Aggiungo Eugenio Scalfari all'elenco, ormai lungo, di osservatori professionisti e piuttosto noti che si ostinano a chiamare Guerra quando sta accadendo tra l'Occidente e quelli dello stato islamico, che stato vogliamo che non sia, però al momento ha città, territori, polizia, amministrazione oltre che, naturalmente un esercito ufficiale ed uno clandestino che sguinzaglia nelle nostre città.
Il problema non è semantico, perché alla fine uno le parole, specie da diverso tempo a questa parte, le usa come gli pare, ma di comprensione di ciò che sta accadendo e di come reagire.
E su questo si è creata una frattura grande, molto, tra me e amici che di professione fanno gli avvocati penalisti, molto preoccupati che la parola guerra giustifichi normative liberticide.
Timore legittimo, peraltro, ma intanto è da vedere, e poi la cosa che mi lascia perplesso è l'assenza di dubbi, preoccupati e compatti come sono nella difesa dei principi di un processo di garanzie sempre e comunque, a prescindere dalle situazioni - anche di portata storica, come fu la lotta contro il terrorismo nostrano, vinta anche e soprattutto grazie ad una normazione speciale - che si possono presentare.
E così, in un post di rara modestia (in effetti non è la qualità che in genere ritrovo, ascoltandoli o leggendoli), scopro che Panebianco ha torto, e ragiona da non liberale ( con assegnazione di patenti improbabili, senza contare che il liberalismo ha sfaccettature e divisioni interpretative addirittura superiori al socialismo, che pure abbonda in materia ), Valls naturalmente pure e ovviamente tutti gli altri.
Ammappa oh !
Come chiosa, un richiamo orgoglioso e un tantino retorico all'avvocatura penale che "non arretra di un millimetro".
A parte l'espressione da comizio, mi viene da obiettare che forse ciò avviene nella sfera delle intenzioni, ma nei risultati non direi proprio.
Io li seguo da circa un lustro, apprezzando, veramente e pubblicamente, la generosità e l'impegno con cui una folta minoranza (parliamo di qualche migliaio di persone, gli avvocati sono circa 200.000, e quelli penalisti non credo meno di un quarto) effettivamente si batte per giusto processo e garanzie, facendo assolutamente il tifo per loro contro il giustizialismo di larga parte delle procure e della magistratura inquirente (Gip).
Ma tra volontà e risultati la forbice è ampia.
Molto. E la rivoluzione dell' 89 è rimasta per lo più sulla carta, con un arretramento, nei fatti, non certo nella volontà, che si vede ad occhio nudo.
L'Europa è in guerra ma l'Italia è neutrale: chi ha torto?
NELL'AMBITO d'una società globale dal punto di vista
economico e tecnologico permangono tuttavia notevoli differenze per quanto
riguarda la politica, la cultura e la distribuzione delle risorse tra i vari
livelli delle categorie sociali, quelle che un tempo si chiamavano classi.
Nasce da queste profonde diversità del benessere la mobilità dei popoli ed
anche l'andamento del tasso demografico delle varie popolazioni.
Politica, cultura, mobilità dei popoli, religioni: sono questi i fattori dinamici che animano il pianeta, ai quali è doveroso aggiungere la necessità di tutelare il clima, visto che dobbiamo fronteggiare un sempre più elevato inquinamento dell'aria che respiriamo, dei venti, delle tempeste e dello scioglimento dei ghiacciai.
In questo quadro deflagrano anche le guerre, una delle quali sta insanguinando l'Occidente e il Medio Oriente con punte anche nel Maghreb, in Arabia, nell'Africa centrale, nelle Filippine, in Bangladesh.
Noi europei siamo al centro di questa guerra che, nonostante le apparenze, non è tra civiltà e neppure tra religioni. È una guerra tra fondamentalisti e liberali, tra classi evolute e periferie, tra benestanti e poveri, tra corrotti e onesti e perfino tra giovani scapestrati e giovani consapevoli. Insomma è la crisi di un'epoca ed è anch'essa una crisi globale perché i suoi fuochi sono sparsi in tutti i continenti e si intrecciano e si alimentano tra loro.
L'Europa è ampiamente sconvolta da questa crisi e dalla guerra che ne deriva, il fondamentalismo e il terrorismo; per combatterlo in nome della libertà anche la libertà è costretta a limiti più restrittivi.
Avveniva anche nell'antica Roma: quando la guerra era più intensa e l'esito incerto, i consoli venivano sostituiti da un dittatore con pieni poteri per combatterla. Non siamo a questo, ma i poteri politici tendono a concentrarsi in poche mani e le alleanze ad essere guidate da chi agisce sul terreno e dove la guerra è più intensa.
In Europa, almeno finora, il teatro tragico si svolge in Francia, nel Medio Oriente in Siria e in Iraq, in Turchia e nel Kurdistan. La coalizione contro il Califfato comprende non soltanto l'Occidente, ma anchela Russia ed è questa la
grande novità: Putin ha come principale interlocutore Hollande, almeno in
apparenza, ma in realtà è Obama il vero interlocutore e il ruolo del presidente
francese è quello di mediare tra i due, in Europa comunque il leader di questa
fase è Hollande e l'inno di guerra la Marsigliese.
Ques ta è la situazione e i fatti le danno forma.
Politica, cultura, mobilità dei popoli, religioni: sono questi i fattori dinamici che animano il pianeta, ai quali è doveroso aggiungere la necessità di tutelare il clima, visto che dobbiamo fronteggiare un sempre più elevato inquinamento dell'aria che respiriamo, dei venti, delle tempeste e dello scioglimento dei ghiacciai.
In questo quadro deflagrano anche le guerre, una delle quali sta insanguinando l'Occidente e il Medio Oriente con punte anche nel Maghreb, in Arabia, nell'Africa centrale, nelle Filippine, in Bangladesh.
Noi europei siamo al centro di questa guerra che, nonostante le apparenze, non è tra civiltà e neppure tra religioni. È una guerra tra fondamentalisti e liberali, tra classi evolute e periferie, tra benestanti e poveri, tra corrotti e onesti e perfino tra giovani scapestrati e giovani consapevoli. Insomma è la crisi di un'epoca ed è anch'essa una crisi globale perché i suoi fuochi sono sparsi in tutti i continenti e si intrecciano e si alimentano tra loro.
L'Europa è ampiamente sconvolta da questa crisi e dalla guerra che ne deriva, il fondamentalismo e il terrorismo; per combatterlo in nome della libertà anche la libertà è costretta a limiti più restrittivi.
Avveniva anche nell'antica Roma: quando la guerra era più intensa e l'esito incerto, i consoli venivano sostituiti da un dittatore con pieni poteri per combatterla. Non siamo a questo, ma i poteri politici tendono a concentrarsi in poche mani e le alleanze ad essere guidate da chi agisce sul terreno e dove la guerra è più intensa.
In Europa, almeno finora, il teatro tragico si svolge in Francia, nel Medio Oriente in Siria e in Iraq, in Turchia e nel Kurdistan. La coalizione contro il Califfato comprende non soltanto l'Occidente, ma anche
Ques
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