L'avevamo scritto. Ostellino non ha MAI dato credito a Renzi, attaccandolo a testa bassa dal primo annuncio. Tra i bravi opinionisti liberali e/o liberal, che pure inizialmente avevano guardato con speranza all'avvento del toscano, si è presto aggiunto Luca Ricolfi (da ultimo, il suo duro articolo da noi riportato nel link....). Avevamo pronosticato che presto anche Davide Giacalone, che già mostrava di masticare amaro per la conduzione governativa di renzino, si sarebbe aggiunto alla lista dei critici severi (eufemismo) del Premier.
L'uscita improvvida sulla questione grave del Debito Pubblico, con il Presidente del Consiglio a dichiarare che non è prevista nessuna operazione "taglia debito", è stato la classica goccia, ché Davide Giacalone oggi scrive senza più remore di un premier che non ha idea dei problemi di cui tratta.
Certamente il debito pubblico non lo ha creato lui, ma pensare di poter portare una zavorra di 80 miliardi di interessi annuali , avendo poi risorse per la crescita (oppure per manovre clientelari come quella degli 80 euro ai dipendenti e, ora, l'assunzione di 150.000 insegnanti (!?!?!?), bè vuol dire avere idee non confuse, ma proprio sbagliate.
So che tra i lettori affezionati del Camerlengo ci sono persone che, a differenza di noi (che ci siamo disillusi presto, c'è bastata la candidatura di Prodi al Quirinale per temere che l'uomo fosse un gran paraculo, non uno statista, che è quello che serve all'Italia), ripongono grandi speranze sul giovanotto, e sono piuttosto infastiditi per le critiche del blog al loro beniamino. Ce ne dispiace, ovviamente, ma perché un liberale dovrebbe plaudire a Renzi ? Perché a parole dice che non si farà ricattare dai sindacati e poi gli regala 150.000 assunzioni nella scuola ? Perché, invece di tagliare l'Irap, favorendo le imprese e, sperabilmente, l'occupazione, elargisce 80 euro ai dipendenti con stipendi bassi ma che almeno un lavoro ce l'hanno ? O mi dovrei emozionare per le riforme istituzionali ? Per l'Italicum ? Tutte cose peraltro ancora in alto mare.
Adesso, questa uscita sul debito pubblico.
No, un liberale non può apprezzare queste cose, e questo Blog è scritto da un liberale. Poi, lo abbiamo ripetuto già altre volte, può avere ragione Panebianco (altro liberale) nel dire che siccome in Italia i "cambiamenti di verso", i "rivoltamenti del calzino", sono solo slogan, è già tanto se si apportano anche solo piccoli miglioramenti in mezzo alla conservazione dei grandi danni di sempre.
Ma per questo allora anche Letta poteva andar bene no ?
Debito d’incoscienza
L’impressione, pessima, è che non vi sia consapevolezza di quanto il problema del debito pubblico sia drammatico e di come il tempo a nostra disposizione si stia accorciando. Leggo le dichiarazioni di Matteo Renzi e trasecolo. Le divido in tre concetti, riportandone il testo: a. “non esiste nessuna operazione taglia debito”, nel senso che il governo non la sta né studiando né proponendo; b. “per risolvere il problema del debito dobbiamo tornare a crescere”; c. “se facciamo le riforme potremo avere più tempo per il rientro del debito”. Questa è una dottrina cieca, che porta alla rovina.
Ci siamo impegnati per anni nel dimostrare che la condizione del bilancio pubblico italiano non è compromessa. Che ci sono punti di forza. Che la voragine del debito può essere colmata, perché esistono vantaggi da sfruttare. Non ripeto il tutto, che i nostri lettori conoscono, o possono facilmente rintracciare. Ma il presupposto della riscossa è la consapevolezza. Quella che si mette in scena, invece, è l’Italia di Caporetto: arroganza, supponenza, incapacità dei comandi militari, totale ignoranza circa le forze in campo. Per arrivare all’Italia di Vittorio Veneto ci volle un trauma, costato fiumi di sangue. Ora che deve accadere? Con un governo che si propone di assumere 150mila dipendenti pubblici, nella scuola, strologando di riduzione delle tasse. E con che li si paga? So bene che la politica è anche propaganda. Che questo è uno dei succhi della democrazia. Ma quando la propaganda perde il senso della realtà è segno che il vuoto regna nella testa di chi parla.
Tra il 2001 e il 2004 il debito pubblico è costantemente sceso in rapporto al prodotto interno lordo, pur restando sopra la soglia patologica del 100% (dal 108,3 al 103,7). Frutto dei tanto vituperati tagli lineari e di una crescita ancora non cancellata dalla crisi del debito (prima privato e statunitense, poi sovrano ed europeo). Dal 2008 a oggi, dopo anni di tante tasse e pochi tagli, è costantemente cresciuto, passando dal 106,1 al 133%. Se la ricetta di Renzi consiste nel ridurre progressivamente quel rapporto, puntando sulla crescita del pil, posto che dobbiamo ancora vederla, l’Italia s’infila da suicida nel toboga del fiscal compact. Con questi ritmi ci mettiamo 30 anni per tornare ai livelli di produzione di prima della recessione, tempo che si allunga anche a causa degli oneri indotti dal debito. Che ogni anno ci porta via circa 80 miliardi, divorando la sensazionale serie positiva degli avanzi primari, per i quali abbiamo un record mondiale. Con tale dottrina la riduzione del debito prende lo stesso passo, allungandosi nei decenni a venire.
presentare alternative, che non ci sono.Si può dire: ma neanche gli altri furono capaci di cose diverse. Vero. Non a caso si tratta di una classe dirigente fallimentare e fallita. Mi sfugge la ragione per cui ciò dovrebbe costituire un’attenuante, essendo un’aggravante. Per tale ragione, da anni, si riflette su modelli e sistemi diversi per operazioni straordinarie di abbattimento del debito, che sono la sola via praticabile. Senza entrare nei dettagli, tante altre volte illustrati: scambiare patrimonio pubblico contro abbattimento del debito. Molti sono colpevoli di non averlo saputo fare, ma ora Renzi lo esclude. Senza fornire alternative.
Se faremo le riforme, però, avremo più tempo per rientrare dal debito. Questa è una dannazione, non una conquista. E’ la logica del galleggiamento, ma nella palta. A noi servono sia le riforme che l’abbattimento del debito. Le une funzioneranno meglio con il secondo. Le une al posto del secondo, invece, è solo svenamento. E di che riforme parliamo, poi, se nella scuola preferiamo l’occupazione alla formazione?
Renzi smentisce Padoan, sul punto delle privatizzazioni. Quando il ministro ha annunciato la cessione di un ulteriore 5% di Eni ed Enel, abbiamo obiettato: queste non sono privatizzazioni, ma vendite, e devono andare a riduzione del debito, non del deficit. Ma Renzi dice: quell’operazione non mi convince. Ma allora non tornano più i conti elaborati dal ministero dell’Economia. Il ministro, che svolge anche la funzione di garante dei nostri conti, ne esce demolito nella sua credibilità. E come si sostituisce, quel flusso di ricchezza, con la privatizzazione di Poste? E’ inimmaginabile nei conti del 2014.
Per dire di queste cose non basta non avere idee con cui risolvere i problemi, ci vuole anche inconsapevolezza dei problemi stessi. La cosa migliore che possa accadere, in tali condizioni, è che altri diluvi d’interviste correggano il tiro. Naturalmente dando la colpa a noi, che non siamo capaci di capire.
Davide Giacalone
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