mercoledì 22 aprile 2015

I "TENGO FAMIGLIA" DEL PARLAMENTO CHE SI PIEGHERANNO SULL'ITALICUM RIFLETTANO SE VERAMENTE, IN QUESTO MODO, SI ALLUNGHERANNO LA VITA

 

Su una cosa anche i renziani, purché onesti,concordano. Se il piglio del premier, nonché certe leggi, fossero stato patrimonio del Cavaliere, ci sarebbero stati gli incendi per le strade. In molti hanno sempre descritto Renzi come l'allievo di Berlusconi, naturalmente modernizzando il modello e migliorandolo. C'è però una differenza fondamentale. Il brianzolo è uno che ambisce ad essere "amato" da tutti. E quindi è più orientato a cercare il consenso. Da tempo di questo gli danno atto per esempio i sindacati, che, dopo aver assaggiato il toscano, sono arrivati addirittura a rimpiangere i tempi del Cav. Renzi no. Figlio della sua terra, non gli dispiace la polemica e lo scontro aspro, le battute al veleno, la liquidazione sommaria degli avversari di turno. 
L'epurazione dei 10 (DIECI !!!) membri della commissione Affari Costituzionali in un colpo solo lascia in effetti basiti, ancorché il regolamento lo consenta, così come la disinvoltura nell'arruolamento di transfughi da ogni dove, con un Parlamento che non ha mai visto un così vasto cambio di casacche come quello di questa legislatura.
Adesso non manca che il voto di fiducia sulla legge elettorale, e il quadro del "fascistello" che spesso descrive Ostellino è bello che compiuto.
Nel suo commento odierno Polito, parlando della fretta sospetta del premier (p minuscola...non è un refuso e nemmeno un lapsus), adombra una riflessione che in effetti dovrebbe agitare i peones parlamentari, attaccatissimi alle loro poltrone assai più che alle idee (ali)  che sbandierano. La minaccia di elezioni anticipate oggi è poco credibile, con le elezioni governate da un sistema proporzionale puro, dove la maggioranza assoluta Renzi nemmeno nei sogni più incantati riuscirebbe a raggiungerla.  Sicuramente avrebbe quella relativa, e una rappresentanza più omogenea e fedele, ma non gli bastrebbe per governare da solo, com'è sua suprema ambizione. No, ha bisogno dell' Italicum, del "Prorenzum" come lo ha definito Orsina, del suo abito sartoriale, come ormai dicono tutti, Panebianco per primo. Una volta ottenuto quello, a quel punto sì che la minoranza PD, e tutti gli altri, sarebbero sotto schiaffo permanente e assoluto.
Ci pensassero, prima di piegarsi all'ennesimo ricatto.


L’urgenza (sospetta) del premier
di Antonio Polito 
 

 L’ altro giorno, in un dibattito radiofonico, il deputato pd Roberto Giachetti ha giustificato così la sostituzione dei dissidenti in Commissione: «Il gruppo del mio partito si è espresso, e ha votato all’unanimità a favore dell’Italicum». Si riferiva alla riunione in cui tutti i parlamentari democratici contrari alla legge erano usciti e avevano votato solo i favorevoli. Tecnicamente, l’unanimità.
L a stessa vertigine di unanimità si è avuta ieri nella commissione Affari costituzionali, dalla quale sono usciti tutti i deputati delle opposizioni, dai Cinquestelle a Forza Italia, dalla Lega a Sel, e sono rimasti solo i renziani di complemento, in sostituzione dei dissidenti, più i resti di Scelta civica. Ma se è vero che la democrazia è il potere della maggioranza di decidere, come Renzi ha ieri ripetuto, è anche vero che la maggioranza ha bisogno di una minoranza per essere chiamata tale.
Al momento, la minoranza non c’è; e c’è un rischio elevato che non ci sia neanche in aula, se come è ormai probabile il governo metterà la fiducia sulla legge elettorale.
Naturalmente i nemici dell’Italicum non sono tutti disinteressati combattenti per la libertà. C’è chi, come in Forza Italia, ha approvato fino a ieri quella legge e ora la combatte perinde ac cadaver ; c’è chi nel Pd confonde l’opposizione a Renzi con la Resistenza; c’è chi ne approfitta per fare cagnara come i leghisti.
Ma la domanda da rivolgere al premier è perché stia dando a tutti costoro l’occasione per trasformare il dibattito parlamentare su una materia così delicata e rilevante in una corrida, come quella che portò qualche settimana fa, nottetempo, all’approvazione di una quarantina di nuovi articoli della Costituzione con un risicato numero di voti, spesso inferiori alla maggioranza assoluta, in un’aula semideserta. E soprattutto se pensa che ripetere lo stesso spettacolo sull’Italicum sia un buon viatico per la legge che deve regolare il sistema della rappresentanza parlamentare si spera nei prossimi cinquant’anni; e se così si possano dare basi solide a una riforma costituzionale ancora da completare, che per una definizione molto cara al Pd dovrebbe essere «condivisa».
Diciamoci la verità, l’Italicum in sé non è un’opera dell’ingegno così mirabolante da meritare una difesa a oltranza contro ogni cambiamento: il premier stesso l’ha ammesso, nessuna legge elettorale è perfetta. D’altra parte la necessità di approvarlo in fretta è contraddetta nella stessa legge da una clausola che ne rinvia l’entrata in vigore al 1 luglio del 2016, cioè tra più di un anno. Né il premier può più dire di essere vincolato ai patti del Nazareno, che sono stati rinnegati dall’altro contraente.
Tutto ciò autorizza il sospetto che dietro l’ansia di Renzi di chiudere la partita anche a costo di fare la figura di chi reprime il dissenso nel suo partito e in Parlamento ci sia l’urgenza di disporre al più presto dell’arma finale della legislatura.
E in questo crescente sospetto si annida per lui il rischio maggiore. Perché finora i deputati sono stati persuasi che se non passa l’Italicum vanno a casa. Ma che succede se si convincono che vanno a casa se passa ?

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