Penso di Bersani che sia una persona per bene, ovviamente con idee politiche che per lo più non condivido, e affetto anche lui dai mali tipici di chi fa quel mestiere, tra cui l'ipocrisia, la memoria troppo corta, l'opportunismo. Lo avevo constatato in passato, quando per esempio, da segretario, si sbatteva contro la cd. privatizzazione dell'acqua (che poi, ovviamente, non significava che l'acqua diveniva un bene "privato" ma che la gestione dell'erogazione della stessa venisse affidata a società non pubbliche, specializzate nel settore, tenute comunque ad osservare le regole stabilite in materia) laddove in precedenza, ministro del governo Prodi, l'aveva sponsorizzata.
Nell'intervista comparsa oggi sulla Stampa condivido praticamente tutto - quasi va - di quello che l'ex segretario osserva, ed in particolare le critiche all'italicum. Però non poteva non scapparmi un sorriso ironico leggendo il suo rinnegare il principio del vincitore "che si sa la sera". Quando era lui il candidato premier, elezioni del 2013, e si parlava in Parlamento di cambiare il Porcellum, poi divenuto incostituzionale, lui quello slogan lo ripeteva tanto quanto i ventriloqui odierni di renzino. Il motivo è semplice : era sicuro di vincere, sapendo peraltro bene che il premio di maggioranza previsto dal suino gli sarebbe stato INDISPENSABILE. E infatti, se oggi il PD, che nel 2013 prese solo il 25% dei voti, si ritrova con 400 parlamentari, chi deve ringraziare ? Siccome il diavolo fa le pentole ecc. ecc., ecco che ai tempi proprio un amico del centro sinistra, il Presidente Ciampi, impedì che Camera e Senato venissero formati sulla base di un sistema elettorale identico, stabilendo che il premio, per il Senato, venisse attribuito su base Regionale e NON Nazionale.
Di qui , con le sconfitte in regioni importanti come Lombardia, Lazio, Sicilia, Veneto, il mancato trionfo di Bersani, con il famoso rigore mancato a porta vuota, per riprendersi dal quale il buon Pierluigi ha impiegato un paio d'anni (gli è andata sempre meglio che ad Occhetto, che dalla batosta della sua "gioiosa macchina da guerra", nel 1994, non si è ripreso più).
Insomma, il Porcellum, vituperato negli anni nel timore che favorisse Berlusconi, in realtà era comodissimo anche alla sinistra e lo stesso Renzi se lo sarebbe tenuto caro. Poi è intervenuta la Consulta, e ci si è inventati l'italicum, che del porcellino è evidente figliastro, con qualche correzione utile ad ingannare la Corte Costituzionale (che forse però non si mostrerà così ingenua) .
Ma a parte la legge elettorale, che comunque in questo momento è un nodo gordiano nelle liti interne del PD , Bersani dice altre cose interessanti, e su tutte il monito sui debiti.
La sensazione è che il premier attuale largheggi troppo con la spesa, oltretutto privilegiando quella dei "bonus" rispetto alla cd. produttiva (investimenti), e il monito è del tutto opportuno, con il debito che continuiamo ad avere e la prospettiva, nel medio termine, che Draghi non ci possa aiutare più come sta facendo.
Da leggere
BERSANI : IL PREMIER SIA PIU' UMILE E SMETTA DI PARAGONARSI A PRODI
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roma
In mattinata, l’aveva detta così: «Solo se la Pinotti schiera l’esercito
mi si potrà far fuori dal mio partito. Quella è casa mia». Pierluigi Bersani è
l’uomo più ricercato del giorno e ha voglia di rispondere a chi parla di
scissioni imminenti. Nel pomeriggio l’ex segretario dem riceve il vignettista
Sergio Staino, neo-direttore dell’Unità, che mesi fa disse a quelli della
minoranza Pd che con Togliatti sarebbero finiti in Siberia.
Perché non è intervenuto in direzione?
«Bastavano Gianni Cuperlo e Roberto Speranza a dire le cose
come stanno».
La commissione Pd sulla legge elettorale è un’apertura
concreta di Renzi, o no?
«(Sorride) Una commissione non si nega a nessuno. Io ho
detto a Guerini che noi della minoranza ne faremo parte solo per rispetto a
lui».
Cuperlo ha detto che se voterà no si dimetterà da deputato.
Lo farà anche lei?
«Quello di Cuperlo è un gesto generoso, ma non è una linea
politica. E poi: qualcuno dovrà pur rimanere a testimoniare per il No».
Accetterebbe un confronto tv con Renzi?
«Credo non lo farebbe lui. Io, comunque, non faccio il
portavoce del fronte del No».
Come spiegherà agli elettori il No a un riforma che aveva
votato in Parlamento?
«Spiegherò che c’è un problema di democrazia, come dicevo
già un anno fa. Oggi tutti parlano del pericolo proveniente dal combinato
disposto Italicum-riforma costituzionale. Quando lo sostenevo io, eravamo in
pochi. Per quel motivo si è dimesso un capogruppo, Speranza, e io per la prima
volta in vita mia non ho votato la fiducia al mio partito».
Renzi dice che eravate voi i sostenitori del doppio turno...
«Il doppio turno di collegio, che è ben altra cosa. Lui
parla tanto della legge dei sindaci... ma il sindaco è l’amministratore di un
grande condominio che è il comune, non fa leggi, non stampa moneta».
Scenari sul dopo referendum. Se vince il No?
«Non si andrà al voto subito perché bisognerà prima fare una
legge elettorale».
Se vince il Sì?
«Può essere che si vada a votare. Ma può benissimo succedere
che il Pd perda, e vinca qualcun altro. A quel punto però, non mi venissero a
cercare, eh...»
Qual è il pericolo, scusi?
«Visto cosa sta succedendo in Europa, e nel mondo? Io ho
l’orecchio a terra, sento il magma che si muove sotto. E poi non pensiamo che
la destra nel Paese non ci sia...»
Con l’Italicum si conosce subito il vincitore: non è un
bene?
«Possiamo anche saperlo nel pomeriggio, se è per questo.
Andiamo da Giletti, estraiamo a sorte una persona e gli diamo il cento per
cento. Dai, non scherziamo... Se insisti a semplificare, alla fine trovi
qualcuno che semplifica più di te. Anche un rappresentante della nouvelle vague
del socialismo francese come Macron ha detto che se c’è la febbre non puoi
rompere il termometro».
Smentisce la scissione, anche per il futuro?
«Sembra di assistere al referendum tra repubblica e
monarchia. Anche allora, dentro la
Dc votarono diversamente, ma il giorno dopo erano tutti
democristiani allo stesso modo. Come avvenne nel Pci con l’aborto: mica tutti
votarono a favore».
Il clima così è da congresso permanente, però.
«Il congresso sarà importante se separeremo i ruoli di segretario
e premier. E non lo dico perché voglio far fuori Renzi. Sarebbe un gesto di
generosità per riaggregare il centrosinistra, aprirlo al civismo, alle
associazioni. Dobbiamo uscire dalla logica del faccio tutto io e guardare fuori
per vedere cosa c’è intorno a noi».
Renzi si è augurato di non passare i prossimi 30 anni a
chiedersi chi ha ucciso il Pd, come avete fatto con l’Ulivo.
«Gli consiglio più umiltà: non si paragoni a Prodi, già
questo segnala una perdita di dimensioni, sia dal punto di vista delle
personalità che ne facevano parte - c’era gente come Ciampi - che da quello
della spinta riformista. Potrei parlare per ore delle riforme che abbiamo
fatto. Era un governo dove ci davamo del lei e non facevamo una legge di
Bilancio in dieci minuti per andare al Tg. Ripetono di guardare al futuro?
Cominciamo a non lasciare troppi debiti».
È contrario a più flessibilità?
«Sono favorevole: ma una famiglia si indebita per investire,
non per regalare bonus».
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