Paolo Genovese è un giovane regista italiano, che messa nel cassetto la laurea in economia e commercio, si è dedicato a fare film divertenti. Meglio così.
La banda dei Babbi Natale, con Aldo Giovanni e Giacomo era simpatico, così come Immaturi .
Al successo di botteghino si è aggiunto, lo scorso anno, quello della critica, con la vittoria del David di Donatello con il film Perfetti Sconosciuti. Anche questa una commedia, però con un retrogusto amaro.
Quest'anno il salto, con un film dove si ride assai poco - anche se qualche volta capita - e che ho trovato molto bello : The Place.
Me lo avevano consigliato due persone molto care, ancorché la prima non ritenuta da me affidabilissima nel campo dei gusti cinema/televisivi. Però stavolta l'avevo sentita molto convinta, e questo già era un po' più rassicurante. L'altro amico, più vicino per genere, mi aveva anche avvertito che a molti suoi amici invece il film non era affatto piaciuto, ma a lui assolutamente sì, e io mi fido di lui.
Poi, come detto, il regista aveva buoni precedenti, e il cast mi piaceva : Mastrandrea, Giallini, Papaleo, Rhorwacher e altri, anche noti.
Sono andato, e mi è piaciuto, molto.
Mastrandrea, che è un attore che a me piace molto, ma "tristino", l'ho trovato assolutamente perfetto per questa parte di sorta di "angelo/demone", costretto ad accogliere le richieste più varie, ore leggere, ora improbabili, molte disperate (guarire il figlio dal tumore, il marito dall'Alzheimer, se stesso dalla cecità), e promettere di esaudirle a patto di una contro azione, più spesso moralmente orribile : uccidere una bambina, mettere una bomba in un posto affollato, violentare una donna....
Ebbene, tutti inorridiscono, ma NESSUNO rifiuta, al di là di tentennamenti più o meno forti iniziali.
Alcuni, alla fine, si tirano indietro, altri no.
I primi piani, e i toni di Mastrandrea - ma anche di Giallini, o della Rhorwacher, della Lazzarini. per citare quelli che mi sono piaciuti di più - sono veramente da applauso.
Per una migliore recensione del film, rimando a quella che segue, letta su Il Foglio.
Curioso, come al giornalista, anche a me è capitato di avere vicini variamente distratti, e quindi evidentemente meno, molto meno, entusiasti di me del film. La signora accanto ad un certo punto ha pensato bene di smanettare col proprio cellulare, mentre quelle dietro borbottavano una qual certa delusione.
Speriamo che alla fine la media sia positiva, ma sicuramente stavolta Genovese non ha fatto un film per tutti.
Proprio per questo, probabilmente, è più bello.
The Place è un film cattolicissimo. Per questo deve
sperare nel mercato estero
L'ultima opera di Paolo Genovese non è
adatta all'Italia, una nazione sedicente cattolica, talmente refrattaria alla
responsabilità individuale da credere che, se uno è cattivo, non possa farci
niente
Spoiler: "The Place" è un film tomista, molinista,
insomma cattolicissimo. Giova sottolinearlo in tempi di entusiasmi per il
cinquecentesimo anniversario della Riforma. Come tutti sanno, il film di
Genovese è interamente ambientato sul fondo di un bar sempre aperto dove
Valerio Mastandrea riceve postulanti: ciascuno gli confida il proprio desiderio
più disperato e lui gli assegna un compito più o meno arduo per ottenere di
realizzarlo. I teologi demodé intuiranno che, caso raro, siamo di fronte a un
film sulla grazia sufficiente: ovvero sul fatto che l'azione umana è il fattore
decisivo ai fini della salvezza, rispetto all'opportunità che Dio concede a
tutti.
Mentre i postulanti riferiscono gli eventi, Mastandrea li
appunta come scolii su un'agenda già scritta: le loro azioni si collocano in
una trama già composta ma che tutti ignorano, perfetto simbolo del paradossale
rapporto fra prescienza divina e libero arbitrio dell'uomo. Inoltre, come
certifica il Vangelo, nel film nessuno è buono. Chi accetta di compiere
un'azione malvagia può finire a far del bene, mentre chi riceve in compito una
buona azione rischia di finire comunque a fare del male. Ogni atto libero si
colloca oltre la comoda distinzione fra buoni e cattivi, fra una ristretta
schiera di eletti e una massa damnationis rassegnata. E' un film
sull'irrevocabilità della responsabilità individuale.
Di fronte al compito
assegnato, ciascun postulante è libero di rifiutarsi o di recedere in qualsiasi
momento. Le azioni buone o cattive non vengono determinate da nessun
condizionamento; non è mai colpa della società né del destino cinico e baro,
ognuno decide cosa fare ed è solo di fronte alla propria scelta senza
paraventi. Sarà per questo che, mentre mi entusiasmavo trattenendomi a stento
nella poltrona del cinema, i tizi seduti dietro di me bofonchiavano delusi e il
mio casuale nonché sconosciuto vicino se la dormiva per tre quarti d'ora,
probabilmente sognando i supereroi della Justice League.
“The Place” deve
sperare nel mercato estero. Non è un film per una nazione talmente refrattaria
alla responsabilità individuale da credere che, se uno è cattivo, non possa
farci niente: una nazione sedicente cattolica che, pur di trovare scuse alla
propria indolenza spirituale, protestantizza e luteraneggia.
Condivido pienamente il tuo commento. Senz'altro il più bel film degli ultimi tempi. UNCLE
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