La Tunisia dovrebbe essere l'unico paese, di quelli della leggendaria primavera araba, dove le cose sembravano essere effettivamente un po' migliorate, con la caduta dell'autocrate Ben Alì e l'affermazione, alle libere elezioni, di islamisti veramente moderati (ancorché le speranze dei tonti d'occidente, quelli che si sono commossi alla brezza primaverile, erano di un'affermazione dei partiti laici, che invece da quelle parti sono e restano minoranza, e non è il plauso e la simpatia dei benpensanti di casa nostra che cambia i numeri).
Quanto accaduto oggi, con l'assalto terrorista di quelli dell'ISIS, con molte vittime tra cui sembra ci siano anche diversi turisti italiani, mostra un'altra realtà, che ben descrive, a caldo, Guido Olimpio sul Corriere della Sera.
Prima di lasciarvi alla sua lettura, riportiamo le dichiarazioni del ministro del turismo tunisino, solo 24 ore prima dell'attacco :
: "La Tunisia è un Paese sicuro che può essere visitato tranquillamente. Certamente la situazione in Libia - spiegava in un'intervista all'Ansa - non ci aiuta, come avviene sempre quando ci sono problemi in paesi vicini, ma le nostre frontiere sono assolutamente impermeabili a qualunque tentativo di infiltrazione. Non c'è nessun problema di sicurezza in Tunisia, è tutto sotto controllo".
Pensa se c'erano problemi.
L’ANALISI
L’attacco al Bardo non è una sorpresa
Da tempo in Tunisia ribolle la galassia estremista, composta in gran parte da veterani della Jihad. In azione costole di Al Qaeda e Isis e i radicali di Ansar al Sharia
Agenti di sicurezza tunisini all’esterno del museo del Bardo (Afp)
Il fuoco tunisino brucia da tempo e l’attacco al museo del Bardo
non è una sorpresa. Le autorità temevano sorprese e in questi mesi
hanno accentuato le operazioni di contrasto con dozzine di arresti,
rastrellamenti ai confini, controlli massicci. Ma non è bastato. Troppo
forte la presenza di militanti violenti, così come è troppo vicino il
vulcano libico.
I veterani della Jihad
Il
governo, da tempo, ha messo in guardia sul rischio rappresentato dai
veterani della Jihad. Si calcola che siano partiti per Iraq e Siria
circa 2400 volontari jihadisti (altre stime parlano di 3 mila) e molti
sono tornati gonfiando lo schieramento estremista. La minaccia è portata
da diversi fronti. C’è il gruppo Okba bin Nafi,
nato da una costola di Al Qaeda nella terra del Maghreb, protagonista
di numerosi agguati contro soldati e polizia. Ci sono i «radicali» di Ansar al Sharia,
tra loro alcuni terroristi noti anche in Italia dove sono stati
detenuti per lunghi periodi in seguito a indagini della nostra
magistratura. Quindi le cellule nascenti dell’Isis,
rinforzatesi con elementi che si sono fatte le ossa sul campo siriano
e altri arrivati dalla Libia, dove hanno trovato buona accoglienza tra i
militanti locali. Gli estremisti hanno colpito in modo dura nella
regione di Kasserine ma anche costruito gruppi di fuoco nella città.
I precedenti
I
terroristi tunisini hanno assassinato agenti, due esponenti di spicco
della politica locale (Mohamed Brahmi, Chokri Belaid) e soldati. Alcuni
trucidati in mezzo ad una strada, altri decapitati o sorpresi lungo un
sentiero di montagna. I confini porosi, i tradizionali traffici di armi
e il contrabbando si sono rivelati alleati preziosi per i killer. La
vicinanza poi della crisi libica ha fatto da sponda. Appena lunedì è
stata «celebrata» la morte a Sirte di Ahmed al Ruwaysi, alias Abu
Zakarya al Tunisi: era ricercato per l’omicidio di Brahmi e Belaid ed è
stato ucciso durante un conflitto a fuoco.
Obiettivo «morbido»
Infine
un dettaglio sull’operazione stessa. Gli attentatori hanno seguito il
modus operandi tradizionale prendendo di mira un obiettivo «morbido» -
come i turisti in un museo - ma hanno agito al centro di Tunisi. Forse
avevano in mente di colpire anche il Parlamento. Quindi la presa
d’ostaggi per allungare il ricatto ed ottenere una copertura mediatica
prolungata. Il timore è che sia solo l’inizio.
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