domenica 11 gennaio 2015

MUSULMANI MODERATI TROPPO SPESSO OMERTOSI E PAUROSI



Ernesto Galli della Loggia sul Corriera auspicava che nel mondo musulmano sorgesse una figura equivalente a quella di Rossana Rossanda, la quale, con coraggio, denunciò, all'epoca degli anni di piombo, le origini dei terroristi rossi : sono i "nostri", li troviamo nei nostri album di famiglia, disse. Fine della scusa delle schegge impazzite, o dei compagni che sbagliano (anche allora, c'erano poi i complottisti, quelli che dietro le Brigate Rosse vedevano l'"Uomo Nero", il "Grande Vecchio" con mire dittaroriali). Coloro che uccidevano in nome della rivoluzione del proletariato erano il frutto di predicazioni andate avanti per lustri, e che ora producevano i loro frutti avvelenati. Ammesso questo, non bastava prendere distanza, ma accettare di combattere il terrorismo, senza se e senza ma.
Ecco, i musulmani moderati dovrebbero avere una loro Rossanda, e decidere anche loro di rompere con nettezza con gli islamisti radicali. Non è facile, perché questi ultimi sono violenti, pronti ad uccidere i "traditori" del Profeta tanto quanto gli infedeli. 
La realtà dell'Afghanistan, dove dieci anni di presenza militare occidentale, di aiuti alle popolazioni civili, non sono bastati a sconfiggere i talebani, fanno temere che gli integralisti saranno anche minoranza ( francamente, quando si è votato nei paesi arabi, più spesso non è parso...), ma si rivelano più forti e determinati della maggioranza, timida quando non pavida. 
Di seguito, il colloquio con Boualem Sansal, uno scrittore algerino, che parla senza timore ( è stato già "condannato a morte" dai radicali) di guerra dichiarata dagli islamisti all'Occidente, con il mondo musulmano che non condanna, un po' per omertà, un po' per paura.



«I musulmani non condannano 
per un misto di paura e di omertà»
Lo scrittore algerino Boualem Sansal:
per qualcuno chi uccide è un eroe



«L’Occidente può anche rifiutarne l’idea. Ma per gli islamisti la situazione è assolutamente chiara: loro hanno dichiarato guerra all’Occidente».
Boualem Sansal, 65 anni, scrittore algerino su cui pende una condanna a morte degli integralisti, è l’autore, tra l’altro, del romanzo Il villaggio del tedesco (Einaudi) e di un saggio sull’Islam politico, Gouverner au nom d’Allah (Gallimard), in cui affronta senza soggezione per il politicamente corretto la relazione tra religione e potere, tra verità assoluta e realtà sfuggente della condizione umana.
Rispondendo al telefono dalla sua casa di Algeri, spiega perché, a suo avviso, i drammatici avvenimenti di Parigi non sono semplici «atti di terrorismo», per quanto efferati, e tanto meno «episodi criminali», quanto piuttosto «episodi di un conflitto in corso da tempo e capace di nuove, imprevedibili crudeltà».
Che guerra è questa che si svolge nelle strade delle città europee? Quali sarebbero gli obiettivi?
«È un conflitto che ha diverse ragioni e più obiettivi. Gli islamisti ne giustificano la legittimità per i bombardamenti occidentali in Siria, in Iraq e in altre parti del mondo arabo. Ma se vogliamo fare un passo in più, scopriamo che così loro cercano di costruire un senso di appartenenza alla comunità islamica, vogliono tracciare una linea precisa tra un “noi” e un “loro”, spingendo gli indecisi a schierarsi. Pensiamo alle azioni di Merah (le stragi a Montauban e Tolosa, ndr ) o di Mehdi Nemmouche (l’assalto al museo ebraico di Bruxelles, ndr ), e ora i massacri di Charlie Hebdo e del negozio kosher: per i giovani delle banlieues , i killer diventano degli “eroi” da imitare. O rifiutare: ma, in questo caso, rischiano di essere visti come traditori venduti all’Occidente».
Lei parla di guerra, ma c’è chi, in Europa, li considera solo atti di terrorismo…
«Usano armi da guerra: kalashnikov, bombe. Sono stati addestrati al combattimento e questo portano, con estrema fierezza, nelle strade delle città d’Europa: di cos’altro si dovrebbe parlare? D’altro canto, non è nemmeno la prima volta che accade: durante la guerra d’Algeria, o più avanti, nel corso della guerra in Iraq, la battaglia è stata portata sul territorio europeo per spaventare e dividere i governi. Con risultati, dal loro punto di vista, estremamente soddisfacenti».
Ai musulmani viene oggi chiesto di denunciare queste aggressioni, di parlare chiaramente contro la violenza. È giusto farlo?
«Io credo e lo dico apertamente che i musulmani debbano denunciare gli islamisti per salvare la loro religione. Perché questi estremisti violenti stanno distruggendo l’Islam.
La vera difficoltà per la comunità islamica è che le differenti interpretazioni del Corano sono trasversali rispetto alla società. Insomma, in una stessa famiglia ci sono fratelli schierati sui due fronti: quello moderato e quello radicale. Durante la guerra civile, in Algeria, la gente aveva paura di denunciare i membri del proprio clan. Una situazione che può essere paragonata alle famiglie mafiose: nessuno parla perché non si possono toccare i parenti. E poi c’è la paura della vendetta. Così arriviamo all’omertà».
Ma perché tanto odio verso l’Occidente? In Francia ci sono 6 milioni di musulmani, la maggior parte dei quali nati e cresciuti nella République…
«In verità, gli islamisti sono una minoranza che opprime una maggioranza che vorrebbe vivere serenamente nella loro patria d’adozione. Ma seminando odio si previene l’assimilazione, si difende la “purezza” islamica. Il discorso è semplice: è colpa degli occidentali, ci hanno colonizzato, noi siamo lì a lavorare, ci sfruttano. Molti alla fine maturano un sentimento di rivincita. Altri dicono: finalmente si occuperanno di noi, ora che il nostro estremismo li terrorizza».
Che cosa si può fare per arginare una contrapposizione che può portare a un punto di non ritorno?
«Non è facile ma occorre trovare il modo di liberare i musulmani dalla paura di dire quello che pensano. Dobbiamo sapere però che i nostri avversari sono uomini che non hanno timore di essere chiamati assassini».

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