martedì 8 dicembre 2015

LA DESISTENZA ELETTORALE PER FAR VINCERE IL MENO NEMICO

Risultati immagini per sistema elettorale francese e italicum

Nell'introdurre l'editoriale di Aldo CAzzullo  (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/12/il-trionfo-della-le-pen-e-la-narrazione.html ), che mi è parso molto autoconsolatorio di fronte alla non gradita vittoria del Front National di Le Pen, accennavo ai difetti del sistema elettorale francese, a seguito del superamento del bipolarismo tradizionale, che sembrano assolutamente analoghi a quelli proposti da noi con la neo votata riforma denominata Italicum. Con una importante differenza : il loro modello, oltre ad essere innestato in un sistema presidenziale, con contrappesi storicamente delineati, fu appunto concepito immaginando un sostanziale bipolarismo; da noi invece 'sta cosa l'abbiamo partorita adesso, con il tripolarismo già evidente.
In realtà, sappiamo bene come la legge elettorale sia un vestito che renzino si è cucito addosso su misura ma del quale sta scoprendo il difetto : il 40% di voti per vincere al primo turno lui non ce l'ha, quindi deve andare al ballottaggio e lì corre il rischio di una "santa desistenza" degli elettori esclusi, che, soprattutto nel caso di contesa coi grillini, potrebbe clamorosamente far vincere i pentastellati.
Non a caso, con una faccia da tolla raramente vista nonostante che i politici ne siano ampiamente dotati, oggi quelli del Nazareno stanno studiando opportuni ritocchi...e i grillini si stanno armando per difendere quello che in altre sedi hanno bocciato come incostituzionale..UNO SPETTACOLO.
L'argomento è giustamente e correttamente affrontato dal bravo Pierluigi Battista nell'articolo che segue
Buona Lettura 




  Il sistema tripolare porta alla desistenza


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Non è il tirarsi da parte per far vincere il meno peggio, che pure sarebbe in linea con la filosofia del «voto utile» e ancor più con la logica dei ballottaggi. La desistenza dei socialisti francesi che per sbarrare la strada alle barbare Le Pen decidono di abbandonare il campo è piuttosto lo squillo della sirena che annuncia l’«allarme democratico». Un classico della nostra mitologia: stringersi per far fronte contro il nemico comune, dipinto come la sentina di ogni Male e nefandezza. Ma invece di resistere, si desiste. Questa è la novità. Sparire come terzo incomodo per non intralciare i sarkozisti che rifiutano accordi politici con la sinistra ma che fanno tuttavia parte del Sistema, come quel Jacques Chirac che, al ballottaggio con Le Pen padre per l’Eliseo, riuscì a portare attorno al suo nome l’unione sacra repubblicana. Autocancellarsi.
È una storia che non riguarda solo la Francia. Anche se il sistema elettorale per le Regionali francesi prevede un ballottaggio a tre. Noi siamo abituati, per i sindaci, al ballottaggio a due. Il terzo, prima di autorecludersi, è già condannato dai numeri del primo turno, viene estromesso senza bisogno di desistere. Ma una desistenza, che infatti così fu chiamata e così passò alla storia nella Seconda Repubblica, fu dichiarata e presentata alle elezioni del 1996 quando, per battere il comune nemico Berlusconi, l’Ulivo di Prodi e Rifondazione comunista di Fausto Bertinotti, decisero di non farsi la guerra in un po’ di collegi per favorire la confluenza dei voti sul candidato che avrebbe approfittato della desistenza. Tutto questo era possibile con un sistema elettorale uninominale, come il Mattarellum, in cui non spariva una lista, presente invece sulla parte governata dal voto proporzionale, ma un candidato. E invece finì male. Così male che nelle elezioni del 2006, anziché desistere, si fece il grande insaccato dell’Unione. Finì ancora peggio, a testimoniare che non è certo con espedienti come la desistenza che si possono smorzare i conflitti politici.
Ma oggi la novità, resa esplicita dal trionfo del Front National di Marine Le Pen, è che il bipolarismo si sta trasformando sempre più inesorabilmente in tripolarismo, e il «terzo», esattamente come i socialisti francesi in alcune Regioni della Francia, dovrà scegliere se desistere, astenersi, schierarsi, compattarsi attorno a uno dei primi due. Già Silvio Berlusconi, intervistato da Francesco Verderami per il Corriere , ha detto che nella per lui molto malaugurata ipotesi di un ballottaggio con l’Italicum tra Renzi e Grillo, opterebbe per una malinconica scheda bianca. Ma scelta non molto diversa sarebbe segnata per i seguaci dei Cinque Stelle di Grillo nel caso di un ballottaggio tra Renzi e il centrodestra, anche se a guidarla fosse Matteo Salvini.
La retorica del «voto utile», del resto, si sta svuotando sempre di più di significato, come dimostra la vicenda del voto in Liguria. Il tripolarismo stabilisce nuove distanze. Non si fa più fronte comune come stanno facendo i socialisti in Francia. L’astensionismo sembra essere la scelta più frequente e non ci sarebbe bisogno di ricordare che nelle ultime elezioni per il sindaco di Roma, nel ballottaggio tra Ignazio Marino e Gianni Alemanno, ben il 55 per cento dei romani scelse di disertare le urne, ritenendo implicitamente che la scelta tra i due candidati egualmente distanti non meritasse partecipazione attiva.
Del resto in Inghilterra, addirittura patria del bipolarismo, storicamente il terzo partito, quello dei liberali, viene gratificato percentualmente con un consenso elevatissimo anche se non si traduce in seggi parlamentari. Oggi, l’unione sacra che i socialisti, con il sacrificio dell’autoesclusione, vorrebbero rinfocolare contro la Le Pen, rischia ancor di più di apparire una scelta suicida.
Michel Houellebecq, in Sottomissione , aveva descritto un ballottaggio in cui, per battere Marine Le Pen, tutti gli altri contribuivano ad eleggere un presidente musulmano. Oggi le parti si rovesciano, nell’epoca della desistenza.

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