domenica 14 settembre 2014

IN SVEZIA IL CENTRODESTRA HA RISANATO L'ECONOMIA. MA NON BASTA, GLI SVEDESI RIVOGLIONO LO STATO SPENDACCIONE


 
Dunque non basta risanare il proprio paese. Non basta sollevarlo da uno stato di crisi, facendo ripartire l'economia, abbassando le tasse, realizzando ottimi risultati sull'occupazione, meritandoti la tripla A nel rating internazionale, portandolo ad essere considerato la nazione più in salute dell'Europa .
Se sei svedese, se sei cresciuto nell'idea che dalla culla alla tomba è lo STATO che si deve occupare di te, tutto questo non conta se, per ottenerlo, hai dovuto sacrificare un po' del tuo mitico welfare.
E quindi adesso , dopo otto anni di potere a chi li ha rimessi in sesto, i biondi scandinavi sono pronti a riconsegnare le chiavi della spesa alla sinistra, che ha già annunciata che aumenterà le tasse per poter ridare smalto allo stato sociale ed egualitario. 
E allora, se così è, e così sarà, è giusto che questo continente continui il suo declino segnando sempre più il passo rispetto hai paesi che il benessere lo devono, e vogliono, conquistare.



La Svezia cambia volto: 9 milioni alle urne Riscossa dei socialisti, ma è incubo neonazi

Domani il voto per il nuovo governo. Dopo otto anni di centrodestra, il Paese sembra pronto a ridare fiducia alla socialdemocrazia. I Democratici Svedesi (populisti) oltre il 10% nei sondaggi

Un manifesto elettorale del partito socialdemocratico a Stoccolma, in Svezia

inviata a stoccolma

Stoccolma ha cambiato vestito: mille occhi e mille slogan tappezzano i muri della capitale svedese, replicati all’infinito in tutta la città. Sono gli sguardi e le promesse dei candidati alle elezioni politiche che, a poche ore dall’apertura dei seggi, lanciano gli ultimi appelli ai nove milioni di elettori che domani dovranno scegliere il nuovo governo. Dopo una campagna tesa e densa di colpi di scena il Paese sembra pronto a ridare fiducia alla socialdemocrazia e a voltare le spalle a otto anni di governo di centrodestra. Il premier uscente Reinfeldt lascia il Paese in forte crescita economica, tasse basse e occupazione da record, con un boom di prosperità e consumi che hanno trasformato la patria del socialismo e delle tasse da capogiro alla stella dell’economia europea, con rating a tripla A, start up del calibro di Spotify ed espansione record di giganti come Ikea e H&M.  
Secondo l’Economist la Svezia può affermare a ragione di essere l’economia più forte d’Europa: pil in crescita del 12 per cento, redditi aumentati del 20 per cento, bilancio in attivo e debito pubblico ragionevole. Sono dati che cancellano la vecchia immagine della Svezia come Paese delle tasse e paradiso dei socialisti.  
Ma gli svedesi hanno deciso - almeno secondo gli ultimi sondaggi - di cambiare strada e almeno riconquistare quello stato sociale perduto negli ultimi anni a causa dei tagli al sistema scolastico, sanitario e all’assistenza sociale. Lo faranno scegliendo l’ex saldatore e sindacalista socialdemocratico Stefan Loefven, che ha promesso tasse più alte, equità, sostegno agli immigrati, e che è in testa ai sondaggi con un solido 30%. E se sotto la guida del leader di centrodestra la Svezia aveva superato la Danimarca come Paese della Ue con il più alto tasso di occupazione, pari al 79,4% delle persone comprese fra i 20 e i 64 anni di età, l’opposizione socialdemocratica ha fin qui concentrato i suoi attacchi sull’alto tasso di disoccupazione giovanile e contro i tagli di tasse alle imprese, e nell’opinione pubblica sembra aver fatto breccia l’idea che la crescita economica sia avvenuta a danno del concetto di uguaglianza dominante nel Paese. 
Ma in queste frenetiche ore pre elettorali la paura viene dall’estrema destra e dal risultato che il partito populista e ultranazionalista potrebbe conquistare: i Democratici Svedesi potrebbero conquistare il 10% diventando così la terza forza politica del Paese, riuscendo, tra l’altro, a sparigliare le carte anche tra i due blocchi tradizionali - il centro sinistra avrebbe il 46% e il centrodestra il 39% - che non otterrebbero la maggioranza assoluta in Parlamento.

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