domenica 25 gennaio 2015

C'E' ANCHE UN' ITALIA CHE PRODUCE



LO scrive spesso Davide Giacalone, che cerca di arginare il - comprensibile - pessimismo diffuso ricordando che c'è un'Italia che ancora sta in piedi e cammina, anzi in alcuni casi, corre : è quella dell'imprenditoria che esporta.
Siamo tuttora, per dimensioni, la seconda economia manifatturiera d'Europa (prima la Germania) e la terza in assoluto  (dopo i tedeschi e i francesi, davanti o alla pari con gli inglesi) del continente. Questo nonostante 15 anni di rallentamento, poi di stagnazione e gli ultimi tre di recessione.
Certo, in molti casi i stiamo mangiando i beni di famiglia...ma NON vale per tutti. C'è una  minoranza, peraltro di numero non irrilevante, di imprese che anche in questo periodo ha saputo innovare, tenendo botta.
I numeri qui di seguito sono di Danilo Taino, e sono una boccata d'ossigeno

L’occasione giusta per le imprese italiane



Com’è possibile che l’economia italiana, in recessione da oltre due anni, abbia continuato a tenere sui mercati esteri? Con un aumento medio annuo delle esportazioni, tra il 2005 e il 2013 , del 2% in volume e di quasi il 4% se misurato in dollari (dati Wto)? Ristrutturazione delle aziende, in particolare uso intenso dell’innovazione — sembra essere la risposta. È vero che lo Stato è inefficiente. È vero che il tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro è stato elevato durante gli anni della Grande Crisi. Ma forse proprio per questi vincoli le imprese che hanno voluto sopravvivere non hanno potuto fare altro che innovare, a 360 gradi.
   Eurostat ha calcolato che nell’Unione Europea l’Italia è quarta per quota d’imprese considerate innovative. Se la media Ue conta il 48,9% di aziende che tra il 2010 e il 2012 hanno innovato, l’Italia è al 56,1% . Meglio hanno fatto solo Germania ( 66,9% ), Lussemburgo ( 66,1% ) e Irlanda ( 58,7% ). In tutti e quattro i settori considerati, le italiane sono sopra la media Ue. Il 29,1% ha effettuato innovazione di prodotto (sempre nei tre anni 2010-2012 ), contro una media europea del 23,7% . Nell’innovazione di processo, le percentuali sono rispettivamente del 30,4 e del 21,4 . Il 33,5% delle aziende italiane ha cambiato e modernizzato l’organizzazione, mentre in Europa lo ha fatto il 27,5% delle imprese. Nelle novità di marketing, infine, la quota delle italiane è il 31% e la quota europea il 24,3% .
   L’ufficio statistico della Ue fornisce anche dati, aggregati a livello europeo, della differenza di risultati tra le imprese che hanno innovato e quelle che non l’hanno fatto. Tra le innovative, il 60% ha aumentato il fatturato, il 56% ha abbassato i costi, il 51% ha aumentato i margini di profitto e il 42% ha accresciuto la propria quota di mercato. Tra le non innovative, solo il 48% ha aumentato il fatturato e abbassato i costi, il 36% ha aumentato gli utili e il 29% ha conquistato fette di mercato.
   A parte l’importanza, ben conosciuta, dell’innovazione, i dati sembrano indicare che l’intreccio tra lo Stato inefficiente e l’euro forte ha costretto a ristrutturazioni serie le imprese italiane. Questo non per dire che ora l’euro indebolito sarà negativo e che le riforme strutturali, se ci saranno, indeboliranno l’energia delle aziende italiane. Al contrario, per dire che siamo su una base solida: l’opportunità del momento può essere notevole.

@danilotaino

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