Ieri al circolo due amici, uno medico e l'altro bancario, si lamentavano della ormai pluriennale persecuzione da parte dei pazienti-clienti nei loro confronti, contestandomi anche la leggerezza con la quale noi avvocati, pur di procurarci un mandato, assecondiamo ogni pretesa velleitaria delle persone.
A prescindere che non accomunerei la posizione di Ospedali e Banche, ho provato a consolarli dicendo che presto l'ondata di cause di risarcimento per prestazioni professionali non adeguate avrebbe travolto anche noi.
Qualcosa già s'intravede.
DI seguito riporto la recentissima ordinanza della Cassazione, prontamente riportata dal sito dello Studio Cataldi, cui consiglio i colleghi di iscriversi, che pare aver confermato una pronuncia di una Corte d'Appello che avrebbe accolto la contestazione di un cliente che, pur avendo alla fine ottenuto il risarcimento dovuto, avrebbe perso del tempo a causa di scelte processuali non del tutto accorte del difensore, e per questo aveva deciso di non pagarlo.
Francamente, in questi termini, la decisione mi sembra assurda. Se grazie comunque al mio patrocinio hai ottenuto quanto ti spettava, perché non pagarmi del tutto ancorché una qualche mia omissione ti ha causato un ritardo ?
Potrei comprendere una riduzione del compenso a titolo di indennizzo risarcitorio, ma l'esclusione tout court ?
Questa professione è già un inferno così, presto diventerà il girone più vicino a Belzebù.
Ma io, con un po' di fortuna, ne sarà uscito prima.
In bocca al lupo a chi resta.
Addio compenso per l'avvocato poco accorto
La responsabilità professionale del legale può scaturire
anche da una scelta processuale di per sé non sbagliata ma che ritarda la
realizzazione di quanto voluto dal cliente
di
Marina Crisafi - Addio
al compenso per l'avvocato che pecca di diligenza. Anche se non compie
scelte processuali sbagliate o controproducenti, è responsabile
professionalmente se ritarda la realizzazione di quanto voluto dal cliente. Lo
ha affermato la Cassazione ,
nella recentissima ordinanza n. 18239/2017 depositata il 24 luglio e qui sotto
allegata.
La
vicenda
Nella
vicenda, il tribunale, in primo grado, ingiungeva al cliente intimato di pagare
all'avvocato le somme richieste a titolo di compensi per l'attività
professionale svolta nel suo interesse.
L'uomo proponeva appello, sostenendo la violazione dei doveri di diligenza del
legale con la conseguente insussistenza del diritto al compenso per l'attività
prestata e la Corte
d'appello gli dava ragione, accogliendo l'opposizione proposta avverso il decreto
del tribunale.
A nulla
valgono i tentativi dell'avvocato di fronte al Palazzaccio di ottenere il
proprio compenso, sostenendo l'errore della corte territoriale nel ritenere
sussistente un difetto di diligenza nell'adempimento delle proprie obbligazioni
avendo egli conseguito tutti i risultati per i quali aveva ricevuto mandato
dall'assistito.
Avvocati,
niente compenso anche per le scelte processuali poco opportune
Nel caso di specie, la corte territoriale, nel ritenere che l'erroneo mancato
coinvolgimento, nel corso del giudizio di primo grado, dell'impresa indicata
per il Fondo di garanzia per le vittime della strada, avesse
ingiustificatamente ritardato la realizzazione degli interessi dell'avente
diritto per l'inescusabile colpa grave del professionista, ha coerentemente
accertato la responsabilità
dell'avvocato.
Con una
decisione, da ritenersi pertanto adottata sulla base di una valutazione
congruamente motivata, il giudice d'appello, ha concluso piazza Cavour, si è
correttamente allineato al principio statuito nella giurisprudenza di
legittimità, ai sensi del quale, "non potendo il professionista
garantire l'esito comunque favorevole auspicato dal cliente, il danno derivante
da eventuali sue omissioni, in tanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di
criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione,
il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un'indagine istituzionalmente
riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se
adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici".
Da qui
il rigetto del ricorso.
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