Ormai è un classico. Salvini va da qualche parte a tenere un comizio, a qualche centinaio di fegatosi - non mel senso di coraggosi , ché non lo sono, ma di rosolati dalla bile - si va un vanto di mettere su un serraglio di urla e lancio di uova e altro per non farlo parlare.
Al di là di qualche parola di formale solidarietà, la reazione a questo atto di piccolo fascismo - era tipico delle squadracce andare in giro a far baccano e spaccare alla bisogna qualche testa per boicottare i comizi rossi -non si sente e/o legge molto contro questo modo assai poco democratico di cercare di zittire un uomo di cui non piacciono le idee. Figuriamoci quindi certi intellettuali doc, in genere celebri pe ril loro movimentismo e per il manifesto da firmare sempre pronto.
Lo denuncia Antonio Polito in un suo commento sul Corsera di oggi, e non possiamo che essere totalmente d'accordo con le sue parole.
Il diritto di parola
da difendere
e quei quotidiani attentati
alla democrazia
Antonio Polito Strano, non si è ancora visto un manifesto-appello di intellettuali per difendere il diritto di parola di Matteo Salvini nelle piazze della Repubblica. Non sono comparsi bavagli simbolici per ricordare che a nessuno si può tappare la bocca in questo Paese. La cultura democratica non sembra molto scossa da questo stillicidio ormai quotidiano di piccoli ma non banali attentati alla democrazia: ché tali sono i tentativi di impedire, interrompere, sabotare i comizi del leader di un partito politico regolarmente iscritto alla gara delle prossime elezioni regionali. Perché dunque la condanna, anche quando è ferma e sincera, non va mai oltre le solite frasi di circostanza, e quasi sempre è preceduta da una presa di distanza, del tipo “premesso che tutto mi divide dalle idee di Salvini, difendo il suo diritto a manifestarle”, come fa spesso lo stesso ministro dell’Interno, confondendo il suo ruolo istituzionale con quello di diretto concorrente elettorale della Lega? Perché, in realtà, sotto sotto, in fondo in fondo, molti di noi pensano che Salvini un po’ se l’è cercata, che il suo linguaggio è troppo provocatorio, che denigra e istiga, che è irresponsabile e politicamente scorrettissimo.
E invece no. Anche se fosse tutte queste cose, bisogna che ci convinciamo che il discorso politico della Lega non è fuori dal perimetro dei valori di una democrazia, e dunque ha pari dignità con tutti gli altri, e dunque è nel solo potere degli elettori censurarlo.
Dobbiamo riconoscere che lui e i suoi seguaci hanno il diritto non solo di dire ciò che dicono, ma anche di pensare ciò che pensano.
In molti altri paesi europei forze politiche nient’affatto eversive sostengono tesi non molto dissimili da quelle di Salvini sugli immigrati (il partito di Cameron per esempio) o sull’Europa (il movimento di Alternativa per la Germania) e a nessuno viene in testa di lanciargli contro uova e bottiglie, o di pensare che se la sono cercata.
Se ragioneremo così, se consentiremo a Salvini una campagna elettorale non braccata da manipoli di agitatori sempre a caccia di presunti fascisti pur di sentirsi vivi, allora potremo anche respingere nel dibattito pubblico ciò che in Salvini non ci piace, ciò che ci preoccupa, ciò che lo rende geneticamente minoritario, per quanti voti possa prendere.
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