martedì 2 maggio 2017

LE PRIMARIE PD VISTE DA UN LIBERALE VERO

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Con Mauro Anetrini, un principe del foro piemontese, un gentiluomo sabaudo come si trovano descritti nei libri che ci raccontano  l'Italia risorgimentale e post, schiena dritta della razza degli Einaudi, ho due passioni in comune : Liberalismo e Juventus. Nell'ordine direi.
Eppure, la corrente che avverto sottesa  mi dice che se anche non ci fossero queste due cose, l'empatia tra noi sarebbe identica.
Accade a volte. Ed è bello quando succede.
Per quanto mi riguarda, credo che dipenda dalla stima assoluta che ho per lui come persona, professionista e uomo di grande cultura.
Leggo quasi sempre quello che scrive, ammirando uno stile forbito e sempre approfondito sui temi trattati. Io scrivo in modo diverso, sicuramente meno alto, forse più immediato. Il respiro di Mauro è quello del letterato, il mio dell'umile - ma vivace !! - cronista.
Non so se Mauro abbia scritto dei libri, penso di sì. Oltre che saggi, sicuramente potrebbe scrivere racconti, e poesie. Io no, non ho questa capacità, non ho fantasia.
Tempo fa lo avevo "provocato" a contenere in 20 righe le ragioni dell'astensione dei penalisti dalle udienze in contestazione della riforma della giustizia che il ministro Orlando sta facendo approvare con il bastone della fiducia parlamentare. Impresa improba, non solo soggettivamente (la sintesi non è esattamente il terreno del "nostro"), ma proprio oggettivamente.  Ne è uscito un post,  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2017/04/25-righe-per-spiegare-perche-gli.html , che è stato letto da oltre 3.500 persone !
Allora oggi sono tornato alla carica, chiedendogli una riflessione sulle recenti primarie del PD (sulle quali potrete, volendo, leggere anche il post   http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2017/05/perche-sono-contento-che-renzino-resti.html ), e lui, prezioso e disponibile, me l'ha mandata.
Acuta, come sempre i suoi scritti, e con una perla finale.
L'ultima riga spiega, da sola,  perché Mauro Anetrini vale la pena di leggerlo, sempre.


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Stefano Turchetti ha interrotto i miei studi solleticandomi a dire che cosa io pensi dell'esito delle primarie del P.D.. A suo vantaggio, però, devo dire che l'Ultimo Camerlengo è il Blog più interessante che io conosca.

Né bene, né male- Così così....

Allora: Renzi ha vinto, Orlando ha fatto bella figura, mentre Emiliano un po' meno.
Questi i fatti.
Indipendentemente dal numero dei votanti e dalla loro estrazione, è – anche questo – un fatto che, nonostante tutto, il P.D. le primarie continua a farle e che la scelta del segretario, per quanto scontata fin dall'inizio, avviene sulla base della scelta di coloro che, al prezzo di uno o due euro, vogliono dire la loro.
E' probabile che, se anche nel centrodestra si decidessero ad adottare questo criterio di selezione della dirigenza, i vincitori sarebbero Berlusconi – in Forza Italia -, Salvini – nella Lega – e la Meloni – in Fratelli d'Italia -.
Tutto come da copione, dunque?
No. Il metodo ha la sua importanza.
Ce l'ha nel bene, perchè è di certo un esercizio di democrazia favorire la scelta del segretario sulla base non già dei sondaggi o della percentuale di azioni detenute dal proprietario, ma in conseguenza di una investitura di coloro che, poi, saranno elettori. E' un fatto di legittimazione, non solo interna, che chiude ogni discorso sul diritto/dovere di governare il partito e rappresentarlo dove necessario.
Ce l'ha, però, anche nel male, perchè l'investitura diretta, a differenza di quella effettuata all'esito di un dibattito congressuale potenzialmente incerto, determina equilibri interni al partito che vanificano (o neutralizzano del tutto) gli effetti benefici indotti dalla consultazione ad ampio raggio: le minoranze non contano nulla, o quasi e il loro ruolo è quello di predisporre le imboscate. I partiti (tanto più quelli che contengono più anime e rappresentano settori molto diversi della popolazione) non sono macchine al servizio di un uomo solo e della sua politica, ma strumenti di elaborazione, e quindi di discussione, della linea da seguire.
Il risultato del referendum – dimenticando, per un istante, le gravi lacune del progetto di riforma costituzionale – ha dimostrato, tra l'altro, questo: l'uomo solo al comando, a volte, può essere l'obiettivo primario dei cecchini interni.
Temo che Renzi non abbia imparato la lezione. Credo che la sua tendenza al rilancio a tutti i costi lo metta nelle medesime condizioni in cui si è già trovato una volta: va tutto bene, fino a quando i “tuoi” non ti impallinano. E si ricomincia daccapo.
Questa volta, tuttavia, un piccolo vantaggio, Renzi lo ha: avvicinandosi le elezioni, egli sa che le fratture che impediscono la composizione di un fronte unitario sul versante destro dello schieramento politico giocheranno, almeno per un po', a suo vantaggio. E' più forte, insomma, perchè sa di potere pescare anche in altre acque.
Basterà? Non lo so. Oggi, ad occhio e croce, dovrebbe bastare a garantirgli, comunque, di sterilizzare una eventuale vittoria grillina. La sperequazione dei sistemi di Camera e Senato è la garanzia di rimedio ad una eventuale sconfitta.
Ci si accontenta di poco, qui da noi. E' sufficiente non perdere e, per non perdere, non si cambiano le cose.
Il nuovo segretario del P.D. È lo stesso segretario di prima, destinato a confrontarsi con gli stessi interlocutori di prima, alle medesime condizioni di prima con una legge elettorale la cui funzione è proprio questa.
Le “cose” fanno sapere che si organizzeranno per cambiarsi da sole.

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