martedì 2 giugno 2015

POLITO : RENZI PAREGGIA GRAZIE A DE LUCA. MA E' PROPRIO VERO ?

 

Grazie a Cosentino e alle sue truppe De Luca la spunta di un soffio (65.000 voti) in Campania.
Osserva  Polito, cui viene affidato il primo editoriale post elezioni del Corsera, come la vittoria in Campania significhi, politicamente, un pareggio e senza di essa forse anche i ventriloqui di renzino, Serracchiani in testa, si sarebbero vergognati ad andare in TV a dire :"abbiamo vinto 4-3".
De Luca, che, con Emiliano, è quanto di meno renziano si potrebbe vedere nel nuovo PD, ce l'ha fatta, aprendo ufficialmente il problema noto dato non  dalla sua certificata (dall'antimafia, mica cavoli !) "impresentabilità" - targhe di cui l'elettorato giustamente se ne impippa - ma dalla legge Severino che prevede espressamente la sospensione dell'eletto che abbia riportato una condanna in primo grado. Il caso appunto del governatore neo eletto.
Pur condividendo molti spunti della riflessione di Polito non sono d'accordo sulla tesi del "pareggio". In politica, si sa, i voti si pesano e le situazioni si valutano globalmente. 
Ad un anno e mezzo dall'AVVENTO, con tutti i "fatto" (per lo più falsi) propagandati da tutte le tv e i giornali amici, Renzi prende un sonoro schiaffone, con la perdita di un milione e mezzo di voti, rispetto a quelli presi nelle stesse regioni un anno fa alle europee, e questo anche contando, cosa discutibile, quelli confluiti nelle liste civiche che appoggiavano i candidati di sinistra, che non c'è nessuna certezza matematica che quegli elettori, non avendo quella alternativa, avrebbero vergato il simbolo del PD. 
Renzi, che alla vigilia delle europee aveva dichiarato che l'elezione non poteva avere valenza nazionale, appena seppe dell'insperato successo del 41% se ne appropriò e lui e i suoi vassalli (compresi alcuni amici miei) ce l'hanno fatte a peperini co' sto' 41% ( che in numeri di voti veri valeva meno del 33% di Veltroni nel 2008, senza contare un astensionismo del 43%).  Oggi, che sono addirittura sotto al 25% disastroso di Bersani nel 2013 , che dicono ?? Sempre col giochetto delle civiche quel 24% potrebbe risalire fino a sfiorare il 30 (che comunque è ben lontano dal 41), ma i voti che mancano quelli sono, e le percentuali sono gonfiate da un astensionismo ancora lievitato ( 48%).
No Polito, questa è una sconfitta, che non è disastrosa per il motivo che evidenzi tu e per il fatto che se renzino non si mostra più sfolgorante, l'unico a brillare è Salvini, che difficilmente, in prospettiva, si può vedere come uno sfidante credibile in una partita nazionale, dove serve il voto moderato, che continua a restare a casa, non sedotto dal giovin signore toscano ma difficilmente conquistabile dai toni dell'altro Matteo.






Gli alleati che servono a un leader
di Antonio Polito



Anche dopo le Regionali, Renzi resta il dominus della politica italiana. Non era scontato. Nella notte elettorale è stato a soli sessantacinquemila voti dalla sconfitta. È la distanza che separa in Campania De Luca da Caldoro. Avesse perso anche a Napoli, oltre che a Genova e in Veneto, oggi racconteremmo un’altra storia. Forse adesso è più chiaro perché il premier ha sfidato la logica e la legge per sostenere il candidatocondannato: in realtà era lui ad aver bisogno di De Luca. Così la partita è finita con un pareggio, una Regione persa e una presa, tutto sommato non male per uno che governa da un anno e mezzo. Renzi era abituato a levitare nei sondaggi come il guru del film di Sorrentino.
Il voto di domenica lo ha riportato con i piedi per terra, ma senza farlo sbattere. È scomparso invece nelle urne il Partito della Nazione, come era stato definito il Pd renziano, che un anno fa alle Europee prendeva il 40% e che ambiva a ereditare i voti berlusconiani in libera uscita. È stato sostituito dal solito Pd, fatto di baronie locali al Sud e di stagionati mandarini nelle regioni rosse.
Più ancora che in Liguria, il progetto di sfondamento al centro esce sconfitto dal Veneto, dove il Pd torna all’irrilevanza dei tempi diessini, schiacciato dalla Lega e mangiucchiato dai centristi di Tosi. E lì non si può neanche dare la colpa alla minoranza interna. Se si fosse già chiusa la finestra di opportunità apertasi appena un anno fa nella Valle Padana, cuore politico e sociale del moderatismo italiano, il nuovo partito di Renzi sarebbe già vecchio.
Tutto ciò chiama in causa il problema delle alleanze, politiche e sociali. Il percorso di riforme avviato dal governo deve proseguire, non è certo meno necessario. Ma per riprendere il passo, forse il premier dovrà rinunciare a qualche tifoso per cominciare a farsi qualche alleato. La solitudine del leader è una condizione quasi inevitabile, ma il riformismo dall’alto è un errore già visto. La ricerca spesso deliberata dello scontro con i corpi intermedi non ha dato stavolta i frutti sperati. Così si rischia di pagare il prezzo più alto proprio quando si ha più ragione, come sulla scuola.
Paradossalmente Renzi potrebbe essere aiutato in questa maturazione da un altro effetto del voto regionale. Il secondo posto, il ruolo cioè di potenziale sfidante al ballottaggio dell’ Italicum , non è andato ai Cinque Stelle, nonostante l’ottimo risultato, ma a un centrodestra che nessuno sa esattamente cosa sia e da chi possa essere guidato, ma tutti hanno capito che esiste e che quando è unito, anche alla bell’e meglio, è ancora in grado di vincere, come in Liguria. Per il premier è una buona notizia, può aiutarlo a evitare peccati di orgoglio. Un’opposizione competitiva fa bene ai governi. Sta a Renzi sfruttare al meglio il tempo, non breve, che ci vorrà prima che diventi una reale alternativa. 

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