mercoledì 6 aprile 2016

GIOCATORE DI RUGBY SIMULA : INVITATO A DEDICARSI AL CALCIO. MA LA SIMULAZIONE E' "PATRIMONIO" NAZIONALE

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Mi ha fatto sorridere e annuire convinto l'esortazione, ripresa sul Corsera, di un arbitro che durante una partita di rugby, di fronte alla simulazione di un fallo da parte di un atleta,  lo invitò a cambiare sport, scegliendo il calcio.
Si tratta del sig. Nigel Owens che, durante Scozia Sudafrica, richiamò lo scozzese Hoggs, reo appunto di una simulazione, dicendogli : " : «Se vuoi giocare a questo modo, hai sbagliato sport. Torna tra 15 giorni, qui giocheranno a calcio".
Da applausi.
I tifosi del gioco sicuramente più amato del pianeta si arrabbieranno, stanchi del sarcasmo e del senso di superiorità che caratterizza l'atteggiamento degli amanti di discipline più veramente attinenti al concetto di sport.
Ovviamente hanno ragione laddove replicano dicendo che non è che altrove non accadano cose similari - e del resto l'aneddoto citato è tratto dal rugby - ma sono i numeri che cambiano. E' la differenza tra eccezione, la simulazione negli sport, e regola, la simulazione nel calcio.
Poi ci sono differenze tra nazione e nazione.  L'Italia, che non ha nessuna squadra nelle fasi finali delle coppe europee, detiene però il primato delle simulazioni ACCERTATE (perché poi ci sono quelle non rilevate, o comunque non sanzionate col giallo).
Pare che altrove l'inganno sia frutto del carattere personale dell'individuo, da noi è insegnato nelle scuole calcio fin da ragazzini : quando sei in area e ti toccano, buttati.
Peraltro, la furbizia è pregio molto quotato nella nostra penisola, e non riguarda solo il calcio.
Quello che irrita maggiormente, e molto bene lo rileva, con sagace ironia, Cristiano Gatti sul Corriere della Sera, nella noticina che segue,  è l'ipocrisia italica, diffusa assolutamente in tutti i campi, tra parole e azioni, tra narrazione e condotta.
Io ho veramente TROPPO amici e conoscenti che s'indignano con una facilità degna di miglior sorte, e che quando sono loro, in prima persona, a trovarsi a Rodi, a dover saltare, marcano male, esattamente alla stregua di quelli da loro biasimati fino all'aperitivo della sera prima.
Da leggere e conservare.



«Vai in area e buttati» Prima o poi l’arbitro fischia...

di Cristiano Gatti

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Simuliamo persino dicendo che è una vergogna simulare.
Se non simulassimo, dovremmo semplicemente ammettere la più elementare verità: da noi, la simulazione è un valore. Comunque, un’abituale scorciatoia nel tortuoso itinerario della vita.
Simulano intransigente moralità i più corrotti. Simulano cecità totale gli invalidi che guidano la macchina. Simulano d’essere dotto’ quelli che hanno la terza media. Simulano gravi malattie gli assenteisti in settimana bianca. Simuliamo in modo trasversale, senza distinzione di orientamenti politici e di classi sociali.
Simuliamo di essere tolleranti, simuliamo di credere nella Costituzione, simuliamo di pretendere la meritocrazia.
In questo brodo sociale, i giovani allenatori tramandano alle nuove generazioni quello che hanno acquisito a loro volta negli anni dell’educazione. Il giocatore onesto non è onesto: è semplicemente babbeo. Troppo ingenuo, non si farà mai. La tecnica di gioco è molto chiara, i nostri mister lo dicono a tutti i livelli: andare in area e buttarsi. E poi sui falli, sveglia: se un avversario ti tocca, vai giù e sbatti come un posseduto. Prima o poi, l’arbitro fischia. Prima o poi, qualcosa arriva. Chiaramente, poi ci ritroviamo tutti nei talk-show del lunedì per gridare che è ora di finirla, che contro i simulatori serve tolleranza zero, che l’arbitro va aiutato. Ci vuole fair-play, questo ci vuole. E chiudiamo con la simulazione più spinta, certo la più raffinata: sì, serve una nuova cultura.

 





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