lunedì 10 ottobre 2016

SE VINCE IL NO FRANCESCHINI AL POSTO DI RENZI ? DITEMELO CHE SE FOSSE VOTO SI

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Non ho nessuna stima per Dario Franceschini. Non mi è mai parso un politico di valore, ma questo non c'entra con la pessima idea che ho di lui, determinata invece dal tradimento umano perpetrato contro Enrico Letta, del quale era amico, e che non esitò a pugnalare alla schiena assecondando le ambizioni renziane di arrivare a Palazzo Chigi, nonostante il premier in carica fosse un esponente del SUO partito, il PD.  La mossa non gli sarebbe riuscita se appunto Franceschini, elemento importante nella maggioranza che consente al toscano di essere anche segretario al Nazareno, non avesse vestito i panni di Giuda.
Le cronache del tempo parlano di grida forti nel confronto tra i due all'epoca. A Franceschini è andata bene, che se io fossi stato Letta non mi sarei limitato alle parole.
La pochezza politica dell'uomo comunque si manifesta ogni volta che lo stesso dice qualcosa.
Da ultimo, l'intervista rilasciata al Corsera, dopo quella di domenica in cui Bersani ha rotto i ponti e ha formalizzato il suo NO alla riforma renziana. La mediocrità del personaggio trasuda da ogni parola ma io mi concentro sul passo che riguarda la legge elettorale.
L'intervistatore parte bene, chiedendo se si possa governare col 25% dei consensi. Che ti risponde l'omuncolo ? Che nel 2013 quelli furono i voti del PD bersaniano, e nessuno si lamentò...
Ti credo, per il rotto della cuffia avevano prevalso (grazie peraltro alla coalizione, che consentì di arrivare al 29, superando il M5Stelle, che in Italia aveva preso più voti di tutti..., un pugno in più anche rispetto al PD e al Popolo della Libertà) e si erano presi, con un consenso risicatissimo mai visto nella storia repubblicana, la maggioranza dell'intera Camera ! Per fortuna il Senato aveva un sistema diverso, ed ecco che, almeno a questo giro, ci siamo evitati un'eccesso di "dittatura della maggioranza" . Ma con il nuovo sistema ? Ecco perché da più parti si chiede, proprio a fronte del monocameralismo sostanziale (il Senato resta, risparmi pochini cari italiani, perché è vero che 200 senatori scompaiono, ma resta tutta la baracca con commessi, portaborse ecc. ecc.) , una modifica dell'infausto italicum.
Il problema, posto, sia pure sottovoce, dal giornalista, viene glissato dal pessimo Franceschini con il solito richiamo alla "governabilità".  Io , a differenza di Zagrebelsky, D'Arcais e i pentastellati tutti, non sono insensibile a questa problematica, e sono anche d'accordo che in Italia il Premier abbia più poteri.
MA alla base ci deve essere un livello di consenso accettabile !!
E NON LO E' se il potere ti viene dal voto di meno di un italiano su 4 se non 5 !!!
A quel punto sei costretto alle alleanze ? E pazienza visto che non hai convinto abbastanza elettori.

Stefano Passigli, che ormai, quasi come me, che veramente non so quanti post ho scritto su questa cosa, da tempo si batte contro l'Italicum, anche oggi sul Corsera ricordava :
"... è comunque impossibile che l’Italicum passi indenne il vaglio della Consulta, a meno che essa non rovesci l’orientamento espresso bocciando il Porcellum. Lo status privilegiato dei capilista, e le candidature plurime, introducendo una diversità di status tra candidati di una stessa lista in uno stesso collegio violano infatti platealmente il diritto dei cittadini di «accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza» (Art. 51). Più dubbio è il caso del premio di maggioranza: concedere il 54% dei seggi ad un partito che al primo turno non supera oggi 1/3 dei voti espressi, rappresentando così solo il 20% circa dei cittadini, crea una indubbia lesione della rappresentatività del Parlamento che la Corte potrebbe dichiarare illegittima. È però vero che in sede di ballottaggio la lista vincente otterrebbe pur sempre la maggioranza dei voti espressi. Alla Corte dunque l’ardua sentenza.
Faccio presente che se al ballottaggio, com'è probabile - sta avvenendo quasi sempre nelle elezioni locali - il 50% si astiene, perché non favorevole a nessuno dei due competitors rimasti in lizza, e uno dei due la spunta con poco più del 50% dei voti, alla fine ritorneremmo, di fatto, al dato negativo denunciato : un partito, o coalizione che sia, avrebbe il controllo di Parlamento e quindi  Governo rappresentando appena un quarto dei cittadini.
Non è solo una questione di principio astratto, che pure, trattandosi di democrazia, ha una valenza pregnante, ma assolutamente concreta. Governare in tempi difficili come questi richiede l'adozione di scelte spesso faticose, sulle quali è indispensabile ottenere l'adesione, sia pure sofferta, di una parte importante dei cittadini. Imporre le regole dall'alto, senza avere una reale forza persuasiva, non porta lontano, con scontri sociali aspri e magari anche violenti.
Ma questa osservazione NESSUN giornalista la fa mai ai signori dell'italicum...
Certo che se fosse vero che l'alternativa a Renzi un domani, passando il NO, sarebbe quella di uno come Franceschini a Palazzo Chigi, c'è da pensarci su seriamente...


Il Corriere della Sera - Digital Edition


«La minoranza dem ci ripensi Presto le modifiche all’Italicum»

Il ministro: addolorato da Pier Luigi.
C’è chi usa il referendum contro il premier

di Alessandro Trocino

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ROMA Lancia un appello alla minoranza del Pd: «Ci ripensi». Chiede un Sì al referendum: «Servono leader forti». Annuncia modifiche all’Italicum: «Anche prima del referendum». Il ministro della Cultura Dario Franceschini sarebbe più contento di parlare della nuova legge del cinema, ma in un momento cruciale, alla vigilia della Direzione, non si sottrae.

Pier Luigi Bersani è stufo: «È un anno che si mangia solo pane e riforme».

«Veramente quest’anno si è fatto il Jobs act, la legge per il dopo di noi, le unioni civili, la legge per il cinema. Da decenni un governo non faceva tante riforme strutturali. E poi Renzi di solito viene accusato di decisionismo, non di indecisionismo».

Per la minoranza si va verso un «governo del capo».

«C’è un processo di rimozione collettiva. Per anni abbiamo chiesto il superamento del bicameralismo e il rafforzamento dei poteri del premier. Fiumi di parole. E peraltro questa riforma non modifica i suoi poteri».

Neanche nell’incrocio con la legge elettorale?

«No, anche perché, a eccezione dei capilista, gli altri sono eletti con le preferenze».

Con il 25% si governa?

«Il Pd, con Bersani, nel 2013 ha preso il 25%, la coalizione il 29, ottenendo il 55% dei seggi. Con pochi voti in più avremmo vinto anche in Senato e staremmo governando, con quei voti e con le liste tutte bloccate».

Ma quello era il Porcellum, non votato dal Pd.

«D’accordo, ma in quel caso nessuno ha sollevato il problema del rischio di una leadership troppo forte. Comunque, questo tempo richiede leader più forti, non più deboli».

La minoranza non ama Renzi e teme sia troppo forte.

«Il referendum sta diventando uno strumento contro il premier».

Non c’è troppo catastrofismo, in entrambi i campi?

«Se vince il Sì, avremo il film che abbiamo sempre sognato: una sola Camera legiferante e una maggioranza stabile. Con il No, in piena legge di Stabilità, ci saranno ripercussioni sulla situazione economica».

Sembra «Cassandra Crossing». Non è esagerato?

«Con il No ci terremo questo sistema bicamerale. Ma ora c’è un sistema tripolare. E in questa situazione è matematico, è scientifico, che nessuno vincerà al Senato. Risultato: o le larghe intese o l’ingovernabilità cronica, come in Spagna».

Bersani annuncia il No e lei dice che «vuole spaccare il Pd».

«La cosa che mi addolora di più è che arriva alla vigilia di una Direzione nella quale, come annunciato da tempo da Renzi, ci sarà un’apertura sulla legge elettorale. Ma evidentemente si è voluto mettere tutti di fronte al fatto compiuto».

La minoranza non crede che la legge elettorale verrà cambiata. Chiede di anticipare i tempi.

«Io sono stato il primo nella maggioranza a dire che l’Italicum si può migliorare. Ho proposto il premio alla coalizione, perché evita che si formi un listone del centrodestra a guida estremista Salvini-Meloni. E perché consente di avere un Pd come asse portante, valorizzando lo spazio a sinistra e al centro».

Ma la riforma dell’Italicum può partire prima?

«Sì, penso che possa partire assolutamente prima. E spero che ci sia un ripensamento da parte della minoranza».

Non basterà il premio di coalizione: si vuole il proporzionale e altro.

«Realisticamente non possiamo rifare tutto. C’è spazio per correzioni significative, ma mirate».

Bersani si sente trattato come un rottame.

«Mi dispiace, ma Renzi non è arrivato con un golpe. Ha vinto le primarie ed è stato indicato premier dal Pd. Siamo in una dialettica fisiologica».

La maggioranza non sta alzando troppo i toni? Lotti che accusa D’Alema di cercare una «poltroncina» non è eccessivo?

«Quando si accendono le micce può accadere. Ma io non li alzo affatto i toni, anzi. Abbiamo preso questa legislatura per i capelli. Non buttiamo a mare per uno scontro tutto politico i sacrifici che famiglie e imprese hanno fatto in questi ultimi 5 anni per far ripartire il Paese. Con il No, si dovrebbe ripartire daccapo».

Lei si presenterà per il dopo Renzi?

«Sono fantasie da retroscenisti».

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