venerdì 2 gennaio 2015

ATTENTI AGLI SCERIFFI CATTIVI



Avevo letto, come di solito, l'articolo si Sansonetti su Il Garantista, approvandolo, per lo più, ma piuttosto indeciso se postarlo, trattandosi di concetti noti del bravo direttore, sia pure prendenti spunto stavolta da un fatto inquietante, vale a dire la inquisizione per mafia di una ragazzina, all'epoca dei fatti, appena 14enne ( forse nemmeno...). 
Poi, il commento del solito Prialo, un educato (i suoi toni in genere sono garbati) lettore che ha assunto come scopo della sua giornata il fare da contro canto agli articoli sulla giustizia del giornale...
Stavolta è stato laconico : "Gli sceriffi, ricordiamolo, combattevano il crimine e, al punto in cui siamo arrivati, ce ne sarebbe un gran bisogno anche qui, oggi."
A questo punto ho pensato che è vero che le idee di Sansonetti si ripetono, ma è bene, avverso tutti i Prialo d'Italia, diffonderle come possibile. Il blog un piccolo contributo, visto i mille contatti giornalieri, può provare a darlo.
Ah, ho risposto così all'amico degli sceriffi : "
A parte che un magistrato, ancorché un PM, comunque non dovrebbe fare lo sceriffo ma semmai controllare che questi – Questore , Commissario, ufficiale dei CC… chi sia – agisca rispettando la legge…poi ci sono sceriffi “buoni” e quelli “cattivi”: uno che persegue una ragazzina di 14 anni – che di questo si parla – credo che sia da annoverare tra i cattivi"



Il Garantista

La cultura degli sceriffi porta alla follia

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Se davvero c’è un magistrato che ha deciso di incriminare per mafia una bambina di 14 anni, è chiaro che quel magistrato sta male. Bisogna aiutarlo. Lo dico davvero, senza ironia. Una persona che pensa sia una cosa giusta accusare di mafia una bambina, sicuramente non è un malfattore, indiscutibilmente è in buona fede: è solo travolto da una passione fanatica, dovuta a tante cose, che lo spinge a credere che il suo dovere sia quello, essere inflessibile, punire, reprimere, scovare criminali ovunque, e pensa che questa sua inflessibilità sia la sostanza dell’eticità della sua professione e il bastione intorno al quale radunare un esercito in grado poi di affrontare il male, e la mafia, e di sgominarli.
l problemi ora sono due, uno pratico e l’altro teorico. Il problema pratico, immediato, è che intervenga una autorità superiore e cancelli l’incriminazione contro la ragazzina. Questo immaginiamo che avverrà già nella giornata di oggi. Supponiamo che la Procura prenderà posizione per evitare anche che l’azione avventata di un Pm produca un danno di credibilità molto forte alla magistratura calabrese.
Il secondo problema sta nella seguente domanda: come può succedere che un Pm perda il senso della realtà fino al punto da mettere sotto accusa per mafia una ragazzina?
Io penso che le ragioni siano due. La prima riguarda la difficoltà di battersi contro il fenomeno della mafia, specie in Calabria, specie nel reggino. I magistrati sono costretti a un lavoro quasi impossibile: la società – e soprattutto la Grande Compagnia Infallibile dell’Antimafia – ha affidato loro il compito di lottare, da soli, contro un fenomeno sociale, politico e criminale di dimensioni vastissime e che è avvinghiato con radici molto profonde alla storia e alla vita e all’economia di questa società.
La magistratura, anche se ricorre allo sceriffismo più estremo, come quello di questo povero Pm che ha incriminato la ragazzina, non ha nessuna possibilità di venire a capo del problema. La magistratura ha il compito di punire il crimine e di scoprire la verità. Punto. E deve farlo rispettando le leggi e la Costituzione. Non ha il compito né di prevenire il crimine (guai se lo facesse) né tantomeno di affrontare problemi di carattere sociale, economico e di organizzazione del potere. La magistratura giustizialista – quella spinta dalla Compagnia Infallibile dei giustizialisti, che pensano che la lotta alla mafia si conduca facendo il tifo per gli sceriffi e sputando addosso a chi prova a difendere il diritto e la Costituzione – è destinata ad essere sconfitta. Questo è un problema enorme. L’antimafia, in Italia, e in particolare in Calabria, sta facendo di tutto per mettere la ’ndrangheta in posizione di forza.
La Calabria ha bisogno di ricostruire l’antimafia, cioè di costruirla partendo da zero, mettendo insieme forze politiche, intellettuali, anche religiose, capaci di proporre un programma di riorganizzazione della società calabrese che tagli gli spazi alla mafia, che crei legalità e non che vada in giro con la faccia feroce e la rivoltella alla cinta.
Oggi l’antimafia non esiste. E’ chiaro che in questo clima – giudici soli contro tutti e appoggiati solo da gruppetti di fanatici che saranno anche persone per bene ma hanno il cervello scollegato – un Pm che non abbia una gran cultura del diritto può sentirsi costretto a provvedimenti estremi. Come quello di colpire i bambini.
La seconda ragione di questo “impazzimento” di un magistrato sta nel clima di “assedio” che una parte della magistratura, e più precisamente la dirigenza dell’ Anm, ha creato in tutto il paese. Nel timore di una riforma della giustizia che “limi” il potere eccessivo accumulato in questi anni dalla magistratura – o più precisamente dai Pm – l’Anm ha lanciato una campagna anti-riformista che poggia sull’idea che sia in corso un tentativo di sottomissione della magistratura al potere politico.
E questa campagna la svolge in modo massiccio grazie all’alleanza (se non vogliamo dire annessione) dei grandi giornali e delle grandi Tv. La campagna anti-riformista può persino inavvertitamente sfuggire di mano, e spingere ad azioni insensate e talebane come quella della quale stiamo parlando.
Perché si ponga fine a questo talebanismo dei magistrati occorre che sia una parte della stessa magistratura a ribellarsi. Non può continuare ad assistere in silenzio alla crescita esponenziale dell’estremismo eversivo nella magistratura “vincente”. Deve venir fuori, mettere un alt, accettare di pagare un prezzo e schierarsi in modo aperto e provocatorio per la riforma della giustizia. E’ l’unico modo per fermare l’imbarbarimento.

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