Si stracciano le vesti, inutilmente, Alesina e Giavazzi, descrivendo la situazione che segue.
Buona Lettura
Dai farmaci alle auto
Ascoltare i cittadini non le lobby
La competitività, il disegno di legge e le resistenze alla svolta
La
Legge sulla concorrenza prevede che ogni anno il governo, sulla base
delle segnalazioni ricevute dall’Autorità Antitrust, predisponga un
disegno di legge per il mercato e la concorrenza. Ad esso il governo
deve allegare l’elenco dei provvedimenti segnalati dall’Antitrust,
indicando quelli che non ha ritenuto opportuno far suoi. Dal 2009, anno
in cui fu introdotta la Legge sulla concorrenza, il governo Renzi è il
primo ad adempiervi. Il 20 febbraio scorso ha infatti varato un disegno
di legge che da allora è in discussione in Parlamento, nelle commissioni
Finanze e Attività produttive della Camera. Come c’era da aspettarsi,
cinque mesi di discussione parlamentare hanno consentito a tutti coloro
cui il disegno di legge toglieva un po’ di rendita di organizzarsi per
evitarlo. In molti ci sono riusciti. Un’audizione dopo l’altra, una
pressione di questa o quella lobby dopo l’altra, ben poco è rimasto. Ad
una legge già timida è stato tolto quasi tutto.
Si era partiti male. Dal
Consiglio dei ministri di febbraio era uscito un testo incompleto, dal
quale erano state stralciate alcune liberalizzazioni che invece il
ministero per lo sviluppo economico (Mise) aveva incluso nella prima
stesura del provvedimento. Per esempio, dalle liberalizzazioni erano
state escluse le aziende pubbliche locali, noto feudo dei partiti. Un
caso emblematico (come già notavamo in un articolo del 1° marzo) è
quello delle Autorità portuali. Il Mise aveva chiesto che venisse loro
vietato di essere al tempo stesso regolatori dei servizi offerti al
porto e fornitori dei servizi stessi: infatti nessun privato farà
concorrenza a un’azienda che è posseduta da chi ne fissa le regole. La
norma fu cancellata. Idem per l’obbligo di effettuare accreditamenti
periodici delle strutture sanitarie private in modo tale da evitare il
consolidarsi di monopoli di fatto. Stralciata anche la liberalizzazione
dei medicinali di fascia C (quelli utilizzati per patologie di «lieve
entità»): i farmacisti manterranno quindi mantenere il monopolio sulle
vendite di medicinali che potrebbero tranquillamente essere acquistati
nei supermercati a prezzi inferiori. Stralciata anche la rimozione
dell’obbligo per gli autisti Ncc (noleggio con conducente) di ritornare
in rimessa tra una chiamata e l’altra, una norma che avrebbe aperto il
mercato a servizi quali Uber - un’azienda che rappresenta il futuro del
trasporto urbano, migliorando i servizi e riducendone i costi, e che sta
crescendo a valanga nel mondo. È sintomatico che in India (non negli
Stati Uniti!) sia in atto una battaglia non sulla regolamentazione di
questi servizi ma fra due società private che si contendono il nuovo
mercato. Di fronte a questa innovazione noi cosa facciamo? Le impediamo
di nascere.
Il Parlamento non solo non ha
reintrodotto queste norme, ne ha cancellate altre. Su pressione dei
carrozzieri ha eliminato alcuni articoli sui risarcimenti dell’Rc auto,
scritte per rendere più difficili le frodi. Su pressione dei sindacati
ha eliminato la liberalizzazione dei fondi pensione, che prevedeva la
piena portabilità non solo dei contributi a carico dei lavoratori ma
anche di quelli a carico del datore di lavoro (una norma che elimina uil
monopolio dei sindacati osteggiata nella gestione dei fondi pensione,
una delle loto attività più importanti).
La norma che consentiva di non
ricorrere ad un notaio per trasferimenti di immobili di valore inferiore
ai 100mila euro è stata barattata con un aumento da 7mila a 10mila del
numero dei notai. Un compromesso realistico - che probabilmente salva
l’affidabilità dei registri catastali, ma che è accettabile solo se il
numero dei notai aumenterà davvero. Già il governo Monti aveva
deliberato, nel 2012, un aumento di 1.500 unità, ma i concorsi per quei
nuovi notai non si sono ancora svolti. Colpa del ministro dell’Interno
che non fa i concorsi, di quei notai, che però sono ben contenti se quei
concorsi non si fanno.
La concorrenza non è un concetto
astratto, che affascina gli economisti per deformazione professionale.
Piu concorrenza significa prezzi piu bassi, meno rendite per i
monopolisti e quindi benefici per i consumatori. Ricordate quando c’era
il monopolio delle linee aeree nazionali? I voli all’interno dell’Europa
(per non parlare di quelli extraeuropei) erano di fatto riservati ai
ricchi. Oggi, dopo la liberalizzazione, i nostri figli visitano l’Europa
(e il mondo) a prezzi con cui noi da Milano visitavamo al massimo la
Lombardia. O i tempi del monopolio sulla telefonia, quando ci volevano
sei mesi per installare una linea e le telefonate all’estero andavano
centellinate perché costavano moltissimo? Anche con il grande progresso
tecnologico avvenuto nel campo della telefonia le cose non sarebbero
cambiate di molto se fosse sopravvissuto il monopolio. Oggi invece,
grazie alla privatizzazione di Telecom e ai molti operatori nati per
effetto della concorrenza, possiamo telefonare a prezzi stracciati ai
nostri figli che girano il mondo con le tariffe aeree low cost e usano
Uber (all’estero).
Il governo non sembra capire l’importanza della
concorrenza. O meglio, forse la capisce ma non sa dire di no alle lobby
che di concorrenza non vogliono sentir parlare. Infatti, prima stralcia
provvedimenti importanti che un suo ministro aveva proposto, poi lascia
che il Parlamento faccia il resto. Matteo Renzi dovrebbe chiudere la
discussione con un emendamento che reintroduca le norme stralciate e
blocchi ulteriori interventi in Parlamento che altro non fanno se non
assecondare i diktat delle lobby. Inoltre, dato che una legge sulla
concorrenza va fatta ogni anno, sarebbe opportuno che il governo si
impegnasse fin da oggi a presentare la Legge sulla concorrenza del 2016
e, in quell’occasione, a rivedere tutte le manchevolezze di quella oggi
in discussione.
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