martedì 10 marzo 2015

PSICHIATRIC HELP PER LA CLASSE MAGISTRATUALE. PER I GIUDICI "MALE NON FARE, PAURA NON AVERE" NON VALE.



Filippo Facci narra la sua diretta esperienza di un giudice che, invece di essere curato in una clinica psichiatrica, dove sarebbe il suo posto, resta a fare il proprio lavoro, semmai trasferito d'ufficio. Succede negli uffici pubblici, dove gli assunti sono intoccabili. Se ti capita uno mattarello (vale anche per i dichiaratamente incapaci), non si può mandarlo via, ma lo si trasferisce, in una sorta di distribuzione dei guasti : un po' per ciascuno non fa male a nessuno...
Tipico nel campo degli insegnanti, ma purtroppo vale anche per i magistrati, e non c'è paragone dei danni che possono comminare i secondi, che hanno il potere di decidere della vita altrui. 
In tutto questo, il neo presidente della Repubblica, per rassicurare le toghe innervosite da una finta legge sulla responsabilità civile, spiega che la riforma andrà monitorata, ché se dovesse portare a troppi processi contro i giudici...
A parte che, in questo caso, forse bisognerebbe domandarsi in prima istanza SE quei processi abbiano fondamento, e in tal caso potrebbero essere anche migliaia che il Presidente del CSM dovrebbe semmai intervenire per migliorare il livello dei magistrati in attività, ma poi come mai non vale per i giudici quel brocardo - in effetti un po' stupido ma tra loro, e i sinistroidi in genere, tanto di moda : "male non fare, paura non avere ?".
Ecco, i giudici stiano attenti a non fare (del) male.


Il dottore è fuori clinica

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 Faccio un esempio. Sono a conoscenza del caso di un magistrato affetto da un serio disturbo bipolare: serio vuol dire serio, non una depressione stagionale; roba da farmaci pesanti, da interventi chirurgici per disturbi alimentari autoinflitti e da assenze frequenti nei due dipartimenti in cui lavora. Essendo il suo un caso disperato - parlo degli effetti sulla sua attività - il Csm ne ha preso atto, ma si è limitato a fare come sempre: trasferirlo da un ufficio all'altro. In sostanza c'è una persona mentalmente instabile che di professione decide della libertà altrui: per la disperazione degli avvocati, dei cancellieri, degli assistenti, dei due capi-dipartimenti e, se non disturba, degli indagati che patiscono le sue decisioni. In minor grado c'è anche un'altra persona disperata: sono io, perché non posso scriverne. Il Csm, con lettera del 27 agosto 2008, ha invocato la legge sulla privacy per impedire che vengano nominati i magistrati condannati dalla propria sezione disciplinare: cioè gente che - cito sentenze a caso - ha dimenticato innocenti in carcere, ha perso fascicoli e anni di lavoro altrui, semplicemente non lavora oppure ecco, è mentalmente instabile. Ce n'è uno che è visto chiedere l'elemosina per strada, un altro ha spalmato l'ufficio di nutella, un altro ha urlato "ti spacco il culo" a un avvocato. La legge italiana prevede che vadano omessi i nomi dei minori, delle vittime di violenze sessuali e - prendiamo atto - dei magistrati. Poi dicono la casta.

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