono 150 mila precari assunti nella scuola, poi il blocco degli stipendi per tutti gli statali, poi lo sblocco per i soli statali in divisa. E anche quando si fa, come nel caso dello sblocca Italia, si fa così poco da rischiare un effetto boomerang sulle aspettative.
Questa sorta di limbo autorizza, soprattutto all’estero, il sospetto che in Italia ci sia ancora chi prende tempo, nella convinzione che prima o poi ci penserà la Banca centrale europea con un acquisto massiccio di titoli del debito pubblico, nella speranza di risparmiarsi così scelte troppo difficili e impopolari. Ma il guaio è che, come in un circolo vizioso, più questo sospetto si diffonde e meno Draghi avrà le mani libere, e più Renzi le mani legate.

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