Anche noi del Camerlengo eravamo tra i plaudenti della Leopolda 2011, quella della famosa narrazione di Alessandro Baricco ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2011/11/baricco-trionfa-alla-leopolda-gli.html ), con l'esortazione ad avere coraggio, rischiare per vincere, muovere per primi (che se lo si fa sempre per secondi, al più si "patta"), la denuncia della cancellazione, nel lessico della sinistra, delle parole "Merito" e "Classe Dirigente", che infatti sono concetti scomparsi anche nella realtà. Bellissima l'esortazione ad andare "oltre" certe persone e le loro posizioni, che tanto anche ragionandoci per lustri non le sposteresti dalle loro convinzioni (sospetto ci fossero anche. se non soprattutto, i sindacati tra i destinatari di questa affermazione).
Baricco era il cantore del Renzi di allora.
Oggi non va alla Leopolda.
"Mi è impossibile andare".
Lui è "impossibilitato", altri adducono altre ragioni.
Anche noi, nel nostro piccolo, non andremo.
Da Baricco a Guerra la stagione delle assenze alla Leopolda di governo
Defezioni pesanti ma anche un finanziamento record
Alessandro Baricco, tra i
fondatori della Leopolda delle origini, tenne uno storico discorso in
cui criticò la “sinistra conservatrice”. Quest’anno non ci sarà. Come il
manager Andrea Guerra e il banchiere Cosimo Pacciani
Chi ha domandato a Baricco si è sentito rispondere «mi è impossibile andare», una frase che comunque sia comunica il senso di una stagione che s’è conclusa. Proprio lo scrittore è l’autore di alcune delle idee, e dei discorsi più noti, dell’epopea Renzi. Fu Baricco, in una Leopolda ormai passata - gli anni ruggenti della promessa di rupture - a dire, barbarico: «La sinistra della mia generazione ha mosso i suoi pezzi sempre per seconda, ha giocato sempre coi neri, di rimessa. Voi invece - raccontò a una platea estasiata, nel discorso in assoluto più cliccato e ascoltato del 2011 - dovete muovere per primi, chi muove per secondo diventa conservativo, vuole fare la patta, è molto difficile che giochi per vincere. La sinistra in cui sono cresciuto io, oggi è ciò che di più conservativo c’è in questo paese». La sensazione è che questa speranza di rottura della conservazione, di ricerca del merito, di scelta della squadra dei migliori, sia un po’ affievolita, diciamo così.
Una Leopolda senza Baricco è più o meno come un Napoli senza Cavani (e non si vede un Higuain alle porte); ma quella dello scrittore non sarà l’unica assenza che siamo in grado di raccontare. Non ci sarà neanche la scoperta più promettente dell’anno scorso, quell’Andrea Guerra che, da ad a Luxottica, ha portato in questi anni l’azienda a essere la prima italiana per esportazioni, ha siglato le intese con Google, prima di andare via nella nuova, frizzante gestione Del Vecchio. Guerra al telefono ragiona così: «La Leopolda era un fantastico strumento di marketing, che funzionava bene in quanto tale. Ma che marketing puoi fare quando sei ormai al governo? Al governo devi fare le cose, e basta».
Inutile addentrarsi in bilanci definitivi, troppo poco è ancora il tempo che è stato concesso a Matteo Renzi. Ma il segno di una qualche perplessità lo si coglie, in giro. Accanto a Guerra l’anno scorso emerse un personaggio che colpì molto chi era lì, una giovane donna col nome da uomo: Andrea Marcolongo. Fece un discorso ipnotico, con uno slogan che molti ricorderanno, «siamo un’Italia cresciuta a pane e sciatteria». Diplomata a pieni voti alla Holden, con un ottimo futuro già avviato nell’editoria, colpì a tal punto che Renzi la volle nella sua squadra, e è stato così che Marcolongo ha finito a lavorare come unica ghostwriter del premier per tutto l’ultimo anno, quello delle primarie e delle europee (tra le sue tante invenzioni anche tutte le citazioni nei discorsi renziani, da Dave Eggers a Murakami, provengono da lei). Anche lei quest’anno non ci sarà.
Se ne vanno sempre i migliori. Un’assenza sicuramente di notevole peso sarà quella di Cosimo Pacciani. I non cultori della materia diranno: e chi è Cosimo Pacciani? Uomo di finanza, ma forse prima ancora intellettuale, grande e vero amico di Renzi dai tempi del liceo (il Dante di Firenze, che hanno frequentato insieme, anche se Pacciani è lievemente più grande), oggi - dopo una carriera rapidissima in Credit Suisse e Royal Bank of Scotland - è approdato all’Esm, il Fondo salvastati, dove guida la sezione rischi. La percezione di un atteggiamento di disincanto è nitida. E certo non se ne può rallegrare il premier. Un diverso tipo di uomo di finanza, Davide Serra, non ci sarà ma solo per impegni a Londra. E è stato generoso, ha donato alla Leopolda 2014 175mila euro.
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