giovedì 7 maggio 2015

E CIVATI SE NE VA. ALMENO UNO E' COERENTE

 

Bè, almeno ogni tanto qualcuno in politica che sceglie la coerenza c'è. Magari con un certo ritardo, ma insomma non pretendiamo troppo. 
Mi riferisco a Pippo Civati che la lascia il PD. Sarebbe sorprendente che almeno i "suoi" non lo seguano, e anche gente come Fassina che resta a fare al Nazareno militarizzato da renzino ? 
Però, nel plaudire la scelta "vertical" di Pippo, una domanda mi resta : ma come caspita faceva a fare coppia con Renzi all'epoca della prima Leopolda ?  Molta acqua è passata sotto i ponti da quel tempo, il premier è molto cambiato, però l'impronta di quella convention aveva come parole d'ordine "meritocrazia" e "liberal". I politici esteri di riferimento erano (loro dicono che ancora è così) Clinton e Blair...
Insomma, renzino si è discostato da quell'impronta, ma il Civati filo Landini che ci azzecca con quella Leopolda ?
E' comunque sempre interessante leggere le sue interviste, perché, con garbo (parola che il suo ex sodale fiorentino non sa manco cosa significa ), le cose le dice in modo chiaro , anche condite da una lieve ironia (bellissimo il paragone tra la sinistra piddina e le civiltà precolombiane che sottovalutarono il pericolo dei conquistadores...). A qualcuno dei dem di sinistra fischieranno le orecchie.




«Bersani è troppo garbato 
e Cuperlo sbaglia strada
Io dialogo con Landini, ci saranno altri movimenti» 
 
 

ROMA «Guerini mi aveva invitato a fare pace con me stesso. Ecco, adesso mi sento in pace».
Pippo Civati, lei ha l’aria provata.
«Sono un po’ stanco. Ma vedo una risposta ottima, vedo l’entusiasmo di tanti elettori che hanno lasciato il Pd prima di me».
Perché, dopo mesi di penultimatum, si è deciso a rompere?
«La mia credibilità si stava offuscando, l’accusa di non avere coraggio stava diventando insostenibile. Il mio caso è tutto politico, ma anche molto personale».
È un tradimento, il suo?
«Io non ho tradito. È Renzi che non ha rispettato il programma con il quale siamo stati eletti. Esco per coerenza, per le troppe differenze di metodo e di merito e per lo spostamento a destra del baricentro politico. La mia uscita è una conseguenza logica per chi ha vissuto in modo drammatico il passaggio della fiducia».
È stato drammatico anche per Bersani e Cuperlo...
«Io non dico che chi resta è incoerente, sennò Cuperlo si offende. Ma quella frattura è irrecuperabile e chi si sta dedicando alla ricucitura, ha scelto una strada troppo complicata. La minoranza si è divisa e il colpo lo ha mancato, per usare la metafora di D’Alema. Dal Jobs act all’Italicum, hanno attivato tardi antidoti che non hanno funzionato».
Ce l’ha con Bersani?
«È un uomo troppo garbato e troppo onesto, lo dico senza ironia. Non voleva enfatizzare i contrasti, ma ricomporli. Solo che Renzi non è Bersani, nel bene e nel male. Hanno affrontato l’arrivo di Matteo come le società precolombiane con i conquistadores. Bersani potrebbe essere una figura di riferimento del nuovo partito, ma non credo che lascerà il Pd».
E Letta?
«Letta è un po’ lontano».
Landini?
«Ci siamo visti, per me è un interlocutore. Non credo che la sua iniziativa si chiuda in un fronte sindacale».
Se ne va da solo?
«Non è detto che la prossima settimana non ci siano altri movimenti. Sarà interessante vedere chi si muove con me, a partire dal Senato».
Fassina e D’attorre?
«Bisogna chiederlo a loro».

Farà un partito dello zero virgola?
«No, un progetto di sinistra di governo. L’Italicum, al di là delle modalità di voto violente, serve a costruire il partito della nazione, che in realtà c’è già. A leggere le liste delle regionali c’è da avere paura».
Perché il segretario non vi ha ascoltati?
«Lo ha fatto solo sul Quirinale, poi ha ricominciato a menare come un fabbro. Quando dissi “facciamo un presidente non Nazareno” i renziani mi ammazzarono, poi fecero Mattarella. Renzi ha fatto sempre così, morto Civati, viva Civati».
Ha sentito Renzi?
«Non mi ha mai chiamato e adesso si è tolto un fastidio. Niente di personale con lui, anche se in questi mesi non ha mai provato a convincermi, preferendo imporre le sue decisioni. Vado via senza con rancore, con l’orgoglio delle mie convinzioni».

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