lunedì 2 marzo 2015

PANEBIANCO : PUTIN MORALMENTE PEGGIO DI MUSSOLINI

 Image result for IMPERIALISMO RUSSO

Mi piacerebbe assistere ad un confronto tra Angelo Panebianco, Piero Ostellino (e/o Danilo Taino) da una parte e Sergio Romano e Roberto Toscano dall'altra.  I primi avversari dell'autocrazia di Vladimir Putin e il revanscismo della Russia, i secondi abbarbicati ad una politica di appeasement ( la stessa di Chamberlein negli anni '30, che evitando di stroncare l'espansionismo di Hitler sul nascere, diede modo e tempo alla Germania nazista di rinforzarsi fino allo scoppio della seconda guerra mondiale).
Danilo Taino, proprio ieri, riportava qualche numerino per ricordare la sostanza della strana democrazia russa sotto la guida di Putin (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/03/a-quelli-che-fanno-il-tifo-per-putin.html ), oggi Panebianco scrive un'editoriale critico assai con Mogherini e Renzi, abbastanza proni nei confronti dell'orso sovietico (finto lapsus... volendo sottolineare l' identica vocazione imperialista dell'attuale Russia). 
Sicuramente in me pesa il fatto di essere sempre stato un assoluto anticomunista e anti sovietico. Negli anni della guerra fredda non ho mai avuto dubbi su da che parte stesse il "bene" (non pensando che l'Occidente fosse scevro da limiti e imperfezioni, ma comunque imparagonabilmente migliore a quelli dell'"altra parte"), e gli anni '80, con Reagan presidente, li reputo tra i migliori per  USA ed Europa (infatti conclusisi con il crollo del muro di Berlino e di lì a poco dell'URSS).
La questione Ucraina è complessa, essendo tale la storia di quella regione, e sono d'accordo che sarebbe bene che USA Russia ed Europa mediassero utilmente perché in quel paese si arrivi ad una pace equilibrata. Però il modo russo di mediare mi suona indigesto...
Buona Lettura


Le relazioni imbarazzanti
 di Angelo Panebianco 


Se esistesse un indice di moralità politica applicabile alle tirannie, Benito Mussolini otterrebbe un punteggio più alto di Vladimir Putin. Mussolini, dopo il delitto Matteotti, se ne assunse la responsabilità. Putin, invece, di fronte all’omicidio del suo avversario Boris Nemtsov, ha saputo solo parlare di «provocazione». Come peraltro è avvenuto in occasione di altri omicidi di oppositori del Cremlino.
I simpatizzanti che Putin può annoverare in Italia dovrebbero porsi qualche domanda. A destra, lo dovrebbero fare Berlusconi, amico personale di Putin, e Salvini. A sinistra il compito spetterebbe a molti, a cominciare dalla Mogherini, e dallo stesso Renzi, sempre molto comprensivi per le «esigenze» russe nella crisi ucraina.
Varrebbe la pena di riflettere sul fatto che esiste un legame fra la politica estera e la natura dei regimi politici. La natura del regime russo — non una tirannia in senso classico ma una democrazia autoritaria — è oggi brutalmente disvelata dall’omicidio Nemtsov. Perché continuare a fingere che il neoimperialismo della Russia non abbia una stretta connessione con l’autoritarismo interno? Quando Putin si è incamerato la Crimea, cambiando in modo non consensuale i confini dell’Europa, ha fatto ciò che una grande potenza che aspiri a cogestire l’ordine internazionale mai avrebbe dovuto fare. Perché quella decisione ha alterato irreversibilmente i suoi rapporti con l’Europa e gli Usa. Putin lo ha fatto perché un regime come il suo può sostenersi soltanto aizzando frenesie nazionaliste. Poi, una volta fatta quella scelta (irrimediabile), Putin non si è più fermato né, probabilmente, avrebbe ormai avuto senso fermarsi: dopo la Crimea, ha trasferito nel resto dell’Ucraina orientale la guerra.
È necessario che gli amici di Putin ci pensino su prima di continuare a fiancheggiarlo. Devono riconoscere la pericolosità di quel regime, per ciò che fa agli oppositori interni e per il fatto che negli obiettivi della sua politica estera, oltre all’espansionismo territoriale, c’è anche il condizionamento da esercitare sull’Europa tramite i suoi amici politici greci, italiani, francesi, tedeschi.
Piuttosto che stendere tappeti rossi davanti al nostro «vicino di casa» (come lo ha definito la Merkel), è meglio rendersi conto della sua pericolosità e chiudere i buchi della rete divisoria che ci separa dal suddetto vicino. Significa adottare una postura più decisa nella crisi ucraina. E pensare a come diversificare al meglio gli approvvigionamenti energetici in modo da renderci meno esposti ai suoi ricatti.

Nessun commento:

Posta un commento