martedì 28 ottobre 2014

MA COME SIAMO USCITI DAGLI STRESS TEST EUROPEI ? POLITO E GIACALONE CON OPIONIONI OPPOSTE



Antonio Polito e Davide Giacalone sono due degli opinionisti più apprezzati e pubblicati dal Camerlengo (con confessata preferenza per il secondo). Potete quindi comprendere un qual certo personale imbarazzo nel leggere due commenti pressoché opposti sull'esito degli stress test a cui sono state sottoposte le nostre banche (unitamente alle altre europee, ancorché non tutte : quelle dei lander tedesche no, perché i teutonici sono sempre un po' meno , o un po' più, uguali degli altri). Negativo quello di Polito, positivo quello di Giacalone.
Chi ha ragione ?
Tra gli amici del Blog ci sono diversi che, sicuramente più di me, che sono solo un orecchiante, s'intendono di economia e finanza. Magari potrebbero dare un loro contributo ad una maggiore comprensione.
Ecco quindi di seguito i due articoli a confronto.



Gufi o allocchi? C’è una terza via

Il nostro sistema bancario era il più solido di tutti. Poi è arrivata la smentita dall’esame della Bce

La sede della Banca d’Italia a Milano (Ansa) La sede della Banca d’Italia a Milano (Ansa)
 
Per anni politici e banchieri ci hanno garantito che il nostro sistema bancario era il più solido di tutti. La smentita arrivata dall’esame della Bce si può dunque spiegare in due modi: o i problemi delle banche italiane sono stati sottovalutati qui, o sono stati sopravvalutati dall’Europa. Oppure tutte e due le cose insieme. Delle nostre colpe parlano i numeri: siamo la maglia nera, con due grandi istituti chiamati a rafforzare il loro capitale; un terzo dei miliardi che mancano sono addebitabili a noi; la più antica banca del mondo, Monte dei Paschi, è oggi la più debole d’Europa. Avessimo ricapitalizzato prima, invece di sbandierare ottimismo, forse avremmo anche avuto più credito disponibile in questi anni. E quando mai i governi italiani si sono occupati dei criteri di questi test di cui oggi ci lamentiamo?
D’altra parte è fuor di dubbio che l’esaminatore è stato particolarmente severo con noi. E non può trattarsi di un pregiudizio etnico, visto che il presidente della Bce è un italiano, alla guida della Banca d’Italia fino al 2011. Ma ogni volta che finisce in un sistema di valutazione internazionale, l’Italia sconta la debolezza intrinseca della sua economia e del suo sistema Paese. Giudicare la solidità di banche in una nazione che ha perso un decimo del suo Pil in sette anni è infatti cosa ben diversa che giudicare le banche tedesche. Contro di noi gioca sempre un sospetto in più. Come diceva l’apertura del Financial Times di ieri: «L’Italia finisce sotto pressione dopo che nove banche falliscono gli stress test».
Siamo sempre sotto pressione. È un po’ quello che accade anche ai nostri conti pubblici. Renzi ha dovuto strappare quasi con la forza a Bruxelles uno sconticino dello 0,2% (la Commissione voleva lo 0,5%, ieri il governo ha accettato lo 0,3%). Ma la vicenda delle banche ci ricorda che non è solo l’energia e neanche la statura del leader a fare il peso specifico di un Paese; che si calcola con altri criteri, crescita economica, credibilità internazionale, proiezione estera, forza militare. Ogni debolezza amplifica le altre: l’economia reale condiziona i test sulle banche, questi provocano il crollo della Borsa di ieri, che a sua volta influenza l’economia reale. È una lezione da tener presente. Per uscire dalla nostra crisi non basterà gettare il cuore oltre l’ostacolo: bisognerà farci passare l’intero corpo di un’Italia oggi molto gracile. Questo richiede un sistema Paese forte e coeso, dove non brilli solo la stella di un capo, tanto più forte quanto più solitario. E una classe dirigente consapevole della perdurante gravità dei nostri problemi: una terza via tra i gufi e gli allocchi, per i quali va sempre tutto bene. 

Stress e test

 
 Davide Giacalone
 Il problema non è farsi misurare, ma non misurarsi. In una Unione europea sempre più conflittuale. I test sulle banche sono andati, per l’Italia, alla grande. Certo che ci sono dei problemi, ma guai a non ricordarsi di come eravamo messi due o tre anni addietro. Abbiamo una singolare propensione a ingigantire i nostri svantaggi e miniaturizzare i vantaggi. Non si tratta di praticare un ottimismo di maniera, ma di usare il materialismo realista. Altrimenti si creano classi dirigenti subalterne e incapaci. Dunque: una premessa e sei osservazioni.
La premessa: la vigilanza bancaria unica europea è una cosa positiva, se la si interpreta e usa al meglio. Gli stress test sono cosa buona e giusta. Se li avessero fatti per tempo, negli Usa, non sarebbe successa la tragedia che s’è vista. Il sistema bancario non può essere accusato, a intermittenza, oggi di non prestare a tutti e domani di avere prestato senza considerare i pericoli. Veniamo alle osservazioni, che sono la sostanza.
1. Nel corso della bufera, dal 2010 in poi, le nostre banche non hanno avuto aiuti di Stato, al contrario di quelle francesi, inglesi, spagnole e tedesche. I soldi prestati al Monte dei Paschi sono stati restituiti. Non solo: l’intervento europeo, con il fondo salva stati da noi cofinanziato, ha salvato le banche che avevano investito, per lucro e speculazione, nei titoli dei paesi avviati al default. Tali banche sono principalmente tedesche e francesi.
2. I tedeschi hanno chiesto e ottenuto di tenere le casse dei Lander, le Landesbank, fuori dalla vigilanza comune. Tale situazione deve essere cancellata, perché se uno scolaro si rifiuta di fare i compiti a casa non è un buon motivo per escludere tale rifiuto dalla valutazione della sua condotta e della sua preparazione.
3. Si ritrovano in difficoltà, e nella necessità d’integrare il proprio capitale, due banche italiane: Mps e Carige. Lo sapevamo di già. Ce lo siamo raccontati in tutte le salse. Semmai s’è fatto finta di niente, propiziando il calo borsistico successivo. Mentre altre sette banche, italiane, non vengono bocciate perché le operazioni sul capitale, effettuate l’ultimo anno, sono esaustive. Bene, vuole dire che se si vuole e si sa fare, si può fare.
4. Il presidente dell’Associazione bancaria, Abi, Antonio Patuelli, ha giustamente osservato che non è stato certo un favore all’Italia andare a fare i conti usando i dati del 2013, che risentono del momento peggiore per la divaricazione degli spread. Sarebbe stato meglio usare i dati del 2014. Certamente, ma vado oltre: si è introdotta l’idea che anche i titoli di Stato comportano un rischio e si è considerato che le banche italiane ne hanno in pancia per 427 miliardi, le tedesche per 359 e le francesi per 275. Se si calcola la percentuale rispetto al prodotto interno lordo, l’esposizione delle nostre banche a quel rischio cresce. Ci sto. Ma si deve fare osservare che l’Italia, al contrario della Germania, non ha mai mancato di pagare i propri debiti. Come anche che noi teniamo al nostro interno il 65% del nostro debito pubblico, mentre la Francia ne ha fuori il 55%. Chi crea maggiori rischi sistemici e collettivi?
5. Le banche sono state utilizzate per spegnere l’incendio della speculazione sui debiti sovrani, in tal senso ricevendo soldi all’1%, dalla Bce. Ha funzionato, applausi. Ma ora che i pompieri sono vittoriosi non si vorrà mica considerare peggiori quelli che hanno usato più acqua, avendo più fiamme da domare?! Così la recessione si perpetua, i prestiti si contraggono e i conti delle banche peggiorano. E queste non sono faccende tecniche, ma terreno di schietto scontro politico.
6. Infine, stress test e vigilanza comune preludono al mercato bancario unico. Evviva. Ciò porta con sé la necessità di aggregazione fra le banche (come in Italia s’è già fatto). Chi governa questo processo? Occhio, perché se i titoli del debito italiano sono considerati più rischiosi dei derivati spericolati nella pancia delle banche tedesche la conseguenza è che gli scassoni saranno in grado di comprare banche forse non modernissime, certamente non spericolate, sicuramente troppo generose con i peggiori e avare con chi produce, ma decisamente meno malate e più trasparenti di quelle da cui si spera che non prendano esempio.
Ecco perché questa è una faccenda politica. A noi italiani è mancata la politica. Sono stati i governi supposti tecnici (Monti) e di salvezza nazionale (Letta) ad avere accettato condizioni tecnicamente svantaggiose e di affossamento nazionale. Guai, oggi, a leggere i risultati di quei test senza cogliere i punti di forza che nascondono. Quelli da far valere con fermezza, senza mettersi a fare gli ondivaghi sui conti pubblici.

1 commento:

  1. DAVIDE GIACALONE

    Può aiutare il fatto che, nella medesima prima pagina del Corriere, si trovava un articolo di Bragantini, che sosteneva tesi ben diverse da quelle di Polito. A me pare che l'ottimo Polito abbia colto un aspetto della questione, ma abbia tirato un po' via in fretta, fidandosi della graduatoria e senza approfondire il resto. Perdendo, quindi, la visione d'insieme. Il comunicato della Banca d'Italia, a tal proposito, chiarisce non poco.

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