martedì 2 settembre 2014

PERCHE' LA DIPLOMAZIA OCCIDENTALE NON FUNZIONA IN UCRAINA



Premesso che non mi sento di addentrarmi nelle dispute territoriali tra Ucraina e Russia, ché leggo con stupore come molti miei concittadini siano espertissimi della storia e della realtà geopolitica di quelle terre, resto molto perplesso nel leggere le analisi sulle possibili soluzioni della controversia a Est, dai contorni sempre più drammatici. Dunque, cercando di restare ai nudi fatti, in Ucraina c'è la seguente situazione :
1) Uno Stato Sovrano al cui interno vi sono regioni - nel sud est esattamente - con una vasta presenza di popolazione russofona, che preferirebbe staccarsi dall'Ucraina per congiungersi alla Russia. 
2) Uno Stato Estero, la Russia, che considera l'Ucraina propria pertinenza, per l'antica appartenenza all'impero degli Zar (ci fu un periodo in cui Kiev fu addirittura capitale, al posto di Mosca), poi protrattasi con l'insturazione dell'Unione Sovietica. 
Le questioni controverse riguardano :
A) se la maggioranza della gente che vive a sud est sia russa od ucraina . A me risulta la seconda cosa, e che i russofoni siano una folta, popolosa minoranza. Se così fosse, siccome sono più bellicosi e si fanno forti dell'essere spalleggiati dal gigante di Mosca, trovo una prepotenza quella che sta accadendo. Se invece non fosse così, e la maggioranza della gente fosse filorussa, allora capirei le pressioni per una forte autonomia di quelle regioni, con statuti speciali simili al nostro Trentino Alto Adige, per dire. 
Certo, quello che chiedono i ribelli di Donetsk, come osserva giustamente Sarcina nell'articolo che segue, con l'autonomia che arriva fino alla politica estera, in natura finora non si è mai vista
B) Lo spostamento ad Ovest dell'Ucraina. In realtà è questa la cosa che Putin NON vuole, ritenendo già intollerabile di avere ai propri confini stati aderenti alla Nato (Polonia e paesi baltici). La maggioranza degli ucraini invece sembrano guardare con favore ad un loro futuro nell'Unione Europea, per potersi affrancare finalmente e del tutto dal gigante russo confinante. 
Se il secondo aspetto fosse, come temo, prevalente, l'autonomia del sud est ucraino, ma anche l'annessione di esso, alla stregua della Crimea, non basterebbero a PUtin e sarebbero solo step di un disegno egemone globale.
Ciò posto, sono come detto perplesso alle prospettive di Sarcina il quale esclude opzioni militari di supporto da parte degli occidentali, così come l'inasprimento vero delle sanzioni contro Mosca, visto il prezzo che poi si dovrebbe pagare - e si sta già pagando - a livello di affari e di importazione energetica. 
Non resta, conclude il giornalista, che la diplomazia. 
Sergio Romano sarebbe contento di simile analisi , ma io domando a questi opinionisti : che potere negoziale ha una parte le cui opzioni alternative sono scartate a priori perché considerate troppo onerose per sé ?  Perché Putin dovrebbe accontentarsi e raggiungere compromessi seri, che, in quanto tali, significherebbero la rinuncia anche per lui a qualcosa di importante, se sa che gli occidentali abbaiano ma non mordono ?
Il mondo nel 1962 trattenne il respiro per il blocco navale americano a Cuba, e alla fine un accordo si raggiunse perché Kruscev credette alla minaccia di Kennedy. E' solo un esempio, se ne potrebbero fare tantissimi altri. 
Il "se vuoi la pace, prepara la guerra" della Roma imperiale conserva una sua valenza precisa : devi esser CREDIBILE nel gestire un negoziato difficile, devi essere in grado di paventare un male che l'"altro" non vuole subire. Altrimenti sei debole, e il più forte ne approfitterà. 



Raid, Gas o Partizione? 
le tre Opzioni sul Tavolo Ue



Per come si sono messi i rapporti di forza sul terreno, sembrano esserci solo tre possibilità per risolvere la crisi dell’Ucraina. Tre opzioni, una peggio dell’altra, purtroppo. La più rovinosa di tutte sarebbe quella di rispondere con le armi alla controffensiva dei separatisti e delle forze speciali russe. A questo punto la mossa risolutiva sarebbe una sola: accogliere immediatamente l’Ucraina nella Nato e applicare senza indugi la norma cardine, l’articolo 5: tutti i Paesi membri accorrono in difesa di un partner sotto attacco militare. Il risultato sarebbe una guerra devastante nel cuore dell’Europa, combattuta tra le strade di città popolose, contro una potenza dotata di temibili armamenti convenzionali, senza considerare la follia delle testate nucleari. L’esperienza degli ultimi sei mesi dimostra che il sostegno indiretto non è sufficiente. Non bastano la benzina dei polacchi o i binocoli degli americani: l’esercito ucraino non ha i mezzi e l’organizzazione per respingere le unità corazzate russe oltre i confini. La Nato è pronta a mandare droni, caccia bombardieri, missili e almeno 15-20 mila soldati per garantire l’inviolabilità dei confini dell’Ucraina? Questa è la domanda chiave, al netto della propaganda, per altro sempre più inutile, man mano che passano i mesi.
La seconda carta è quella delle sanzioni economiche. Ma, ancora una volta, l’evidenza empirica suggerisce che, se si vuole davvero mettere in difficoltà la Russia, occorre applicare misure radicali sulla produzione e l’esportazione di gas e petrolio. Tutto il resto, dal caviale alle banche, non è decisivo. I Paesi europei sono in grado di rinunciare a una quota vitale di energia? Resta, allora, la strada del negoziato. Ma va imboccata al più presto. Lo scorso aprile i filorussi si sarebbero accontentati di un robusto decentramento politico e amministrativo. A Kiev giuristi ed esperti dibattevano anche in pubblico sulle modifiche costituzionali necessarie. Poi il gruppo dirigente legittimato dalla rivolta di Maidan cancellò tutto, confidando di essere in grado di mantenere l’integrità del Paese. Ciò non è avvenuto e tutto lascia pensare che non avverrà. Nel frattempo i separatisti sono passati a pretendere una formula di federalismo che non esiste in natura. La «Novorossia», così si dovrebbe chiamare il nuovo Stato, rimarrebbe federato a Kiev, ma con la libertà di concludere accordi internazionali. Nel caso specifico: aderire all’Unione doganale promossa da Mosca, con Bielorussia e Kazakistan. Un mostro giuridico: sarebbe come se il Texas firmasse un trattato con il Messico, scavalcando Washington. In realtà i filorussi puntano alla secessione. Ma forse il presidente ucraino Petro Poroshenko ha ancora un modo per limitare il danno: riconoscere un ruolo politico ai ribelli armati. Duro da accettare per un Paese democratico. Durissimo. Meglio, però, infinitamente meglio della guerra e del suicidio economico.

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