giovedì 25 settembre 2014

RENZI INTERVISTATO DAL WALL STREET JOURNAL : RIFORMA DEL LAVORO PER ESSERE CREDIBILE IN EUROPA



E' normale che per un liberale, oltretutto convinto che il sindacato in Italia, specie dagli anni '70 in poi del secolo passato, abbia prodotto molti guasti, l'attuale contrasto tra Renzi e Camusso, con gli altri in posizioni più sfaccettate, sia salutato con favore assoluto. 
Peraltro, una delle più efficaci descrizione fortemente critiche dei sindacati le ho lette in un autore di sinistra, l' assennato e illuminato  Edmondo Berselli, che denunciò con chiarezza i difetti gravi di CGIL e C. , quali il conservatorismo, l'assistenzialismo e l'egualitarismo a scapito di ogni concetto elementare di merito ( tutte cose, e di più, che potete ritrovare nel link :  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2011/11/il-sindacato-che-spedisce-la-classe.html).
Sentire ripetere dal Premier (non è la prima volta che usa toni sferzanti), che per lui, se i sindacati si arrabbiano, non è un problema ( in precedenza aveva detto "ce ne faremo una ragione" ), disertando significativamente l'ultima assise congressuale della CGIL, ebbè è un balsamo. Naturalmente non stupisce la levata di scudi di gente come Fassina, Damiano ma anche Bersani (pensa se fosse stato premier lui, che gioia in Europa e dintorni...), che possono fare tanti bei discorsi ma alla fine l'unica politica economica che conoscono è "tassa e spendi". 
Come andrà a finire nessuno lo può sapere. Come ho già osservato nei giorni scorsi, c'è la possibilità che stavolta il decisionismo di Renzi sia rafforzato dalla necessità di tenere a bada gente più tosta dei malpancisti della sinistra massimalista, e cioè coloro che possono condizionare la sorte dei nostri debiti (che sono enormi, grazie anche alle politiche sindacali).
Nell'intervista al Wall Street Journal il premier sembra confermare questa sensazione, dicendo : " Sarò chiaro: penso che l’austerità senza crescita sia un errore. Ma per me è impossibile sostenere questa posizione senza un progetto molto forte di riforme nel mio Paese. Non sono credibile se non sono in grado di realizzare le riforme in Italia».
Sì, mi pare che sia stato molto chiaro.


Renzi: “Riforme necessarie, escludo nuove tasse”

Il premier al Wall Street Journal: sindacati arrabbiati?Per me non è problema
ANSA
Renzi a pranzo a Bloomberg con investitori americani

«Il mio impegno è chiaro: realizzare le riforme indipendentemente dalle reazioni. La riforma del mercato del lavoro in Italia è una priorità e se i sindacati sono contro per me questo non è un problema». Matteo Renzi in un’intervista al Wall Street Journal chiarisce che le riforme si faranno, a ogni costo. E aggiunge: «Escludo categoricamente la possibilità di nuove tasse in Italia». «Sarò chiaro: penso che l’austerità senza crescita sia un errore», ha detto Renzi. «Ma per me è impossibile sostenere questa posizione senza un progetto molto forte di riforme nel mio Paese. Non sono credibile se non sono in grado di realizzare le riforme in Italia». 

Renzi negli Stati Uniti elenca le 5 riforme su cui punta per far sì che il Belpaese «non sia solo un grande passato ma guardi al futuro»: il jobs act perché la riforma del lavoro «è troppo focalizzata sul passato e crea disoccupazione», le riforme istituzionali, quella della pubblica amministrazione e della giustizia e la lotta alla corruzione. Priorità che indica nel quartier generale di Bloomberg, davanti ai vertici Ibm, Morgan Stanley, Citigroup, Bank of America, Coca Cola e i più grandi fondi di investimento americani. 

Il premier assicura sulla sua determinazione ad andare fino in fondo ma al tempo stesso mette all’indice nemici e frenatori. Non li chiama «gufi» anche se, per un’ora di incontro, intervistato dal vicepresidente di Morgan Stanley Ruth Porat, non ha remore a sfoggiare un inglese ardito. «In Italia personalità dell’estrema sinistra, e non della destra, pensano che va ad ogni costo mantenuto lo Statuto dei Lavoratori e che questo è l’unico modo per essere uomini di sinistra». Ma, è l’auspicio e anche l’ultimo appello alla minoranza del Pd, «mi auguro che il Pd scelga il futuro e non il passato». 

Dagli Stati Uniti, il premier lascia ancora pochi giorni di tempo al Pd per discutere e litigare. «La discussione può anche aiutare ad uscire più forti ma è chiaro - avverte - che non è pensabile che ci siano momenti in cui uno si ferma e si tira indietro. Le riforme vanno fatte». Se il jobs act è lo scoglio più grande, la prova del nove, il premier descrive anche alla comunità americana le riforme istituzionali: il Senato sarà riformato «in meno di un anno» perché ora, spiega, esiste il bicameralismo perfetto che «non va bene», la legge elettorale consentirà di avere la certezza del vincitore. «Perché - scherza provocando risate - in Italia è sempre il vostro 2000, c’è sempre il pareggio (sottolinea facendo riferimento al testa a testa per le presidenziali Usa tra Al Gore e George W.Bush) e tutti pensano di aver vinto». Invece nel 2018, «quando si tornerà a votare», è la previsione data a chi conosce l’incertezza politica in Italia, si saprà chi vince e chi perde. Magari allora, conclude mostrando gusto per il rischio, «perdo pure le elezioni in modo chiaro ma ho deciso di investire il mio risultato elettorale non per il mio futuro politico ma per cambiare il paese».

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